Poco meno di un mese fa, il 20 dicembre 2016, la procura di Milano aveva chiesto il commissariamento di Fiera Milano su cui il Tribunale di Milano deciderà dopo aver ascoltato il 17 gennaio la posizione di Fiera Milano e dei suoi azionisti. Venerdì sera sono arrivate le dimissioni del presidente e dei consiglieri di amministrazione che hanno determinato la decadenza del consiglio. In una nota della società, che è quotata alla Borsa di Milano, si legge che il Consiglio “ha inoltre ritenuto che l’amministratore delegato (Corrado Peraboni, ndr) dovesse procedere a rimettere le deleghe”. Hanno rassegnato le proprie dimissioni il presidente Roberto Rettani e i consiglieri Joyce Victoria Bigio, Pier Andrea Chevallard, Attilio Fontana, Licia Ronzulli e Vincenza Patrizia Rutigliano. Una decisione, l’azzeramento del cda (già a fine novembre Fiera aveva emanato nove provvedimenti disciplinari, tra cui 4 licenziamenti), che arriva anche a pochi giorni dal verdetto dei giudici delle misure di prevenzione che avevano già graziato la società qualche mese fa respingendo una prima richiesta del pm di Paolo Storari e dell’aggiunto Ilda Boccassini. La Procura, da quanto si è saputo, non avrebbe allo stato intenzione di ritirare la richiesta di commissariamento del gruppo, mentre i giudici potrebbero anche prendere tempo prima di decidere, in attesa di valutare attentamente le nuove nomine al vertice e nel cda della società.
La Dda di Milano aveva chiesto di estendere il commissariamento di Fiera Milano a tutte le attività e non solo a quella legata all’allestimento di stand. La proposta, formulata nell’ambito dell’indagine su presunte infiltrazioni mafiose nei lavori del gruppo, tra cui anche quelli di alcuni padiglioni di Expo, riguardava anche la contestuale revoca del cda di Fiera spa e della controllata per l’allestimento di stand fieristici Nolostand, lasciando la guida in mano solo al commissario Piero Capitini e a una squadra di tecnici nominata dalla magistratura. Una richiesta formulata davanti al Tribunale di Sorveglianza che aveva, nel frattempo, concesso la proroga di sei mesi per il commissariamento di Nolostand.
Secondo la procura la necessità della misura si basa su nuovi elementi emersi nel corso delle indagini su presunte infiltrazioni mafiose in alcuni sub appalti. Elementi che avevano portato l’accusa ad affermare che le modalità di gestione delle società e degli appalti non sono cambiate. Per la Procura di Milano in Fiera Milano esisterebbe infatti ancora un meccanismo di tangenti per ottenere appalti, nonostante una sua controllata, la Nolostand, sia stata messa in amministrazione giudiziaria nell’ambito dell’inchiesta dell’antimafia milanese che il 6 luglio aveva portato all’arresto di 11 persone.
In particolare, aveva ricostruito il Pm, “taluni soggetti, allontanati da Fiera, sono in grado di utilizzare segreterie e strutture per far ottenere commesse e appalti a società che già lavoravano in precedenza e che risulta paghino tangenti a privati, cioè impiegati e quadri intermedi, e non figure apicali quindi, di Fiera Milano per poter lavorare”. A supporto delle sue richieste il magistrato aveva poi depositato copie di bonifici bancari di presunte tangenti pagate prima del commissariamento di Nolostand oltre a verbali e intercettazioni più recenti di soggetti che sostengono che “le persone allontanate sono ancora in grado di condizionare”. La procura aveva già chiesto il commissariamento di Fiera spa ma i giudici, presieduti da Fabio Roia, si erano limitati a un ramo d’azienda per evitare che la misura “assuma un carattere sanzionatorio o repressivo in contrasto con la finalità tipica di prevenzione e di (ri)costituzione di una imprenditorialità sana”.