Salah Abdeslam, l’unico superstite tra gli attentatori di Parigi, confabulando con i suoi amici che lo stavano aiutando a scappare, raccontò di avere lasciato il documento d’identità del fratello Ibrahim, in una delle macchine usate per l’attacco terroristico. Lo aveva fatto per simulare il gesto degli attentatori di Charlie Hebdo, cosicché suo fratello sarebbe diventato famoso in tutto il mondo. Anche in occasione dell’attentato di Nizza l’uomo al volante lasciò un suo documento di riconoscimento sul camion con il quale investì la folla sul lungomare della città. Non è chiaro se sia solo un fatto emulativo.
Di sicuro appare chiaro un altro aspetto inquietante e che riguarda il nostro bel Paese. Anis Amri, responsabile dell’attentato di Berlino, era arrivato in Germania passando per l’Italia. Di origine tunisina era sbarcato a Lampedusa, poi 4 anni di carcere in Sicilia per incendio e danneggiamenti. Nel 2015 era stato fermato dalla polizia tedesca esattamente il 30 luglio scorso a Friburgo con una carta d’identità italiana falsa. La scorsa estate lo stesso Salah Abdeslam, già citato all’inizio, e responsabile dell’attentato jihadista a Parigi, ha liberamente viaggiato in Italia, ha preso un traghetto da Bari per la Grecia, aveva una carta prepagata italiana e documenti italiani falsi.
Il terrorismo jihadista in questa nuova guerra asimmetrica ha bisogno per sopravvivere oltre che di finanziamenti e di basi logistiche anche e soprattutto di documenti falsi. L’Italia ad oggi continua a offrire il suo supporto alla causa terroristica soprattutto nella falsificazione di documenti come evidenziato in uno studio del Centro Studi per l’Islam Contemporaneo. Ad esempio nella Regione Campania è molto diffusa la presenza di algerini legati al Gruppo Salafita per la Predicazione ed il Combattimento nato da una scissione all’interno del G.I.A. (Gruppo Islamico Armato). Si tratta di un’organizzazione legata al terrorismo con diramazioni in tutta Europa, dedita principalmente al traffico internazionale di documenti falsi, con collegamenti con le aree di Vicenza, Milano e soprattutto Santa Maria Capua Vetere.
Spesso nei comuni italiani nel tempo sono stati sottratti documenti. Da luglio 2014 a maggio 2016 sono state rubate in Italia quasi 5000 carte di identità. Nel Lazio ad Albano (970), in Molise a Campobasso (1000), in Puglia a Foggia (500) e a Gallipoli (1050). Infine in Campania a Nocera Inferiore (1300). Al comune di Campobasso, in Molise, agli inizi di dicembre 2015 sono state rubate 1000 carte di identità in bianco. Nel luglio del 2014 invece a Gallipoli, nel Salento, scattava l’Operazione Bingo quando vennero rubate 12 pistole e 1050 carte di identità. Gli indagati facevano parte di un gruppo criminale operante nel Sud Italia e specializzato in documenti falsi molti dei quali poi finiti in mano ad immigrati siriani, palestinesi, afghani, albanesi, nordafricani etc.
I provvedimenti vennero eseguiti soprattutto in tre comuni del Casertano: Frignano, Teverola e soprattutto Santa Maria Capua Vetere. In territori come la provincia di Caserta è impensabile che non ci sia un legame tra la camorra locale e le attività strumentali al terrorismo internazionale. Quello che ormai appare evidente che bande criminali, meridionali, rivendono la documentazione a degli intermediari spesso marocchini che a loro volta la rivendono all’utilizzatore finale. Il prezzo di una carta di identità al primo passaggio è di 13 euro fino ad essere venduta all’utilizzatore finale a non meno di 100 euro.