Il 6 febbraio prossimo Michele Emiliano dovrà difendersi dall’accusa di illecito disciplinare davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (Csm). Secondo l’atto di incolpazione della procura generale della Cassazione, il presidente della Regione Puglia ha violato la norma che vieta alle toghe di fare vita attiva nelle formazioni partitiche, visto che è ancora magistrato ma è anche iscritto al Partito democratico e partecipa alla sua attività in “forma sistematica e continuativa”. Di fronte al procedimento disciplinare avviato dal Csm nei suoi confronti, Emiliano replica: “Sono l’unico magistrato nella storia della Repubblica italiana eletto democraticamente dal popolo come Presidente della Regione, al quale la Procura generale della Cassazione contesta l’iscrizione ad un partito politico – scrive in una nota – nonostante non svolga le funzioni di magistrato da 13 anni causa l’espletamento di mandato elettorale”.
Emiliano, durante i mandati prima di sindaco di Bari (dal 2004 al 2014), poi di assessore al Comune di San Severo e infine di governatore (dal 2015 ad oggi), ha ricoperto contemporaneamente gli incarichi di segretario (dal 2007 al 2009 e dal 2014 ad oggi) e di presidente (dal 2009 al 2014) del Pd della Puglia. Queste cariche dirigenziali, evidenzia nell’atto di incolpazione la procura generale della Cassazione, “presuppongono per statuto l’iscrizione al partito politico di riferimento” ma, “per converso, non sono coessenziali all’espletamento dei mandati” che Emiliano ha svolto presso gli enti territoriali.
“Iscrivendosi a un partito e svolgendovi attività partecipativa e direttiva in forma sistematica e continuativa”, l’attuale presidente della Puglia ha violato “la disposizione del decreto legislativo 109 del 2006 che prevede come illecito disciplinare questi comportamenti; norma – fa notare ancora la procura generale della Cassazione – a sua volta attuativa della prescrizione posta nell’art.98, terzo comma, della Costituzione, posta a garanzia dell’esercizio indipendente e imparziale della funzione giudiziaria e valevole anche in relazione ai magistrati che non svolgano temporaneamente detta funzione, per essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura”.
“In 13 anni ho sempre fatto politica all’interno di formazioni politiche assimilabili a partiti politici, prima liste civiche e poi nel Pd a partire dal 2007”, afferma Emiliano in una nota. “L’ho fatto sin dall’inizio – prosegue la sua replica – richiedendo l’aspettativa anche se la legge non mi obbligava a farlo. L’aspettativa infatti serviva a far cessare l’esercizio delle funzioni ed a rispettare il divieto di iscrizione ai partiti per i magistrati”. “Ho avuto per questo un blocco di carriera che avrei evitato se avessi scelto di rimanere in servizio come la legge mi consentiva”, ricorda il governatore.
“Secondo la teoria accusatoria dunque esisterebbero due tipi di politici in Italia”, aggiunge poi Emiliano riferendosi all’atto di incolpazione. “Quelli che una volta eletti dal popolo hanno il diritto di costruire la politica nazionale dentro i partiti ai sensi dell’art. 49 della Costituzione, che recita, ‘Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale’. E quelli – prosegue – che possono sì essere eletti, ma devono rimanere da soli, senza la possibilità di fare politica in partiti o gruppi parlamentari di partito”. “Tra questi ultimi ci sono solo i magistrati. Che dovrebbero dunque farsi eleggere senza candidarsi in liste di partito o iscriversi a gruppi parlamentari. Che differenza infatti vi sarebbe tra una tessera di partito e la candidatura in un partito o l’iscrizione ad un gruppo parlamentare?”, si chiede il governatore della Puglia. Poi conclude: “Non temo dunque il giudizio del Csm, al quale mi rimetto con fiducia”.