Undici anni di carcere per Francantonio Genovese, l’ex parlamentare del Pd poi passato a Forza Italia. È la sentenza emessa dal tribunale di Messina al termine del processo scaturito dall’operazione “Corsi d’oro” sull’uso illecito di finanziamenti erogati dalla Regione siciliana a enti della formazione professionale. Ventitré gli imputati alla sbarra, compreso il cognato di Genovese, Franco Rinaldi, ex deputato regionale anche lui passato dai dem al partito di Silvio Berlusconi, che è stato invece condannato a due anni e mezzo. Tra gli altri condannati anche le sorelle Schirò: Chiara, moglie di Genovese, ha avuto 3 anni e 3 mesi, Elena, moglie di Rinaldi, 6 anni e 3 mesi. Condannato anche l’ex consigliere comunale di Messina Elio Sauta a 6 anni e 6 mesi.
Associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa sono i reati di cui è stato riconosciuto colpevole il politico di Messina. Accolta dunque la richiesta dell’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che per Genovese aveva chiesto la condanna a undici anni di reclusione alla fine della sua requisitoria illustrata il 20 luglio del 2016. Il pm aveva sottolineato la “gravità dei reati, sia per le responsabilità pubbliche di chi li commette, sia perché sottraggono importate risorse in un settore strategico e vitale come la formazione professionale, con tanti giovani in cerca di lavoro”, creando “effetti sociali e danni” che sono “immaginabili in una Sicilia martoriata dal disagio, dalla disoccupazione e dalla alternative illecite al lavoro negato”. Per Rinaldi, invece, la richiesta di pena era stata di cinque anni e sei mesi: per lui i giudici hanno dunque previsto uno “sconto” di due anni.
L’arresto di Genovese era stato ordinato dal gip di Messina nel marzo del 2014, autorizzato poi dalla Camera dei deputati nel maggio successivo. Il deputato, scelto nel 2007 da Walter Veltroni come primo segretario del Pd in Sicilia, ha trascorso 19 mesi agli arresti (tra carcere e domiciliari) prima di tornare libero e abbandonare dunque il partito di Matteo Renzi, traslocando – insieme ad una folta “corte”di deputati, consiglieri comunali e raccoglitori di preferenze porta a porta – nel partito di Silvio Berlusconi.