Ripartire dai comitati per il No per riorganizzarsi nel caso in cui la dirigenza decida di trascinare il partito e il Paese al voto. Perché “se la sordità prevarrà e prevarrà l’idea di correre ad elezioni senza un progetto, dev’essere chiaro che una scelta di questo tipo renderebbe ciascuno libero“. parola di Massimo D’Alema. Ma “questa è una riunione di lavoro: non è una riunione del No. Il No non c’è più, quel dibattito è chiuso. Vogliamo dare vita a un movimento di cui potranno fare parte anche tantissimi cittadini che hanno votato Sì, in buona fede. Quel dibattito è concluso, anche perché l’hanno concluso 20milioni di cittadini”.
La fotografia del Partito Democratico post referendum e post Italicum è tutta qui, nella scissione delle platee. Nel giorno in cui Matteo Renzi convoca al Palacongressi di Rimini l’assemblea degli amministratori locali del Pd per tornare sulla scena dopo la sconfitta del 4 dicembre, la sinistra del partito si dà appuntamento a Roma con i cugini di Sinistra Italiana e quei maggiorenti dem che il futuro lo vedono più a sinistra che in quel centro incarnato nell’ex presidente del Consiglio. Al centro congressi Frentani sfilano i maggiori esponenti della minoranza dem, il governatore della Toscana Enrico Rossi e con un messaggio assicura la sua ideale presenza anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Ma ma il polo di attrazione gravitazionale è lui, Massimo D’Alema.
“Siamo qui per riorganizzare le forze di quanti sono andati a votare al referendum costituzionale e prima non votavano. Noi ci rivolgiamo a quanti non vanno a votare”, spiega l’ex premier, che detta anche le linee guida del nuovo movimento: “Noi non avremo un tesseramento nazionale, non vogliamo generare equivoci. Su questo saremo tormentati da un sistema informativo legato all’establishment. I singoli comitati devono raccogliere adesioni, ma prima di tutto fondi per essere in grado di lavorare e soprattutto per essere pronti alle evenienze che potranno essere”. Una chiara allusione alla possibilità di concorrere a possibili future elezioni politiche.
Elezioni che per D’Alema sono premature: “Ho visto che il presidente del Pd ha detto che entro dieci giorni va fatta la legge elettorale o si vota subito ma noi siamo stati una grande forza responsabile. Mi chiedo, si va al voto con quale progetto politico e visione del Paese? E’ sconcertante, io sono sconcertato”. Perché, argomenta, “con il proporzionale puro, la somma Pd-Forza Italia non farà maggioranza e il nuovo patto del Nazareno, che secondo me già c’è, non garantirà la governabilità del Paese, che finirà così in mano a M5S-Lega. Ricordiamoci che l’idea del Presidente del consiglio del ‘voto subito’ è lo stesso schema seguito a Roma. Si vedano le conseguenze”.
“Non si cambia politica senza cambio di rotta e senza cambio di leadership – ragiona ancora l’ex presidente del Consiglio – per questo dico che va fatto il congresso. Questo è quello che si dovrebbe fare. Se invece ci troveremo di fronte alla sordità del gruppo dirigente, se prevarrà l’idea di correre al voto, una scelta di questo tipo renderebbe ciascuno libero“, ha detto D’Alema alla platea in cui spiccavano vari pezzi del Pd, Sinistra italiana, Arci, Cgil oltre a esponenti dei comitati per il No al referendum costituzionale e contrari all’Italicum, da Alessandro Pace all’avvocato Felice Besostri che ha argomentato l’incostituzionalità della bocciata legge elettorale di fronte alla Consulta. Presente, nella platea di oltre cinquecento persone, anche Livia Turco, oltre ai dem Roberto Speranza, Maria Cecilia Guerra, Miguel Gotor, Lucrezia Ricchiuti e per SI Alfredo D’Attorre, Arturo Scotto e Nicola Fratoianni.
Nel suo progetto il nuovo centrosinistra rinasce da quelli come lui, i “riservisti“. Perché, avverte l’ex premier, con la maggioranza del partito che dopo la sentenza della Corte Costituzionale spinge per andare subito al voto, “siamo in un tale conflitto che è stato necessario anche richiamare i riservisti e mantenerli in servizio”. Perché “di fronte a un esponente del Pd che dice che l’impianto sostanziale dell’Italicum è rimasto tale, non so se il riso o la pietà prevale. E’ difficile anche aprire il dibattito in questi casi arriva uno in camice bianco. Noi abbiamo la responsabilità di correre in soccorso di un gruppo dirigente che sembra aver smarrito il senso della ragione“.