L’ordine esecutivo che chiude i confini americani agli immigrati è entrato in vigore venerdì sera. I rifugiati che erano già sugli aerei, diretti negli Stati Uniti con documenti validi, sono improvvisamente diventati illegali. Arrivati sul suolo americano, sono stati arrestati. I gruppi per i diritti civili parlano di centinaia di persone detenute. Uno tra questi è stato comunque rilasciato dopo l’intervento di due deputati democratici. Negli Stati Uniti si apre dunque un periodo di stretta sull’immigrazione – anche quella legale – assolutamente senza precedenti: nemmeno dopo l’11 settembre erano state prese misure di questo tipo. Nelle ultime ore si è aggiunto un ulteriore particolare preoccupante: il bando ai cittadini di sette Stati giudicati a rischio terrorismo è allargato anche a chi è in possesso di una “green card”.
Le due persone arrestate al Kennedy Airport di New York sono cittadini iracheni. Hameed Khalid Darweesh, 53 anni, ha lavorato dieci anni per il governo e l’esercito americano in Iraq come interprete e ingegnere elettronico. E’ stato rilasciato dopo l’intervento dei deputati democratici Nydia Velazquez e Jerrold Nadler. Non si hanno comunque dettagli sul suo futuro; se potrà o meno restare sul suolo americano. L’altro iracheno arrestato è Haider Sameer Abdulkhaleq Alshawi, 33 anni, che stava raggiungendo moglie e figlio negli Stati Uniti. Anche la moglie di Alshawi ha lavorato per il governo Usa nel paese d’origine.
Con l’arrivo della notizia degli arresti, è iniziata un’escalation di eventi sempre più convulsi. All’aeroporto newyorkese sono immediatamente arrivati alcuni avvocati. Hanno presentato un decreto di habeas corpus per i loro clienti e una richiesta di rappresentanza legale collettiva per tutti gli altri rifugiati detenuti. Non si sa infatti quante persone erano dirette negli Stati Uniti con la qualifica di rifugiato, nel momento in cui l’ordine esecutivo di Trump è entrato in vigore.
In una dichiarazione, Marielena Hincapie, direttore esecutivo del National Immigration Law Center, chiarisce il dettaglio: “Ci stanno parlando di centinaia di persone detenute agli areoporti. L’ordine esecutivo è stato diramato venerdì sera, per alcune ore non se ne sono conosciuti davvero le clausole. Il personale del Border Patrol è rimasto senza una vera direttiva”.
Agli avvocati, per ore, non è stato permesso di incontrare i clienti, che si trovano ora in una sorta di limbo legale. Uno dei legali, Mark Doss dell’International Refugee Assistance Project ha anche chiesto a un agente dell’immigrazione a chi rivolgersi per risolvere la situazione dei suoi assistiti. “Al presidente. Chiama Mr. Trump”, gli ha risposto l’agente, che non è stato identificato.
“Non abbiamo mai avuto problemi all’immigrazione con nessuno dei rifugiati”, ha anche detto l’avvocato Doss. “Vedere della gente arrestata indefinitamente, in un Paese che avrebbe dovuto dargli il benvenuto, è davvero qualcosa di scioccante. Questa è gente in possesso di visti validi e con uno status legittimo di rifugiati già determinato dal Dipartimento di Stato e dal Dipartimento alla Sicurezza Nazionale”.
L’American Civil Liberties Union ha intentato causa al governo americano a nome dei due cittadini iracheni. “La guerra del presidente Trump all’eguaglianza sta già avendo costi umani terribili. Non gli si può consentire di andare avanti”, ha detto il presidente Omar Jadwat. Tra l’altro, l’ordine esecutivo di Trump prevede alcune esenzioni a discrezione delle autorità aereoportuali, compreso “quando la persona è già in transito e il negargli l’ammissione costituirebbe una forma di avversità non dovuta”. Ma la direttiva sarebbe appunto stata comunicata male ai funzionari dell’immigrazione, creando confusione e portando agli arresti di queste ore.
Nel frattempo, una serie di gruppi e organizzazioni – ancora l’American Civil Liberties Union, insieme all’International Refugee Assistance Project at the Urban Justice Center, il National Immigration Law Center, la Yale Law School’s Jerome N. Frank Legal Services Organization, con uno studio privato di avvocati, il Kilpatrick Townsend & Stockton – stanno valutando azioni legali contro l’ordine esecutivo di Trump che sospende i visti ai cittadini di sei Paesi: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
I gruppi parlano di un ordine che violerebbe una legge di più di cinquant’anni fa, che mette al bando ogni discriminazione per gli immigrati sulla base delle origini nazionali. Trump ha fondto in realtà il suo ordine esecutivo su un’altra legge, del 1952, che dà al presidente l’autorità di “sospendere l’entrata a ogni classe di stranieri che egli trovi di detrimento agli interessi degli Stati Uniti”. Ma il Congresso, nel 1965, ha di nuovo riaffermato che nessuno può essere “discriminato in termini di emissione di un visto sulla base della sua razza, sesso, nazionalità, luogo di nascita e residenza”.
La stretta sull’immigrazione, e la battaglia legale che ne segue, è davvero qualcosa di mai visto nella storia americana recente. Nemmeno dopo l’11 settembre, dopo gli attentati sul suolo americano, erano state poste restrizioni all’arrivo dei rifugiati. La preoccupazione nei confronti di provvedimenti che prendono di mira certe nazionalità e fedi si è fatta nelle ultime ore, se possibile, ancora più forte.
Il Dipartimento alla Sicurezza Nazionale ha precisato che il bando ai cittadini provenienti da sette Stati a maggioranza musulmana si estende anche ai possessori di una “green card”. La “green card” è ciò che prova la residenza legale e permanente di uno straniero negli Stati Uniti. Ci sono migliaia di persone che lavorano in organismi internazionali che risiedono negli Stati Uniti grazie a questo documento; per esempio all’Onu, al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale. Anche in questo caso, non è chiaro cosa sarà di questa gente; se saranno costretti a tornare nei Paesi di provenienza o se verranno sottoposti a forme di verifica ulteriore dei loro documenti.
Mondo
Trump, caos dopo stretta su immigrati: “Centinaia di arresti in tutto il Paese”. Misure simili neanche dopo 11 settembre
"Centinaia di persone detenute sono negli aeroporti - ha fatto sapere Marielena Hincapie, direttore del "National Immigration Law Center" - l’ordine è stato diramato venerdì sera e il personale del Border Patrol è rimasto senza direttive". "Questa è gente in possesso di visti validi e con uno status legittimo di rifugiati", ha detto Mark Doss dell'"International Refugee Assistance Project". E il bando si estende anche ai possessori di "green card"
L’ordine esecutivo che chiude i confini americani agli immigrati è entrato in vigore venerdì sera. I rifugiati che erano già sugli aerei, diretti negli Stati Uniti con documenti validi, sono improvvisamente diventati illegali. Arrivati sul suolo americano, sono stati arrestati. I gruppi per i diritti civili parlano di centinaia di persone detenute. Uno tra questi è stato comunque rilasciato dopo l’intervento di due deputati democratici. Negli Stati Uniti si apre dunque un periodo di stretta sull’immigrazione – anche quella legale – assolutamente senza precedenti: nemmeno dopo l’11 settembre erano state prese misure di questo tipo. Nelle ultime ore si è aggiunto un ulteriore particolare preoccupante: il bando ai cittadini di sette Stati giudicati a rischio terrorismo è allargato anche a chi è in possesso di una “green card”.
Le due persone arrestate al Kennedy Airport di New York sono cittadini iracheni. Hameed Khalid Darweesh, 53 anni, ha lavorato dieci anni per il governo e l’esercito americano in Iraq come interprete e ingegnere elettronico. E’ stato rilasciato dopo l’intervento dei deputati democratici Nydia Velazquez e Jerrold Nadler. Non si hanno comunque dettagli sul suo futuro; se potrà o meno restare sul suolo americano. L’altro iracheno arrestato è Haider Sameer Abdulkhaleq Alshawi, 33 anni, che stava raggiungendo moglie e figlio negli Stati Uniti. Anche la moglie di Alshawi ha lavorato per il governo Usa nel paese d’origine.
Con l’arrivo della notizia degli arresti, è iniziata un’escalation di eventi sempre più convulsi. All’aeroporto newyorkese sono immediatamente arrivati alcuni avvocati. Hanno presentato un decreto di habeas corpus per i loro clienti e una richiesta di rappresentanza legale collettiva per tutti gli altri rifugiati detenuti. Non si sa infatti quante persone erano dirette negli Stati Uniti con la qualifica di rifugiato, nel momento in cui l’ordine esecutivo di Trump è entrato in vigore.
In una dichiarazione, Marielena Hincapie, direttore esecutivo del National Immigration Law Center, chiarisce il dettaglio: “Ci stanno parlando di centinaia di persone detenute agli areoporti. L’ordine esecutivo è stato diramato venerdì sera, per alcune ore non se ne sono conosciuti davvero le clausole. Il personale del Border Patrol è rimasto senza una vera direttiva”.
Agli avvocati, per ore, non è stato permesso di incontrare i clienti, che si trovano ora in una sorta di limbo legale. Uno dei legali, Mark Doss dell’International Refugee Assistance Project ha anche chiesto a un agente dell’immigrazione a chi rivolgersi per risolvere la situazione dei suoi assistiti. “Al presidente. Chiama Mr. Trump”, gli ha risposto l’agente, che non è stato identificato.
“Non abbiamo mai avuto problemi all’immigrazione con nessuno dei rifugiati”, ha anche detto l’avvocato Doss. “Vedere della gente arrestata indefinitamente, in un Paese che avrebbe dovuto dargli il benvenuto, è davvero qualcosa di scioccante. Questa è gente in possesso di visti validi e con uno status legittimo di rifugiati già determinato dal Dipartimento di Stato e dal Dipartimento alla Sicurezza Nazionale”.
L’American Civil Liberties Union ha intentato causa al governo americano a nome dei due cittadini iracheni. “La guerra del presidente Trump all’eguaglianza sta già avendo costi umani terribili. Non gli si può consentire di andare avanti”, ha detto il presidente Omar Jadwat. Tra l’altro, l’ordine esecutivo di Trump prevede alcune esenzioni a discrezione delle autorità aereoportuali, compreso “quando la persona è già in transito e il negargli l’ammissione costituirebbe una forma di avversità non dovuta”. Ma la direttiva sarebbe appunto stata comunicata male ai funzionari dell’immigrazione, creando confusione e portando agli arresti di queste ore.
Nel frattempo, una serie di gruppi e organizzazioni – ancora l’American Civil Liberties Union, insieme all’International Refugee Assistance Project at the Urban Justice Center, il National Immigration Law Center, la Yale Law School’s Jerome N. Frank Legal Services Organization, con uno studio privato di avvocati, il Kilpatrick Townsend & Stockton – stanno valutando azioni legali contro l’ordine esecutivo di Trump che sospende i visti ai cittadini di sei Paesi: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
I gruppi parlano di un ordine che violerebbe una legge di più di cinquant’anni fa, che mette al bando ogni discriminazione per gli immigrati sulla base delle origini nazionali. Trump ha fondto in realtà il suo ordine esecutivo su un’altra legge, del 1952, che dà al presidente l’autorità di “sospendere l’entrata a ogni classe di stranieri che egli trovi di detrimento agli interessi degli Stati Uniti”. Ma il Congresso, nel 1965, ha di nuovo riaffermato che nessuno può essere “discriminato in termini di emissione di un visto sulla base della sua razza, sesso, nazionalità, luogo di nascita e residenza”.
La stretta sull’immigrazione, e la battaglia legale che ne segue, è davvero qualcosa di mai visto nella storia americana recente. Nemmeno dopo l’11 settembre, dopo gli attentati sul suolo americano, erano state poste restrizioni all’arrivo dei rifugiati. La preoccupazione nei confronti di provvedimenti che prendono di mira certe nazionalità e fedi si è fatta nelle ultime ore, se possibile, ancora più forte.
Il Dipartimento alla Sicurezza Nazionale ha precisato che il bando ai cittadini provenienti da sette Stati a maggioranza musulmana si estende anche ai possessori di una “green card”. La “green card” è ciò che prova la residenza legale e permanente di uno straniero negli Stati Uniti. Ci sono migliaia di persone che lavorano in organismi internazionali che risiedono negli Stati Uniti grazie a questo documento; per esempio all’Onu, al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale. Anche in questo caso, non è chiaro cosa sarà di questa gente; se saranno costretti a tornare nei Paesi di provenienza o se verranno sottoposti a forme di verifica ulteriore dei loro documenti.
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Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato che l'Europa è consapevole che i suoi legami con gli Stati Uniti sono entrati in una "nuova fase", dopo aver partecipato a una riunione di emergenza sulla sicurezza con altri leader europei a Parigi. "Tutti a questo incontro sono consapevoli che le relazioni transatlantiche, l'alleanza Nato e la nostra amicizia con gli Stati Uniti sono entrate in una nuova fase. Lo vediamo tutti", ha detto Tusk ai giornalisti a Parigi.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha invitato gli Stati Uniti a fornire "una garanzia di sicurezza" in Ucraina, affermando che è "l'unico modo" per dissuadere la Russia dall'attaccare nuovamente il Paese.
"Sono pronto a prendere in considerazione un impegno delle forze britanniche sul terreno insieme ad altri se si raggiungerà un accordo di pace duraturo", ha dichiarato il leader, dopo un incontro di emergenza a Parigi con i suoi omologhi europei. “Ma deve esserci il sostegno degli Stati Uniti, perché una garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti è l’unico modo per scoraggiare efficacemente la Russia dall’attaccare nuovamente l’Ucraina”, ha aggiunto.
Milano, 17 feb. (Adnkronos) - Luca Tomassini, ex rappresentante legale della Vetrya, che si era aggiudicata l'incarico per lo sviluppo dei servizi digital delle Olimpiadi e Paraolimpiadi Milano-Cortina 2026, si è presentato in procura a Milano e si è riservato di tornare per spiegare alcuni aspetti dell'inchiesta per turbativa d'asta e corruzione. Accompagnato dal difensore Giordano Balossi, l'indagato ha interloquito con i titolari dell'indagine - l'aggiunta Tiziana Siciliano e coi pm Francesco Cajani e Alessandro Gobbis - e si è riservato su un possibile interrogatorio più approfondito. Confronto atteso a breve e comunque prima della scadenza del termine delle indagini che è previsto per metà marzo.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato di voler creare un'agenzia speciale per la "partenza volontaria" dei residenti di Gaza, dopo l'impegno del primo ministro a rispettare il piano del presidente americano di prendere il controllo del territorio palestinese e di sfollarne gli abitanti.
"Il ministro della Difesa Israel Katz ha tenuto una riunione oggi sulla partenza volontaria dei residenti di Gaza, dopo di che ha deciso di creare un'agenzia speciale per la partenza volontaria dei residenti di Gaza all'interno del Ministero della Difesa", si legge in una nota del ministero.
Almaty, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Sette persone sono rimaste intrappolate in una miniera di rame nel Kazakistan centrale a causa di un crollo. Lo hanno reso noto le autorità locali, aggiungendo che sono in corso le operazioni di soccorso. Secondo quanto riportato dai media kazaki, l'incidente è avvenuto a una profondità di circa 640 metri.
"A causa della rottura dei cavi, al momento non c'è comunicazione con i lavoratori", ha affermato in una nota il gestore della miniera, Kazakhmys. Non è stato specificato quando è avvenuto l'incidente, ma si è verificato presso lo stabilimento "Zhomart" dell'azienda, inaugurato nel 2006 nella regione centrale di Ulytau.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Giorgia Meloni ha lasciato il vertice di Parigi senza alcuna dichiarazione all'uscita. Per il momento non c'è una valutazione in chiaro da parte della presidente del Consiglio. Ma a Roma, a Montecitorio, le opposizioni incalzano e chiedono alla premier di venire in aula a chiarire in Parlamento cosa sta accadendo e quale è la linea dell'Italia nello sconquasso provocato dalle mosse dell'amministrazione Trump in Europa e sul fronte del conflitto ucraino. Pd, Movimento 5 Stelle e Avs si fanno portatori della richiesta. I 5 Stelle chiedono comunicazioni in aula con un voto.
"La presidente Meloni deve venire in aula a riferire su quanto sta accadendo. Su quella -dice Nicola Fratoianni- che potrebbe diventare la road map per una pace, per un cessate il fuoco, per un accordo in Ucraina. Si annuncia a Riad l'incontro tra la delegazione americana e quella russa. Un incontro in cui l'Europa non esiste e penso che questo sia un problema di cui il Parlamento, tutto il Parlamento, dovrebbe discutere. Non c'è tempo da perdere".
A nome del Pd parla il responsabile Esteri, Peppe Provenzano: "Giorgia Meloni deve venire in Aula, perché siamo alla fine del mondo di ieri", esordisce. "Gli alleati che ci avevano aiutato a liberarci dall'abisso del nazifascismo, oggi spalleggiano gli estremisti di destra, nostalgici del nazismo, in Germania. L'idea di escludere l'Europa dal negoziato per la pace in Ucraina è un attacco diretto al nostro continente". Di fronte a tutto questo, incalzano i dem, la premier "deve dirci da che parte vuole stare". Provenzano richiama "l'improvvida solitaria presenza della premier alla cerimonia giuramento di Trump", modo per sottolineare un "rapporto privilegiato" con la nuova amministrazione. Ma "in pochi giorni si è aperta una voragine nell'Atlantico" E "l'Italia deve scegliere da che parte stare. Il governo deve dirci da che parte vuole stare. Se partecipare al rilancio di un necessario protagonismo dell'Europa o continuare a stare dalla parte di chi vuole picconare la nostra costruzione comune".
E se il Pd conferma la linea del supporto a Kiev insieme alla richiesta di uno sforzo diplomatico europeo, i 5 Stelle rivendicano di sostenere "da tempo che andava trovata una soluzione diplomatica". Fino "a pochi mesi fa la premier Meloni diceva che con Putin era inutile parlare. Mi chiedo se ora direbbe lo stesso anche a Trump. Vogliamo delle comunicazioni del governo sulle novità della situazione ucraina, e le vogliamo con voto. Vorremmo sentire almeno per una volta Giorgia Meloni. La aspettiamo''.
Sul punto è poi tornato anche il capogruppo M5S, Riccardo Ricciardi, quando tutta l'aula si è alzata per una standing ovation in solidarietà al presidente Sergio Mattarella per gli attacchi subiti da parte del governo russo. Ricciardi nel dare solidarietà sottolinea però che il passaggio fatto dal capo dello Stato a Marsiglia, "che sicuramente è stato male interpretato, è un passaggio che noi non avremmo fatto perché dà la leva alla narrazione che da più due anni si sta facendo in Italia e in Europa, che giustifica il continuo invio di armi per continuare una guerra che ora si rendono tutti conto dovrà arrivare a una trattativa".
A stretto giro la replica in aula del capogruppo Fdi, Galeazzo Bignami: "Sono maldestri i tentativi di qualcuno di aprire, anche su questo, una distinzione che non ha ragione d’essere perché ci sarà tempo e modo di poter discutere se la trattiva di pace” sull’Ucraina “si aprirà grazie magari all’invio delle brigate del reddito di cittadinanza o grazie al fatto che qualcuno è stato al fianco di Kiev, grazie alla postura di questo governo, in continuità anche rispetto a quando voi avevate votato a favore dell’invio di armi".
Riad, 7 feb. (Adnkronos/Afp) - La delegazione russa, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il consigliere del Cremlino Yuri Ushakov, è arrivata in Arabia Saudita per colloqui di alto livello con funzionari statunitensi. Lo ha riferito la televisione di Stato russa.
Il canale di notizie Rossiya 24 ha mostrato i funzionari sbarcare da un aereo nella capitale saudita Riad. "La cosa principale è iniziare una vera normalizzazione delle relazioni tra noi e Washington", ha detto Ushakov a un giornalista dopo l'atterraggio.