Ha vinto la svolta di sinistra, ha perso il socialismo di governo e soprattutto, ancora una volta, quello del presidente della Repubblica uscente François Hollande. Secondo i primi risultati, Benoît Hamon ha battuto al secondo turno delle primarie l’ex ministro dell’Interno Manuel Valls con il 58,65 per cento delle preferenze contro il 41,35 e sarà il candidato Ps alle presidenziali di aprile 2016. Favorito degli ultimi mesi e “sfavorito” in vista delle elezioni che contano, è il nome che i militanti hanno scelto per tentare l’impossibile e soprattutto per salvare un partito dalla débâcle totale. Sono andati a votare tra 1,7 e 2 milioni di persone: un aumento rispetto al primo turno (1 milione e 6oomila), quasi un milione in meno rispetto alle consultazioni del 2012 e appena sopra quella soglia di allarme perché il candidato sia considerato davvero legittimato dalla base.
Lo schiaffo al partito – Ora dopo settimane stanche di campagna, il partito dovrà fare i conti con i postumi. Non dite ai sostenitori di Hamon che ha vinto l’utopia sulla realtà perché vi fulmineranno con lo sguardo. “La realtà è che la sinistra deve fare la sinistra”, dicono perseguitati dall’idea di essere i veri perdenti del voto di aprile. Di certo se al nuovo leader glielo avessero detto ad agosto che finiva cosi, non ci avrebbe creduto. Ma se la Francia del 2017 non è quella del 2012, come ha voluto ripetere più volte lo sfidante Valls, nemmeno i socialisti di febbraio sono più gli stessi di qualche settimana fa. Il candidato più a sinistra di tutti, il “frondeur”, ovvero frondista, come viene chiamato per la sua opposizione interna al partito, porta a casa un risultato che solo l’estate scorsa sembrava quasi impossibile. Il Ps sull’orlo della scomparsa elettorale sceglie di virare a sinistra. Per alcuni l’unico modo per sopravvivere, per altri una dichiarazione di morte annunciata alle presidenziali: se Valls avrebbe potuto (forse) giocarsela al centro con Emanuel Macron, Hamon finisce a competere nel terreno di sinistra già monopolizzato dal candidato de la France Insoumise di Jean-Luc Melenchon. La decisione però l’hanno presa gli elettori: quei, comunque pochi, che sono andati a votare alle primarie hanno deciso di punire per l’ennesima volta il sistema. Così dopo il ritiro annunciato del presidente della Repubblica Hollande, l’eliminazione dalle primarie della destra di Nicolas Sarkozy, a lasciare la scena è l’ex ministro dell’Interno Manuel Valls.
Hamon, da rottamatore a candidato – Di certo definire Hamon un volto nuovo è abbastanza azzardato. Tanto per cominciare è stato due volte ministro sotto la presidenza di Hollande. Prima delegato all’Economia sociale e solidale, poi all’Educazione. Si è dimesso nel 2014 in polemica con la gestione di governo dei socialisti, quando in testa aveva già la corsa per le primarie. 49 anni, nato a Saint-Renan nel dipartimento di Finistère (Bretagna), è stato portavoce dei socialisti dal 2008 al 2012, deputato europeo nel 2004, poi consigliere regionale in Ile-de-France nel 2010. La sua militanza ha le radici nella giovanile del partito (MJS) e nel sindacato studentesco Unef. E’ in quelle manifestazioni che trova molti dei fedelissimi che lo accompagnano fino ad oggi. E’ lui uno dei personaggi che lavorano alla nascita del Nouveau Parti Socialiste dopo lo choc del 21 aprile 2002, ovvero subito dopo l’eliminazione del candidato Lionel Jospin al primo turno in favore di Jean-Marie Le Pen. E’ un 35enne Hamon, a fianco dei due socialisti che ha sfidato alle primarie Vincent Peillon e Arnaud Montebourg, a raccogliere gli applausi dei malcontenti nell’anfiteatro della Sorbona per chiedere una rifondazione totale del partito. Il progetto fallirà pochi mesi dopo tra discussioni e polemiche, ma quello spirito rimarrà sempre.
La strategia dell’outsider a scuola da Sanders – Hamon ha navigato da solo per tutta la campagna, imboccando più volte la giusta direzione del vento. Un esempio? A settembre è andato negli Usa a incontrare il senatore democratico Bernie Sanders, perdente alle primarie contro Hillary Clinton, ma ormai simbolo internazionale di politico di sinistra. E’ stata una delle mosse più azzeccate, soprattutto perché fatta in favor di telecamere. Poi sono serviti al gioco i buoni rapporti con la società civile, vedi il collettivo per la trasparenza Démocratie ouverte, i tanti tentativi di dialogo con gli ecologisti e gli ammiccamenti a Podemos in Spagna e al leader Jeremy Corbin in Inghilterra. “Ha una voce nuova. Non è politichese, ma nemmeno fa il professore”, uno dei commenti più frequenti al termine dei suoi comizi. Hamon è il candidato che al termine di tre ore di interrogatorio-intervista al giornale Libération si è avvicinato allo stagista a cui avevano segato la domanda per il poco tempo e ha detto: “Mi segua, possiamo parlare mentre scendo le scale”. Che ci sia del vero o meno, la strategia dell’outsider umile di sinistra che cambia le regole del gioco è piaciuta e soprattutto, è riuscita a conquistare quell’elettorato deluso che cercava un motivo per andare a votare.
Reddito di base universale e cannabis – La corsa di Hamon è cominciata il 16 agosto scorso quando, ospite di France 2, ha dato l’annuncio per primo: “Mi candido”. Da quel momento ha costretto tutti a corrergli dietro, prima senza creare grandi preoccupazioni, poi monopolizzando la spenta campagna per le primarie con i suoi temi. Il lavoro, sicuramente. E’ stato lui a proporre il reddito di base universale, non senza essere costretto a rimangiarsi alcune promesse. L’idea finale è che sia un progetto a tempo, con un grande punto interrogativo sulle coperture. Si parla della tassazione dei robot, ad esempio, e di lotta all’evasione fiscale. Ma resta il fatto che ha riportato il tema al centro della discussione. Hamon ha anche detto che si farà portavoce dell’abolizione della loi travail, il cosiddetto Jobs act all’italiana. Le proposte più provocatorie sono arrivate dalla sua parte: legalizzazione della cannabis, possibilità di lavorare per i migranti richiedenti asilo e fine dello stato d’emergenza. Sul campo ecologico ha proposto la fine dell’uso del diesel entro il 2025, la chiusura del tanto discusso aeroporto di Notre Dame de Landes e una riduzione della dipendenza dal nucleare. Poi la riforma del Senato, il diritto di voto agli stranieri per le elezioni locali, gli incentivi per creare alternative alla prigione. Sul piano europeo si fa portavoce di una moratoria sul deficit al 3 per cento e un’alleanza con i paesi anti-austerity. Infine, a livello internazionale è arrivato fino ad azzardare il riconoscimento della Palestina.
Il partito spaccato e gli attacchi sulla laicità – Che cosa resta ora dei socialisti è presto per dirlo. Di certo nell’ultima settimana di campagna elettorale non si sono risparmiati i colpi, specie provenienti dal campo di Valls. L’ex primo ministro ed ex titolare dell’Interno ha fin da subito cercato di intestarsi la battaglia per la laicità. Tra i valori fondamentali della Francia, è anche una delle tematiche più discusse dopo gli attentati terroristici che hanno travolto il Paese. Ai problemi di integrazione e radicalizzazione islamica, Valls risponde con il pugno duro e con una battaglia senza eccezioni. Hamon è ritenuto più moderato, tanto che è stato accusato da un ministro vicino a Valls, secondo indiscrezioni pubblicate dal quotidiano Libération, di essere “il candidato dei Fratelli musulmani”. E’ stata l’accusa di troppo, l’attacco che ha congelato definitivamente i rapporti di due sinistre che ora, non si sa bene come, dovranno affrontare una campagna elettorale insieme. Oppure prepararsi a prendere strade diverse.
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Francia, Hamon vince le primarie dei socialisti contro Valls. Lo schiaffo degli elettori al partito e la svolta a sinistra
Il candidato che rappresenta l'ala più polemica del Ps ha battuto l'ex primo ministro ed ex titolare agli Interni. Al voto tra 1,7 e 2 milioni di persone: in aumento rispetto al primo turno, ma in forte calo rispetto alle consultazioni del 2012
Ha vinto la svolta di sinistra, ha perso il socialismo di governo e soprattutto, ancora una volta, quello del presidente della Repubblica uscente François Hollande. Secondo i primi risultati, Benoît Hamon ha battuto al secondo turno delle primarie l’ex ministro dell’Interno Manuel Valls con il 58,65 per cento delle preferenze contro il 41,35 e sarà il candidato Ps alle presidenziali di aprile 2016. Favorito degli ultimi mesi e “sfavorito” in vista delle elezioni che contano, è il nome che i militanti hanno scelto per tentare l’impossibile e soprattutto per salvare un partito dalla débâcle totale. Sono andati a votare tra 1,7 e 2 milioni di persone: un aumento rispetto al primo turno (1 milione e 6oomila), quasi un milione in meno rispetto alle consultazioni del 2012 e appena sopra quella soglia di allarme perché il candidato sia considerato davvero legittimato dalla base.
Lo schiaffo al partito – Ora dopo settimane stanche di campagna, il partito dovrà fare i conti con i postumi. Non dite ai sostenitori di Hamon che ha vinto l’utopia sulla realtà perché vi fulmineranno con lo sguardo. “La realtà è che la sinistra deve fare la sinistra”, dicono perseguitati dall’idea di essere i veri perdenti del voto di aprile. Di certo se al nuovo leader glielo avessero detto ad agosto che finiva cosi, non ci avrebbe creduto. Ma se la Francia del 2017 non è quella del 2012, come ha voluto ripetere più volte lo sfidante Valls, nemmeno i socialisti di febbraio sono più gli stessi di qualche settimana fa. Il candidato più a sinistra di tutti, il “frondeur”, ovvero frondista, come viene chiamato per la sua opposizione interna al partito, porta a casa un risultato che solo l’estate scorsa sembrava quasi impossibile. Il Ps sull’orlo della scomparsa elettorale sceglie di virare a sinistra. Per alcuni l’unico modo per sopravvivere, per altri una dichiarazione di morte annunciata alle presidenziali: se Valls avrebbe potuto (forse) giocarsela al centro con Emanuel Macron, Hamon finisce a competere nel terreno di sinistra già monopolizzato dal candidato de la France Insoumise di Jean-Luc Melenchon. La decisione però l’hanno presa gli elettori: quei, comunque pochi, che sono andati a votare alle primarie hanno deciso di punire per l’ennesima volta il sistema. Così dopo il ritiro annunciato del presidente della Repubblica Hollande, l’eliminazione dalle primarie della destra di Nicolas Sarkozy, a lasciare la scena è l’ex ministro dell’Interno Manuel Valls.
Hamon, da rottamatore a candidato – Di certo definire Hamon un volto nuovo è abbastanza azzardato. Tanto per cominciare è stato due volte ministro sotto la presidenza di Hollande. Prima delegato all’Economia sociale e solidale, poi all’Educazione. Si è dimesso nel 2014 in polemica con la gestione di governo dei socialisti, quando in testa aveva già la corsa per le primarie. 49 anni, nato a Saint-Renan nel dipartimento di Finistère (Bretagna), è stato portavoce dei socialisti dal 2008 al 2012, deputato europeo nel 2004, poi consigliere regionale in Ile-de-France nel 2010. La sua militanza ha le radici nella giovanile del partito (MJS) e nel sindacato studentesco Unef. E’ in quelle manifestazioni che trova molti dei fedelissimi che lo accompagnano fino ad oggi. E’ lui uno dei personaggi che lavorano alla nascita del Nouveau Parti Socialiste dopo lo choc del 21 aprile 2002, ovvero subito dopo l’eliminazione del candidato Lionel Jospin al primo turno in favore di Jean-Marie Le Pen. E’ un 35enne Hamon, a fianco dei due socialisti che ha sfidato alle primarie Vincent Peillon e Arnaud Montebourg, a raccogliere gli applausi dei malcontenti nell’anfiteatro della Sorbona per chiedere una rifondazione totale del partito. Il progetto fallirà pochi mesi dopo tra discussioni e polemiche, ma quello spirito rimarrà sempre.
La strategia dell’outsider a scuola da Sanders – Hamon ha navigato da solo per tutta la campagna, imboccando più volte la giusta direzione del vento. Un esempio? A settembre è andato negli Usa a incontrare il senatore democratico Bernie Sanders, perdente alle primarie contro Hillary Clinton, ma ormai simbolo internazionale di politico di sinistra. E’ stata una delle mosse più azzeccate, soprattutto perché fatta in favor di telecamere. Poi sono serviti al gioco i buoni rapporti con la società civile, vedi il collettivo per la trasparenza Démocratie ouverte, i tanti tentativi di dialogo con gli ecologisti e gli ammiccamenti a Podemos in Spagna e al leader Jeremy Corbin in Inghilterra. “Ha una voce nuova. Non è politichese, ma nemmeno fa il professore”, uno dei commenti più frequenti al termine dei suoi comizi. Hamon è il candidato che al termine di tre ore di interrogatorio-intervista al giornale Libération si è avvicinato allo stagista a cui avevano segato la domanda per il poco tempo e ha detto: “Mi segua, possiamo parlare mentre scendo le scale”. Che ci sia del vero o meno, la strategia dell’outsider umile di sinistra che cambia le regole del gioco è piaciuta e soprattutto, è riuscita a conquistare quell’elettorato deluso che cercava un motivo per andare a votare.
Reddito di base universale e cannabis – La corsa di Hamon è cominciata il 16 agosto scorso quando, ospite di France 2, ha dato l’annuncio per primo: “Mi candido”. Da quel momento ha costretto tutti a corrergli dietro, prima senza creare grandi preoccupazioni, poi monopolizzando la spenta campagna per le primarie con i suoi temi. Il lavoro, sicuramente. E’ stato lui a proporre il reddito di base universale, non senza essere costretto a rimangiarsi alcune promesse. L’idea finale è che sia un progetto a tempo, con un grande punto interrogativo sulle coperture. Si parla della tassazione dei robot, ad esempio, e di lotta all’evasione fiscale. Ma resta il fatto che ha riportato il tema al centro della discussione. Hamon ha anche detto che si farà portavoce dell’abolizione della loi travail, il cosiddetto Jobs act all’italiana. Le proposte più provocatorie sono arrivate dalla sua parte: legalizzazione della cannabis, possibilità di lavorare per i migranti richiedenti asilo e fine dello stato d’emergenza. Sul campo ecologico ha proposto la fine dell’uso del diesel entro il 2025, la chiusura del tanto discusso aeroporto di Notre Dame de Landes e una riduzione della dipendenza dal nucleare. Poi la riforma del Senato, il diritto di voto agli stranieri per le elezioni locali, gli incentivi per creare alternative alla prigione. Sul piano europeo si fa portavoce di una moratoria sul deficit al 3 per cento e un’alleanza con i paesi anti-austerity. Infine, a livello internazionale è arrivato fino ad azzardare il riconoscimento della Palestina.
Il partito spaccato e gli attacchi sulla laicità – Che cosa resta ora dei socialisti è presto per dirlo. Di certo nell’ultima settimana di campagna elettorale non si sono risparmiati i colpi, specie provenienti dal campo di Valls. L’ex primo ministro ed ex titolare dell’Interno ha fin da subito cercato di intestarsi la battaglia per la laicità. Tra i valori fondamentali della Francia, è anche una delle tematiche più discusse dopo gli attentati terroristici che hanno travolto il Paese. Ai problemi di integrazione e radicalizzazione islamica, Valls risponde con il pugno duro e con una battaglia senza eccezioni. Hamon è ritenuto più moderato, tanto che è stato accusato da un ministro vicino a Valls, secondo indiscrezioni pubblicate dal quotidiano Libération, di essere “il candidato dei Fratelli musulmani”. E’ stata l’accusa di troppo, l’attacco che ha congelato definitivamente i rapporti di due sinistre che ora, non si sa bene come, dovranno affrontare una campagna elettorale insieme. Oppure prepararsi a prendere strade diverse.
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“Mani pulite, Duomo connection, i terroristi rossi e neri: tutte le carte dei vecchi processi sono a rischio. Ho scritto al ministro Nordio, ma non risponde”
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L’appello ai lettori dei direttori Travaglio e Gomez: “Le battaglie del 2025: continuate a sostenerci”
Roma, 21 dic (Adnkronos) - ''Per quello che sta accadendo nel mondo e per quello che è accaduto in Siria, conto e sono sicuro che il governo italiano aumenterà i livelli di sicurezza in tutte le piazze italiane, in tutte le manifestazioni per Natale e Capodanno per renderlo tutto più tranquillo possibile. Stavo leggendo le interpretazioni più diverse su questo assassino saudita. Uno che investe dei bambini e degli anziani o chiunque nei giorni di festa è un criminale, un folle, un delinquente, qualunque sia la sua pseudoidea. Ho letto che aveva fatto domanda d'asilo. Questo non vuol dire, per fortuna, che tutti quello che ottengono asilo politico vanno in giro a sterminare i mercati di Natale... Però farei estrema attenzione ed estrema cautela''. Lo ha detto Matteo Salvini oggi a Roma parlando dell'attentato a Magdeburgo in Germania.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Lo spirito natalizio è anche sinonimo di memoria, radici e identità. Il senso di appartenenza alle nostre comunità che infonde il Natale ci fa sentire parte di un’unica famiglia. È nei momenti difficili che la comunità ci dà la forza e il coraggio per andare avanti e per costruire un futuro migliore". Lo ha detto il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana in occasione del concerto di Natale nell'aula di Montecitorio.
"Ecco perché il nostro pensiero va alle persone meno fortunate. A chi vive nelle zone martoriate dalle guerre. Soprattutto ai bambini costretti a convivere con la paura, la fame e la devastazione. In questi giorni, il ricordo e la nostra vicinanza vanno al popolo tedesco, per i gravi fatti avvenuti a Magdeburgo e che ci lasciano sconvolti. Queste considerazioni devono spingerci ad agire in concreto per realizzare un mondo dove il dialogo e la solidarietà prevalgano sulla guerra e sull’indifferenza", ha proseguito Fontana.
"Un mondo dove non dobbiamo più assistere impotenti alla sofferenza e alla solitudine delle persone anziane, dei disabili e dei malati. Dove chi esce di casa per andare a lavorare faccia sempre ritorno dai propri cari. San Giovanni Paolo II, nel messaggio Urbi et Orbi per il Santo Natale del 2003, ci ricorda che i cammini della pace, sebbene difficili sono “possibili e perciò doverosi”. Il mio auspicio è che il 2025 sia ricordato dalla Storia come l’anno in cui la pace ha trovato casa nei cuori e nelle vite di tutti noi. Ed è con questi sentimenti che auguro a voi, alle vostre famiglie e a tutti gli italiani un Natale di serenità, gioia e rinnovata speranza", ha detto ancora Fontana.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - “Per affrontare il fenomeno dei migranti non servono certo i centri in Albania ma un sistema di flussi legali che includa anche la formazione professionale e linguistica dei migranti in Africa”. Lo ha detto Davide Faraone, capogruppo di Italia viva alla Camera, a Skytg24.
“Nei centri in Albania sarebbero dovuti andare, nelle intenzioni del governo, 24 persone. Quindi un numero comunque irrisorio. L’idea, poi, che questi centri svolgano una funzione di deterrenza è del tutto farlocca. Dubito fortemente che chi parte dall’Africa profonda per fuggire dalla disperazione, abbia letto una delle poche interviste in cui Giorgia Meloni parla dei centri albanesi", ha aggiunto.
"Il governo dovrebbe piuttosto aumentare gli strumenti per accedere legalmente al nostro Paese. E quindi stabilire un numero di migranti da far venire in Italia per rispondere alle necessità delle nostre imprese, insegnando loro prima, in Africa, la lingua e i lavori in cui possono essere impiegati. Si potrà così arrivare non su un barcone ma in aereo, con un biglietto e documenti regolari. Se si procede così non ci sarà nessuno scafista a speculare sulla vita delle persone”, conclude Faraone.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Mentre in tutto il mondo si esprime giustamente è doverosamente il cordoglio per l’attentato a Magdeburgo e la solidarietà con il popolo tedesco per il brutale atto terroristico, in Italia i vari Gasparri , Salvini e compagnia ne approfittano per fare un po’ di propaganda dozzinale e miserabile. Che tristezza". Lo dice Nicola Fratoianni, di Avs.
"Peccato che oggi si scopra che - prosegue il leader di SI - l’attentatore sarebbe uno che odia l’Islam, odia le politiche di inclusione, ammiratore dei nazisti di Afd e di Musk. Insomma uno che su molte cose la pensa più o meno come loro…".
"Servirebbe in momenti così drammatici - conclude Fratoianni - come questi, in cui rinnoviamo la nostra solidarietà alla popolazione tedesca, alle Istituzioni della Germania e alla sua ambasciata nel nostro Paese, da parte di tutti un po’ più di compostezza, testa sulle spalle e serietà".
Roma, 21 dic (Adnkronos) - Cordiale telefonata tra il vicepremier e ministro Matteo Salvini e l’amministratore delegato di Mediaset Pier Silvio Berlusconi. L’occasione è stata l’assoluzione con formula piena con cui si è concluso il processo Open Arms che vedeva imputato Salvini. Lo fa sapere la Lega.
Il ministro ha particolarmente apprezzato l’attenzione e la gentilezza di Pier Silvio Berlusconi, e ha ricordato con grande affetto le battaglie per una Giustizia giusta affrontate da Silvio Berlusconi e che il centrodestra vuole portare a termine, conclude la Lega.
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "La Germania, unita all’Italia da indissolubili vincoli di amicizia e solidarietà, può contare sul nostro più convinto impegno tanto nel fermo e determinato contrasto al terrorismo quanto nel sostenere insieme le ragioni della libera e pacifica convivenza, elemento fondamentale e irrinunciabile della comune identità europea". Lo scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio all'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier.
"La notizia del proditorio attentato contro il mercato di Natale a Magdeburgo -sottolinea il Capo dello Stato- suscita negli italiani orrore e unanime condanna. Di questi sentimenti desidero farmi immediatamente interprete presso di Lei, signor Presidente e caro amico, e presso tutti i Suoi concittadini. In questa drammatica circostanza, la Repubblica italiana è vicina al popolo tedesco con convinta e sincera partecipazione. In questo spirito, desidero far giungere alle famiglie delle vittime le espressioni del nostro più sincero cordoglio. Ai numerosi feriti auguriamo un pronto e completo ristabilimento".
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - “Un 2024 con Forza Italia che taglia il traguardo vincente e un 2025 per crescere ancora nell’interesse del Paese e per Silvio Berlusconi, un fuoriclasse gia entrato nella storia d’Italia. Lo sentiamo come non mai la nostra guida che ispira la sua creatura, Forza Italia, verso traguardi che solo lui poteva immaginare. Antonio Tajani ha da sempre goduto della sua fiducia che trasmette vigorosa a noi dirigenti e militanti. Nel solco dell’impegno dimostrato, Forza Italia nel 2025 ha l’obiettivo di crescere ancora per rappresentare i cittadini e garantire che le sfide che abbiamo davanti siano garanzia di crescita, di sviluppo e di benessere". Lo afferma il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli.
"Provo malinconia -aggiunge- nell’ ascoltare oggi, da avversari ostici, che il presidente Berlusconi aveva ragione: ragione riguardo le ricette economiche da attuare per promuovere la crescita -per far sì che il nostro Governo sia leader internazionale in un mondo sempre più globale- e poi per lavorare con determinazione affinché la giustizia sia realmente giusta, valorizzando la stragrande maggioranza degli operatori dei questo settore, che devono operare nell’esclusivo interesse dei cittadini. Una cometa, le indicazioni del presidente Berlusconi, che noi di Forza Italia siamo onorati di interpretare fedelmente per contribuire, con i nostri partner di governo, a rendere l’Italia migliore”.