A 35 anni e 177 giorni Roger Federer è ancora il numero uno. Più forte di tutti, più forte del tempo, più forte di tutti i tempi. Batte Rafael Nadal al quinto set dopo quasi 4 ore di battaglia (6-4 3-6 6-1 3-6 6-3), vince l’Australian Open 2017. Conquista fuori tempo massimo a 5 anni di distanza dal suo ultimo trionfo il suo 18° Slam, quello che nessuno pensava potesse più raggiungere. Diventa il più vecchio vincitore dell’era Open dai tempi di Ken Rosewall, campione proprio qui a Melbourne a 38 primavere nel 1972: allora il tennis era praticamente un altro sport.
Era il marzo del 2004 quando Roger Federer e Rafa Nadal si incontravano per la prima volta su un campo da tennis. In un doppio, partita di contorno al Masters di Indian Wells. Lo svizzero era già il numero uno del mondo, ma quel giorno perse contro un 18enne che veniva da Maiorca. Probabilmente perché giocava in coppia con il connazionale Yves Allegro, carneade della racchetta, mentre dall’altra parte c’era Tommy Robredo. O forse già da allora si intuiva quale sarebbe stato il destino di questi due campioni, protagonisti di una rivalità iconica di questo sport come solo Borg-McEnroe è stata. In questi 13 anni ci sono stati altri 34 incontri e 22 finali, quasi sempre vinte da Rafa (14-8 per lo spagnolo i precedenti). La bestia nera, la nemesi, l’antagonista perfetto del tennista più forte di sempre. “Nadal è stato la mia sfida più complicata, mi ha portato al limite e poi oltre”, ha sempre detto di lui Federer. Ed è successo anche agli Australian Open, dove i due hanno scritto l’ennesimo, indimenticabile e imprevisto, capitolo della loro saga. Chissà se davvero l’ultimo. Solo che stavolta ha vinto Federer.
Lo ha fatto meritatamente, e non solo per la sua storia, per l’impresa di tornare in finale in uno Slam alle porte dei 36 anni dopo 6 mesi di inattività per infortunio. Federer ha tenuto in mano la partita sostanzialmente per tutta la sua durata. Anticipando le risposte anche a costo di giocare spesso di contro balzo, con un coefficiente di difficoltà che solo lui al mondo può permettersi. Accettando (e reggendo) la diagonale sul rovescio, come gli è riuscito poche volte in carriera, senza mai rifugiarsi nello slice. Servendo con una solidità impressionante e accorciando il più possibile gli scambi. Tecnicamente sublime, tatticamente perfetto: vincere bene e vincere subito, per non permettere all’avversario e alla stanchezza di prendere il sopravvento.
Dall’altra parte, però, c’era il solito Nadal, copia appena un po’ sbiadita dell’originale. Sono bastati un paio di passaggi a vuoto, nel secondo e nel quarto set, per riequilibrare la partita nel punteggio e trascinarla al quinto set. Dove lo spagnolo è diventato anche il favorito naturale. E infatti Federer ha accusato il colpo, è andato sotto 2-0, ha visto da vicino l’ennesima beffa contro il rivale di sempre. Ma ha rimontato, sorpassato, è arrivato anche a servire per il set. Qui ha tremato pure lui: è scivolato 15-40, si è aggrappato al servizio per annullare le palle del contro break, ha steccato clamorosamente due match-point. Ma il secondo, come confermato dall’occhio di falco, è rimasto in campo. Ha vinto lo svizzero, 13 anni dopo quella prima volta tra ragazzini, una vita e una carriera fa. Roger oggi ha le guance scavate dell’uomo maturo; Rafa, l’idolo delle teenager per le sue chiome sciolte, nasconde sotto una fascia i capelli diradati, nonostante un trapianto. Sì, il tempo è passato anche per loro. Solo che Federer ha sconfitto pure lui.
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