La sorpresa è arrivata a udienza chiusa, quando giovedì scorso la corte stava per lasciare l’aula. È stato allora che il boss Totò Riina ha fatto sapere attraverso il suo legale, l’avvocato Giovanni Anania, che risponderà alle domande di pm e avvocati nel processo sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Un colpo di scena che le parti non si aspettavano – sarebbe la prima volta che il padrino corleonese si sottopone all’esame – che difficilmente porterà, però, a novità sostanziali per il dibattimento che cerca di far luce sul presunto patto tra i boss e pezzi delle istituzioni.
Il Capo dei capi di Cosa nostra è l’unico degli imputati del processo in corso davanti alla corte d’assise di Palermo ad avere accettato di rispondere alle domande di accusa e difesa.

Tutte le altre persone alla sbarra – mafiosi, pentiti come Giovanni Brusca, collaboratori come Massimo Ciancimino, ex politici come Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino ed ex ufficiali del Ros dei carabinieri come Mario Mori e Antonio Subranni – hanno rifiutato di sottoporsi all’interrogatorio o non hanno ancora risposto all’istanza dei giudici.

Al termine dell’udienza in cui si sono concluse le deposizioni dei testi del pubblico ministero, era stato il presidente della corte d’assise, Alfredo Montalto, a chiedere per esigenze di organizzazione del lavoro, chi tra gli imputati fosse disponibile a sottoporsi all’esame. Riina, collegato in videoconferenza dal carcere di Parma, è stato contattato al telefono dal suo avvocato e ha dato il via libera. Il legale lo ha riferito alla cancelliera a processo ormai chiuso. Il boss, come gli altri imputati, ad eccezione di Mancino e Ciancimino che rispondono il primo di falsa testimonianza e il secondo di calunnia e concorso in associazione mafiosa, è accusato di minaccia a corpo politico dello Stato. L’interrogatorio dal capomafia di Corleone sarà fissato nelle prossime settimane.

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