Due settimane fa aveva detto: “Basta alle sconcezze della peggiore amministrazione comunale che Brindisi abbia mai avuto”. Ma alla fine la stampella è arrivata proprio da lui, il primo degli eletti nelle file del Pd, il secondo più votato in città. Damiano Flores, ex segretario provinciale del sindacato Ugl, scelto da 817 persone alle scorse elezioni di giugno, cambia casacca per “senso di responsabilità” e tende la mano alla maggioranza guidata da Angela Carluccio, sindaca dimissionaria sostenuta dai Cor di Raffaele Fitto, dal gruppo Noi Centro dell’attuale presidente dell’Invimit Massimo Ferrarese e dagli ex dem cacciati da Michele Emiliano perché avevano appoggiato fino all’ultimo momento l’ex primo cittadino Cosimo Consales, finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione esattamente un anno fa. E proprio con loro – storici timonieri del Pd brindisino – oggi Flores va a braccetto creando un nuovo gruppo, ‘Democratici e socialisti’, di “ispirazione renziana”, dice in aula. Così si salva la maggioranza, in crisi da fine dicembre quando l’assessore al Bilancio aveva deciso l’aumento della Tari per il nuovo anno, nonostante la tassa sui rifiuti pagata dai brindisini sia già la più alta d’Italia.
La sindaca era stata costretta ad azzerare la giunta ma, dopo 18 giorni e la nomina degli amministratori delle società partecipate, era tornata a ripresentare l’elenco dei suoi collaboratori. Lista sostanzialmente identica, meno che per la delega ai rifiuti, tolta al suo vice Francesco Silvestre. Tanto era bastato per scatenare la nuova crisi: addio alla maggioranza da parte dei due consiglieri che avevano in Silvestre il loro assessore di riferimento, mozione di sfiducia da votare in consiglio il prossimo 16 febbraio e sindaca che aveva rassegnato le dimissioni parlando già di un possibile ritorno nel caso in cui fosse riuscire a trovare i numeri per andare avanti. L’opposizione aveva cercato di accelerare tempi riunendosi per firmare le dimissioni che avrebbero provocato lo scioglimento del consiglio e il ritorno alle urne a giugno per la seconda volta in un anno. Senza però trovare l’accordo.
E alla fine è arrivato il salto del fosso di Flores, che appena lo scorso 21 gennaio parlava di “commissariamento necessario” e di voler seguire la volontà indicata dal suo partito e di “esserne vincolato”. Sosteneva: “È un dovere morale nei confronti della città di porre fine alle sconcezze della peggiore amministrazione che Brindisi abbia mai avuto”. Come è stato possibile cambiare radicalmente idea? “Nessun tradimento, si tratta di una libera scelta. Tutti possono cambiare opinione. In questo momento dal punto di vista politico è meglio un brutto accordo che alcun accordo. Fermarsi ora, finire in campagna elettorale e aspettare la formazione della nuova giunta, avrebbe voluto dire restare fermi un altro anno”, spiega il ‘renziano’ Flores a ilfattoquotidiano.it.
“Parla a titolo personale, non esistono pro Renzi ed anti-Renzi nel partito a Brindisi. Il pensiero del partito è uno e non è il suo. Da oggi non fa più parte dei dem. Vogliamo che la Carluccio vada a casa”, risponde il segretario provinciale Maurizio Bruno. E scende in campo anche la deputata Elisa Mariano: “Quello che sta accadendo è mortificante. Non esiste alcun avallo politico da parte della segreteria nazionale del partito rispetto alle scelte che i singoli consiglieri, in piena autonomia e in barba al mandato degli elettori, hanno deciso di compiere – spiega l’onorevole, vicina alla corrente renziana del Pd – Nessuno è autorizzato a strumentalizzare il nome del segretario del partito per giustificare operazioni opache e trasformistiche che con il Pd non hanno nulla a che fare”.