L’aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato, con conseguente allargamento del differenziale, lo spread, rispetto ai Bund tedeschi, “ci ricorda in modo sgarbato come un Paese ad alto debito non possa non occuparsi della sua discesa”. Se non fossero bastate le rassicurazioni di giovedì scorso, quando ha promesso alla Commissione Ue e ai mercati che le misure per correggere il deficit eccessivo saranno prese “al più tardi entro aprile”, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è tornato a ribadire che il governo “rispetta le regole” europee e ha tra le priorità “risparmi per ridurre la spesa, alienazioni per ridurre il debito, efficiente gestione degli asset pubblici e crescita”. Nell’attesa di raggiungere gli ambiziosi obiettivi, però, la prima fase della manovra bis da 3,4 miliardi chiesta da Bruxelles passerà attraverso un intervento tra i più abusati da tutti i governi: l’aumento delle accise. Il diciottesimo dal 1935, quando Benito Mussolini mise mano alle tasse sul carburante per finanziare la guerra d’Etiopia.
Secondo indiscrezioni, già entro la fine di febbraio – prima ancora di conoscere il dato definitivo sull’andamento del pil nel 2016, atteso per l’1 marzo – il governo Gentiloni varerà un decreto che ritoccherà all’insù le imposte indirette sulla benzina. E meno male che la scorsa settimana Gentiloni aveva rivendicato di aver detto a Jean Claude Juncker che Roma non avrebbe mai messo in campo misure “tali da provocare effetti depressivi sulla nostra economia”. Ma tant’è: secondo il Corriere della Sera il rincaro sarà di “almeno un paio di centesimi” rispetto agli attuali 728,4 euro per mille litri. Ogni centesimo di aumento produce un gettito aggiuntivo per le casse dello Stato di 400 milioni di euro l’anno. “Con tre centesimi”, calcola il quotidiano di via Solferino, “si garantirebbe la copertura delle spese per il terremoto aggiuntive a quelle già stanziate in bilancio, che il presidente del Consiglio ha stimato in oltre 1 miliardo”. E si recupererebbero fondi da usare per ridurre il disavanzo strutturale dello 0,2% come vuole la Commissione.
Resta la speranza che l’Istat ritocchi all’insù il dato sul prodotto interno lordo, cosa che automaticamente ridurrebbe i rapporti deficit/pil e debito/pil diminuendo l’ammontare della necessaria correzione. Restano sul tavolo anche le ipotesi di abolire alcuni crediti di imposta (per un valore di 100-150 milioni) i cui risultati sono stati valutati inefficaci, riportare nella disponibilità del Tesoro alcune poste di bilancio non spese e varare tagli lineari ai ministeri. Rimandate a più avanti le misure contro l’evasione Iva: l’idea è quella di estendere a nuovi settori il meccanismo della reverse charge, che consiste nel far pagare l’imposta all’acquirente invece che al venditore, e dello split payment, che prevede che l’Iva sulle forniture alle pubbliche amministrazioni sia versata all’Erario direttamente dalla pubblica amministrazione senza passare per le tasche dei privati. Per metterla in pratica occorre il via libera di Bruxelles, visto che l’Iva è un’imposta comunitaria.