Siamo “un Paese in deficit di fiducia e di futuro“. In cui “gli ascensori sociali hanno smesso di funzionare e la povertà ha sempre più i sintomi di una malattia cronica, dalla quale è quasi impossibile uscire”. È la fotografia dell’Italia che emerge dal Rapporto 2016 sulla qualità dello sviluppo realizzato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e da Tecnè. Crescono, sia nella percezione sia nei dati, le disuguaglianze economiche e la concentrazione della ricchezza. Specialmente nel Mezzogiorno, dove l’indice di equità socio-economica è la metà rispetto a quello che si registra nel Nord-Est. In generale si è diffuso “un sentimento di pessimismo verso il futuro” e “una crescente sfiducia economica”. I dati del 2016, secondo il rapporto, confermano “la relazione tra crescita del disagio e crescita delle disuguaglianze”. Che a sua volta “si specchia in un Paese che ha perso fiducia nel futuro prossimo”: solo il 31% degli italiani pensa che la situazione migliorerà nei prossimi 12 mesi, contro il 44% del 2015. E se si guarda alla situazione personale appena l’11% si attende un miglioramento.
L’indice generale della qualità dello sviluppo, dal 2015 al 2016, è sceso da 100 a 99, con un peggioramento, in particolare, nel nord e nel centro. Ma preoccupa di più il Sud, che non riesce a ridurre lo storico divario rispetto al resto del Paese. Non a caso nel complesso le tre regioni migliori, secondo i dati di Tecnè e Istat, sono il Trentino Alto Adige (136), il Friuli Venezia Giulia (113) e il Veneto (112), mentre restano fanalini di coda, nell’ordine, Campania, Sicilia e Calabria. Il divario però non riguarda solo il reddito pro capite, aspetto ben noto, ma anche la disuguaglianza nella distribuzione di reddito e ricchezza. L’indice di equità socio-economica, infatti, nell’ultimo anno è salito da 141 a 143 punti per il Nord-Est mentre è sceso da 72 a 71 per il Sud, ormai doppiato. Il Nord Ovest flette di 3 punti e passa da 142 a 129, il centro da 123 a 120. Trentino (167 punti), Lombardia (152) ed Emilia Romagna (148) sono le regioni di testa nella graduatoria dei territori più virtuosi.
Per capire a che livello sia la differenza di possibilità economiche tra chi vive al Nord e i residenti del Sud basta guardare alcuni numeri: il reddito equivalente corrispondente al 40% delle famiglie con i redditi più bassi va al 24% delle famiglie del nord-ovest, al 25% di quelle del nord-est e al 34% di quelle del centro mentre nel Mezzogiorno se lo deve spartire il 67% dei nuclei. “Un dato drammatico – chiosano gli autori del Rapporto – che mette in chiaro quanto sia ampia e in crescita la forbice economica”.
Sullo sfondo, infine, c’è un crollo generalizzato della fiducia riposta dagli italiani nel futuro e nella crescita economica. Solo il 31% degli intervistati pensa che la situazione migliorerà nei prossimi 12 mesi (era il 44% nel 2015) e se si guarda alla situazione personale appena l’11% si attende un miglioramento (era il 13% l’anno prima). Anche il lavoro è percepito come instabile e solo il 24% pensa che l’occupazione crescerà. Nel complesso l’indice scende da 100 a 76. La fiducia, sottolinea il rapporto, “è uno dei motori più importanti della crescita economica, senza la quale non solo diventa difficile fare progetti di vita, ma anche i consumi e gli investimenti tendono a comprimersi o a dilatarsi in attesa di tempi migliori”.