Il Partito democratico è in fibrillazione in attesa della direzione in cui il segretario Matteo Renzi potrebbe rassegnare le dimissioni. La mossa servirebbe a rilanciare la possibilità di andare al voto in giugno, magari dopo un ‘congresso lampo’ da tenersi in aprile. Ma quali regole deve seguire la riunione dell’assemblea? L’articolo 9 dello Statuto del Pd indica i principi fondamentali in base ai quali si svolge il congresso che si articola in due fasi: prima la Convenzione in cui votano gli iscritti del partito e poi le primarie. Ma la road map viene disciplinata da un regolamento che di volta in volta deve essere approvato dalla direzione nazionale con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Secondo l’articolo 5, il Congresso e le primarie si svolgono ogni quattro anni, il che implica che il prossimo dovrebbe tenersi in autunno, dato che il precedente ha avuto luogo tra settembre e dicembre 2013. Ma sono previsti diversi casi in cui congresso e primarie possono essere anticipati, tra i quali le dimissioni del segretario. Occorrerebbero dunque le dimissioni di Renzi da segretario del Pd o una sfiducia nei suoi confronti da parte dell’Assemblea nazionale per aprire sin da subito il congresso dem che sarebbe indetto, in base all’art.5 comma 2 dello Statuto, dal presidente del Pd, in questo caso Matteo Orfini.
Per essere ammesse alla prima fase del procedimento elettorale, le candidature a Segretario devono essere sottoscritte da almeno il 10% dei componenti dell’Assemblea nazionale uscente o da un numero di iscritti compreso tra 1500 e 2mila, distribuiti in non meno di cinque regioni. Risultano ammessi all’elezione del Segretario nazionale i tre candidati che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il 15% dei voti in almeno cinque regioni o province autonome.
Fin qui i principi inderogabili, mentre i tempi dei vari passaggi sono stabiliti dal regolamento: nel 2013 si discusse per quasi un mese sulle regole e poi la direzione del 27 settembre approvò la road map che si concluse l’8 dicembre con le primarie. Entro l’11 ottobre si fissò il termine per depositare alla commissione nazionale le candidature alla segreteria con relative liste programmatiche. Si decise che in ciascun collegio poteva essere presentata una lista collegata a ciascun candidato da presentare entro il 25 novembre. Tra il 7 ed il 17 novembre si svolsero le riunioni dei circoli che elessero i propri rappresentati alla Convenzione provinciale che vanno a comporre la convenzione nazionale. La Convenzione nazionale si riunì il 24 novembre e determinò i 3 candidati da ammettere alle primarie. Alle primarie votarono i tesserati e gli elettori che si dichiarano di riconoscere nella proposta politica del Pd e danno un contributo di 2 euro.