Pochi, malpagati, ma estremamente produttivi. Sono i ricercatori italiani. Nel 2015 la loro percentuale ogni mille occupati in Italia, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), era pari al 4,73%, contro una media europea del 7,4%. Stando alle statistiche della banca dati “SciVal di Scopus”, però, “i ricercatori italiani sono all’ottavo posto nel mondo per numero di pubblicazioni scientifiche su riviste d’eccellenza, davanti a Paesi che investono molto più di noi. La quota di pubblicazioni scientifiche italiane si attesta, nel quadriennio 2011-2014, intorno al 3,5% del totale mondiale, con una crescita del 4% annuo della produzione scientifica nazionale”. Eppure, l’Italia investe in ricerca, sempre secondo l’Ocse, appena l’1,3% del Pil, contro la media Ue del 2%, il 2,8% degli Usa, il 2,9% della Germania e il 4,3% di Israele, in vetta a questa speciale classifica. Una cifra lontana dall’obiettivo del 3% tracciato dal Trattato di Lisbona per il 2020. Sono alcuni dei dati emersi in un incontro organizzato presso il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dalla Crui, la conferenza dei rettori delle università italiane, intitolato “La ricerca pubblica italiana: risultati, obiettivi e risorse”.
Dal 2008 persi 1 miliardo e 10mila ricercatori
Una riunione dalla quale il mondo della ricerca lancia un appello alla politica: “Maggiori risorse per poter essere sempre più competitivi”. “Quella per la ricerca – spiega Massimo Inguscio, presidente del Cnr e da alcune settimane alla guida della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca – non è una spesa, ma un investimento”. La paura degli scienziati italiani è, infatti, che la richiesta dell’Europa di una manovra correttiva dei conti pubblici italiani di 3,4 miliardi, possa comportare nuovi tagli alla ricerca. “Dal 2008 l’università ha perso 1 miliardo di finanziamenti e 10mila ricercatori – afferma Gaetano Manfredi, presidente Crui -. Se riuscissimo a recuperare almeno questi fondi, sarebbe già un buon risultato, anche se non ancora ottimale. Tagliare nei settori dell’università e della ricerca equivale, infatti, a tagliare la crescita del Paese. Un autentico suicidio”.
Nessun tesoretto della ricerca
I presidenti degli enti di ricerca smentiscono, inoltre, l’esistenza di un tesoretto nelle pieghe dei bilanci degli enti che amministrano. Secondo i dati forniti dalla Consulta, ammonta a “circa 1 miliardo e 265 milioni di euro il cosiddetto avanzo di esercizio” dei venti enti di ricerca relativo al 2015. “Non si tratta, però, di un tesoretto. Più dei due terzi di questi fondi sono, infatti, vincolati, impegnati ad esempio in progetti di ricerca pluriennali”, afferma la Consulta. “Occorre sfatare l’affermazione che gli enti di ricerca vivano di fondi residui, non spesi”, aggiunge Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). “Tutti i finanziamenti dello Stato vengono spesi – sottolinea una nota congiunta della Consulta e della Crui – e spesso non consentono neppure di coprire interamente i costi di funzionamento degli enti e degli atenei”. “Un tempo – aggiunge Gaetano Manfredi – si accusava, ad esempio, le università di spendere più di quanto ricevessero. Oggi l’accusa è di spendere meno. Vuol dire che da cicale siamo diventati formiche”.
Poche immatricolazioni e laureati a causa dei tagli
In attesa di conoscere i dati completi relativi alla seconda valutazione della qualità della ricerca italiana per il periodo 2011-2014, che l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) presenterà ufficialmente il prossimo 21 febbraio, la stessa agenzia fotografa una situazione di luci e ombre. Il secondo rapporto biennale sullo stato del sistema dell’università e della ricerca, presentato dall’Anvur a maggio, mostra, infatti, che in Italia il numero di immatricolazioni, di docenti e di laureati è più basso rispetto alla media Ocse. Sull’ultimo dato, in particolare, il nostro Paese è in coda rispetto agli altri. Sono, infatti, circa 200mila i laureati ogni anno, e solo il 24% dei ragazzi di età compresa tra 25 e 34 anni è in possesso di una laurea, a fronte del 41% della media Ocse.
Per il presidente della Crui, “l’invecchiamento del corpo docente, le difficoltà nel reclutamento dei giovani e la riduzione del numero di iscritti all’università sono proprio conseguenze del taglio del 20% del finanziamento ordinario negli ultimi otto anni”. Una situazione ben fotografata anche dall’ultimo rapporto Istat su “Ricerca e sviluppo in Italia”, pubblicato a novembre 2016 e relativo al biennio 2014-2016, secondo il quale sono “ancora in calo le previsioni di spesa pubblica”. Gli esperti affermano che “gli stanziamenti per ricerca e sviluppo di amministrazioni centrali, regioni e province autonome sono passate dagli 8,5 miliardi di euro del 2014 ai circa 8.3 miliardi di euro del 2015”.
La lettera del fisico a Nature: “Ue faccia pressione su governi nazionali”
Numeri che nei mesi scorsi hanno spinto il fisico teorico Giorgio Parisi, tra gli scienziati più citati al mondo, a indirizzare una lettera aperta alla rivista Nature per “salvare la ricerca in Italia”. Una missiva in cui lo scienziato invita “l’Unione europea a fare pressione sui governi nazionali per mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza”. Lo scienziato si rivolge alle istituzioni europee per lamentare che “non tutti gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio, l’Italia trascura gravemente la ricerca di base. E i fondi sono stati ridotti al lumicino”. Parisi fa l’esempio del settimo Programma quadro europeo per la ricerca scientifica 2007-2013, cui “l’Italia ha contribuito per un ammontare di 900 milioni l’anno, con un ritorno di soli 600 milioni”. Un esempio che dimostra, secondo lo scienziato, come “l’incapacità del Governo italiano di alimentare la ricerca di base abbia causato una perdita di 300 milioni l’anno per la scienza italiana, e quindi per l’Italia”.
Le opportunità degli altri paesi per i nostri ricercatori
Nata alla fine del 2016 con una funzione di raccordo e coordinamento tra gli enti pubblici di ricerca, la Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca, ha l’obiettivo di rendere la ricerca italiana più competitiva a livello internazionale, attraverso la formulazione di specifiche proposte alla presidenza del Consiglio e ai ministeri vigilanti. E in questo ambito s’inquadra la richiesta giunta oggi dai presidenti degli enti di ricerca di una maggiore disponibilità di risorse. “I Paesi stranieri, nostri competitor, offrono ai nostri giovani ricercatori opportunità che noi, invece, non riusciamo a dare loro. Questo patrimonio – è l’appello dei ricercatori italiani lanciato oggi al Cnr – non va disperso, ma difeso e incentivato”.
Scienza
Ricerca, l’appello degli scienziati: “Servono più risorse. Dal 2008 persi un miliardo di fondi e 10mila lavoratori”
I nostri cervelli nel 2015 hanno conquistato l’ottavo posto nel mondo per numero di pubblicazioni scientifiche su riviste d’eccellenza, davanti a Paesi che investono molto più di noi. Eppure l’Italia investe, secondo l’Ocse, appena l’1,3% del Pil, contro la media Ue del 2%, il 2,8% degli Usa, il 2,9% della Germania e il 4,3% di Israele, in vetta a questa speciale classifica
Pochi, malpagati, ma estremamente produttivi. Sono i ricercatori italiani. Nel 2015 la loro percentuale ogni mille occupati in Italia, secondo l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), era pari al 4,73%, contro una media europea del 7,4%. Stando alle statistiche della banca dati “SciVal di Scopus”, però, “i ricercatori italiani sono all’ottavo posto nel mondo per numero di pubblicazioni scientifiche su riviste d’eccellenza, davanti a Paesi che investono molto più di noi. La quota di pubblicazioni scientifiche italiane si attesta, nel quadriennio 2011-2014, intorno al 3,5% del totale mondiale, con una crescita del 4% annuo della produzione scientifica nazionale”. Eppure, l’Italia investe in ricerca, sempre secondo l’Ocse, appena l’1,3% del Pil, contro la media Ue del 2%, il 2,8% degli Usa, il 2,9% della Germania e il 4,3% di Israele, in vetta a questa speciale classifica. Una cifra lontana dall’obiettivo del 3% tracciato dal Trattato di Lisbona per il 2020. Sono alcuni dei dati emersi in un incontro organizzato presso il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) dalla Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e dalla Crui, la conferenza dei rettori delle università italiane, intitolato “La ricerca pubblica italiana: risultati, obiettivi e risorse”.
Dal 2008 persi 1 miliardo e 10mila ricercatori
Una riunione dalla quale il mondo della ricerca lancia un appello alla politica: “Maggiori risorse per poter essere sempre più competitivi”. “Quella per la ricerca – spiega Massimo Inguscio, presidente del Cnr e da alcune settimane alla guida della Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca – non è una spesa, ma un investimento”. La paura degli scienziati italiani è, infatti, che la richiesta dell’Europa di una manovra correttiva dei conti pubblici italiani di 3,4 miliardi, possa comportare nuovi tagli alla ricerca. “Dal 2008 l’università ha perso 1 miliardo di finanziamenti e 10mila ricercatori – afferma Gaetano Manfredi, presidente Crui -. Se riuscissimo a recuperare almeno questi fondi, sarebbe già un buon risultato, anche se non ancora ottimale. Tagliare nei settori dell’università e della ricerca equivale, infatti, a tagliare la crescita del Paese. Un autentico suicidio”.
Nessun tesoretto della ricerca
I presidenti degli enti di ricerca smentiscono, inoltre, l’esistenza di un tesoretto nelle pieghe dei bilanci degli enti che amministrano. Secondo i dati forniti dalla Consulta, ammonta a “circa 1 miliardo e 265 milioni di euro il cosiddetto avanzo di esercizio” dei venti enti di ricerca relativo al 2015. “Non si tratta, però, di un tesoretto. Più dei due terzi di questi fondi sono, infatti, vincolati, impegnati ad esempio in progetti di ricerca pluriennali”, afferma la Consulta. “Occorre sfatare l’affermazione che gli enti di ricerca vivano di fondi residui, non spesi”, aggiunge Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi). “Tutti i finanziamenti dello Stato vengono spesi – sottolinea una nota congiunta della Consulta e della Crui – e spesso non consentono neppure di coprire interamente i costi di funzionamento degli enti e degli atenei”. “Un tempo – aggiunge Gaetano Manfredi – si accusava, ad esempio, le università di spendere più di quanto ricevessero. Oggi l’accusa è di spendere meno. Vuol dire che da cicale siamo diventati formiche”.
Poche immatricolazioni e laureati a causa dei tagli
In attesa di conoscere i dati completi relativi alla seconda valutazione della qualità della ricerca italiana per il periodo 2011-2014, che l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) presenterà ufficialmente il prossimo 21 febbraio, la stessa agenzia fotografa una situazione di luci e ombre. Il secondo rapporto biennale sullo stato del sistema dell’università e della ricerca, presentato dall’Anvur a maggio, mostra, infatti, che in Italia il numero di immatricolazioni, di docenti e di laureati è più basso rispetto alla media Ocse. Sull’ultimo dato, in particolare, il nostro Paese è in coda rispetto agli altri. Sono, infatti, circa 200mila i laureati ogni anno, e solo il 24% dei ragazzi di età compresa tra 25 e 34 anni è in possesso di una laurea, a fronte del 41% della media Ocse.
Per il presidente della Crui, “l’invecchiamento del corpo docente, le difficoltà nel reclutamento dei giovani e la riduzione del numero di iscritti all’università sono proprio conseguenze del taglio del 20% del finanziamento ordinario negli ultimi otto anni”. Una situazione ben fotografata anche dall’ultimo rapporto Istat su “Ricerca e sviluppo in Italia”, pubblicato a novembre 2016 e relativo al biennio 2014-2016, secondo il quale sono “ancora in calo le previsioni di spesa pubblica”. Gli esperti affermano che “gli stanziamenti per ricerca e sviluppo di amministrazioni centrali, regioni e province autonome sono passate dagli 8,5 miliardi di euro del 2014 ai circa 8.3 miliardi di euro del 2015”.
La lettera del fisico a Nature: “Ue faccia pressione su governi nazionali”
Numeri che nei mesi scorsi hanno spinto il fisico teorico Giorgio Parisi, tra gli scienziati più citati al mondo, a indirizzare una lettera aperta alla rivista Nature per “salvare la ricerca in Italia”. Una missiva in cui lo scienziato invita “l’Unione europea a fare pressione sui governi nazionali per mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza”. Lo scienziato si rivolge alle istituzioni europee per lamentare che “non tutti gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio, l’Italia trascura gravemente la ricerca di base. E i fondi sono stati ridotti al lumicino”. Parisi fa l’esempio del settimo Programma quadro europeo per la ricerca scientifica 2007-2013, cui “l’Italia ha contribuito per un ammontare di 900 milioni l’anno, con un ritorno di soli 600 milioni”. Un esempio che dimostra, secondo lo scienziato, come “l’incapacità del Governo italiano di alimentare la ricerca di base abbia causato una perdita di 300 milioni l’anno per la scienza italiana, e quindi per l’Italia”.
Le opportunità degli altri paesi per i nostri ricercatori
Nata alla fine del 2016 con una funzione di raccordo e coordinamento tra gli enti pubblici di ricerca, la Consulta dei presidenti degli enti pubblici di ricerca, ha l’obiettivo di rendere la ricerca italiana più competitiva a livello internazionale, attraverso la formulazione di specifiche proposte alla presidenza del Consiglio e ai ministeri vigilanti. E in questo ambito s’inquadra la richiesta giunta oggi dai presidenti degli enti di ricerca di una maggiore disponibilità di risorse. “I Paesi stranieri, nostri competitor, offrono ai nostri giovani ricercatori opportunità che noi, invece, non riusciamo a dare loro. Questo patrimonio – è l’appello dei ricercatori italiani lanciato oggi al Cnr – non va disperso, ma difeso e incentivato”.
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(Adnkronos) - La richiesta riguarda tutti le tracce trovate nella villetta di via Pascoli dove avviene il delitto, a partire dalle fascette dei rilievi dattiloscopici e le impronte digitali trovate nell'appartamento e sul dispenser portasapone dove - sancisce la Cassazione - si lava l'assassino. L'intenzione degli inquirenti è anche quella di lavorare sui quattro capelli scuri trovati nel lavandino del bagno al piano terra, così come sull'impronta trovata sulla porta d'ingresso dell'abitazione. Per i carabinieri di Milano sul dispenser (oltre alle due impronte di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio) "vi sono numerose impronte papillari sovrapposte che sarebbero state cancellate se il dispenser fosse stato lavato dal sangue" e nel lavandino la presenza di 4 capelli neri lunghi "attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue. Diversamente, i capelli presenti nel lavabo sarebbero stati portati via dall'acqua".
Una tesi smentita dalla stessa Procura di Pavia nella prima archiviazione, di otto anni fa, contro l'indagato Sempio. Un'ipotesi "priva di fondamento logico dal momento che è processualmente accertato che l'assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi". Il sangue, liquido e solubile in acqua, "viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza rimangono molto più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio del sangue" e si tratta dei capelli di Chiara "recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell'assassino; la loro presenza attesta semmai che lo stesso si è effettivamente lavato le mani". È peraltro "verosimile che l'assassino non si sia soffermato per verificare l'effetto del risciacquo, ma si sia allontanato rapidamente dalla scena".
I carabinieri sono intenzionati anche ad approfondire un'impronta digitale trovata sulla maniglia della porta di ingresso (ritenuta allora non utile dal Ris di Parma) su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica mirata ad accertare se quel contatto possa essere stato lasciato da una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se fosse altra sostanza". Una tesi "oltre che logicamente fallace, non è di alcuna utilità investigativa" essendo stata osservata tre giorni dopo il delitto e trovandosi accanto alla serratura. Una porta toccata da Stasi e da soccorritori e investigatori. "Le tracce papillari, al pari del Dna, non sono databili. È impossibile sapere se quella traccia sia stata deposta il giorno del delitto o nei giorni precedenti (o addirittura in quelli successivi), basti pensare che in sede di rilievo sono state trovate anche le impronte papillari" di alcuni carabinieri coinvolti nelle indagini e di un falegname intervenuto tempo prima nella villetta per effettuare alcuni lavori. Per queste ragioni, concludeva l'archiviazione, "è evidente la totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata".
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un ponte energetico tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente''. Terna, presentando il piano di sviluppo 2025, conferma gli interventi di interconnessione con l’estero, al fine di ''garantire sicurezza, sostenibilità ed efficienza, tramite la possibilità di mutuo soccorso tra sistemi interconnessi. In aggiunta, queste infrastrutture costituiscono un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo, a fronte della variabilità della produzione rinnovabile''.
Tra i principali progetti pianificati Terna segnala 'Sa.Co.I.3', il progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia 'Elmed', il raddoppio interconnessione Italia-Grecia, che ''consentirà la gestione in sicurezza dell’intera Zona Sud e favorirà approvvigionamenti efficienti di energia, grazie alla possibilità di abilitare nuove risorse attraverso il coupling del mercato elettrico e di mantenere lo scambio di energia tra i due Paesi anche in presenza di manutenzioni''.
Inoltre, nel piano di sviluppo 2025 sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come 'Merchant lines', a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto. Il numero di tali iniziative ha subito un’accelerazione negli ultimi anni. Risultano in fase di avvio consultazione 11 richieste per oltre 12 Gw di capacità. Terna segnala che la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette di ''avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 Gw di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 Gw di solare, 110 Gw di eolico on-shore e 86 Gw di eolico off-shore) e 277 Gw per sistemi di accumulo. Questi numeri, che ''superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo'', secondo la società.
In aggiunta, nell’ultimo biennio si è registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono, ad esempio, impianti ad alto consumo energetico. Le richieste di connessione per questi utenti possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti alla rete. Tale tendenza è attribuibile per larga parte ai centri di elaborazione (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste erano pari a circa 30 Gw, dato annuale 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Tali richieste sono principalmente localizzate nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia.
Terna annuncia che ''con lo scopo di favorire una sempre più ampia abilitazione delle rinnovabili e per garantire un’elevata qualità del servizio, in sinergia con i concessionari del servizio di distribuzione, è stato individuato un set di Cabine primarie da potenziare o da connettere alla Rete di trasmissione nazionale''. Il trend di tali richieste di connessione si è ulteriormente ampliato per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr. Terna ha definito un approccio di gestione delle richieste di connessione basato sulla definizione di 76 'microzone' che ''consentono di modellare in modo efficace un perimetro all’interno del quale studiare soluzioni di connessione e quantificare la capacità rinnovabile addizionale che può essere integrata nella rete''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Dallo sviluppo di infrastrutture abilitanti e innovative alla garanzia di stabilità e sicurezza della rete elettrica, passando per la risoluzione delle congestioni locali. Sono gli obiettivi del piano di sviluppo 2025 presentato da Terna. ''Considerato il complesso e sfidante contesto elettrico'' Terna comunica di aver ''svolto una importante attività di definizione delle priorità di sviluppo. Sono stati privilegiati gli interventi che offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni 'capital light' al fine di ridurre i costi e massimizzare l'efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica''.
Gli interventi previsti dal piano, che consentiranno di operare con una visione di lungo termine in considerazione delle esigenze della rete, rispondono alla necessità di ''sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative, funzionali al raggiungimento della capacità obiettivo efficiente, per aumentare i limiti di transito tra le sezioni di mercato e massimizzare lo scambio di energia''. Il programma prevede anche di ''risolvere le congestioni locali, garantendo l’esercizio in sicurezza all’interno delle zone di mercato, tramite la pianificazione di interventi intrazonali''.
Terna punta inoltre a ''rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione territoriale efficiente''. Infine sarà garantita ''la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero, che consentono una gestione flessibile e bilanciata delle risorse energetiche, favorendo gli scambi tra le reti nazionali''.
Nell’orizzonte temporale del piano di sviluppo 2025, la maggioranza degli interventi previsti in esercizio entro il 2030 ha ottenuto l’autorizzazione o è già in fase di autorizzazione. Tra questi figurano le principali opere infrastrutturali dell’azienda, come Tyrrhenian Link, il collegamento hvdc sottomarino a 500 kV che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. ''L’opera consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili''. L’opera sarà completata entro il 2028.
Tra le opere principali Terna segnala Adriatic Link: il collegamento hvdc tra Abruzzo e Marche da 1.000 MW di potenza lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini. L’entrata in esercizio è prevista per il 2029. Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui la Dorsale Adriatica: collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì che garantirà il rafforzamento del corridoio adriatico, permettendo un incremento sostanziale della capacità di scambio.
Terna prevede inoltre la realizzazione di importanti infrastrutture che hanno l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza della rete e la capacità intrazonale. Si tratta di interventi che favoriscono lo scambio di energia all’interno della stessa zona di mercato, funzionali all’integrazione delle fonti rinnovabili e alla risoluzione delle congestioni di rete a livello locale. Tra le opere previste, tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia).
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna si pone l’obiettivo di estrarre maggior valore dagli asset esistenti, tramite interventi di tipo 'capital light', che si basano su strumenti e soluzioni innovative e che si affiancano ai tradizionali interventi infrastrutturali, consentendo di perseguire rilevanti benefici per la rete. L’attività di Terna di pianificazione della futura rete elettrica può contare oggi su iter di approvazione semplificati per le grandi infrastrutture da parte di Arera e Mase. In particolare, l’Autorità, attraverso il meccanismo dell’approvazione per fasi, ha semplificato il processo fornendo strumenti per velocizzare il percorso di progettazione, autorizzazione e realizzazione.
Anche a valle delle recenti semplificazioni normative ''è stato possibile raggiungere una significativa riduzione dei tempip''. La realizzazione delle infrastrutture sarà supportata anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema. Su tutti, il Capacity market con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse (Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico). La prima asta del Macse sarà svolta da Terna il prossimo 30 settembre.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."