L’accordo che dovrebbe ‘scongelare’ il miliardo e trecento milioni custoditi in Svizzera “rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione” alla tutela degli interessi di chi potrebbe essere risarcito dai familiari dell’ex patron dell’Ilva, Emilio Riva. È una delle motivazioni con cui il gip del tribunale di Milano, Maria Vicidomini, ha respinto i patteggiamenti concordati con la procura da Adriano, Fabio e Nicola Riva. Le richieste non possono essere accolte per la loro “assoluta incongruità” a fronte della “estrema gravità dei fatti contestati”, visto che si tratta – sottolinea il magistrato – di “plurimi reati di bancarotta fraudolenta caratterizzati da numerose distrazioni asseritamente realizzate attraverso complesse operazioni ai danni di Riva Fire e Ilva”.
Una bocciatura tout court dell’accordo sulle pene e anche sulla cifra che rischia di rallentare il processo di vendita dell’Ilva, attualmente commissariata, perché il rientro degli 1,3 miliardi – base delle richieste di patteggiamento dei Riva a Milano e della società Riva Fire nel processo Ambiente Svenduto a Taranto – è la ‘garanzia’ per i nuovi acquirenti di avere a disposizione le cifre che serviranno per completare il risanamento del siderurgico. L’accordo tra la famiglia Riva e Ilva era stato annunciato dall’ex premier Matteo Renzi durante l’ultima diretta #MatteoRisponde prima del referendum costituzionale del 4 dicembre.
Il commento del giudice è però laconico: per Vicidomini, l’intesa rappresenta “un accordo omnicomprensivo che, raggruppando in maniera generica una molteplicità di reciproche rinunce ad azioni esercitabili in sede civile, amministrativa e penale, rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione, non solo da parte degli imputati ma anche del commissario straordinario di Ilva spa e del curatore speciale di Riva Fire alla tutela di molteplici e variegati interessi che richiederebbero altre forme di salvaguardia”. A fronte degli impegni presi dalla famiglia Riva, infatti, il gruppo Ilva rinunciava “a qualunque pretesa nei confronti degli esponenti della famiglia Riva e delle società a loro riconducibili”, mettendo fine così “al vasto contenzioso in essere nell’ambito di una transazione di carattere generale che comprende reciproche rinunce”.
Un passo che il giudice ha giudico una “totalizzante abdicazione”. Non a caso, le richieste di patteggiamento e l’intesa economica tra Riva e Ilva avevano provocato i malumori di diverse realtà tarantine, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: a dicembre, durante un’udienza del processo, alcune parti civili, tra cui il sindacato Slai–Cobas, avevano urlato “vergogna, vergogna, questa non è giustizia” in riferimento al fatto che le richieste di risarcimenti dei danni nei confronti delle persone giuridiche potrebbero venir meno a causa del patteggiamento.
L’intesa tra i magistrati e i Riva dovrà ora essere ridiscussa. Per quanto concerne le pene ritenute “incongrue”, Adriano Riva, 86 anni, accusato di bancarotta, truffa e trasferimento fittizio di valori, aveva raggiunto un accordo con la procura di Milano per una pena di 2 anni e 6 mesi di carcere. Il nipote Fabio, accusato di bancarotta, aveva proposto un patteggiamento compreso tra i 4 e i 5 anni, mentre l’altro nipote Nicola, anche lui indagato per bancarotta, voleva chiudere con 2 anni di carcere. I pm coordinati da Francesco Greco avevano detto sì alle richieste anche per la disponibilità dimostrata dai Riva a far rientrare il tesoro da 1,3 miliardi custodito in Svizzera e gestito da una trust nell’isola di Jersey. Una cifra non sufficiente per tombare tutte le pendenze. E oltretutto al momento bloccata dalla mancata pronuncia della Corte di Jersey, cui dovrà seguire quella del Tribunale di Losanna, il tutto non prima del 31 marzo a causa di un rinvio a catena degli scorsi giorni.
Il gruppo Riva nel pomeriggio ha diffuso una nota con cui “rende noto che rimane immutata la volontà di fattiva collaborazione con l’autorità giudiziaria di Milano e di Taranto e con il Governo per la soluzione delle questioni riguardanti le problematiche Ilva”.
Lobby
Ilva, il gip: “Pene concordate tra Riva e pm incongrue alla gravità dei fatti. A rischio tutela di chi deve essere risarcito”
Tra le motivazioni con cui sono stati respinti i patteggiamenti per Adriano, Fabio e Nicola Riva c'è il fatto che la rinuncia a ogni pretesa nei loro confronti da parte del siderurgico rappresenta una “totalizzante abdicazione non solo da parte degli imputati ma anche del commissario straordinario e del curatore speciale di Riva Fire alla tutela di molteplici e variegati interessi che richiederebbero altre forme di salvaguardia”
L’accordo che dovrebbe ‘scongelare’ il miliardo e trecento milioni custoditi in Svizzera “rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione” alla tutela degli interessi di chi potrebbe essere risarcito dai familiari dell’ex patron dell’Ilva, Emilio Riva. È una delle motivazioni con cui il gip del tribunale di Milano, Maria Vicidomini, ha respinto i patteggiamenti concordati con la procura da Adriano, Fabio e Nicola Riva. Le richieste non possono essere accolte per la loro “assoluta incongruità” a fronte della “estrema gravità dei fatti contestati”, visto che si tratta – sottolinea il magistrato – di “plurimi reati di bancarotta fraudolenta caratterizzati da numerose distrazioni asseritamente realizzate attraverso complesse operazioni ai danni di Riva Fire e Ilva”.
Una bocciatura tout court dell’accordo sulle pene e anche sulla cifra che rischia di rallentare il processo di vendita dell’Ilva, attualmente commissariata, perché il rientro degli 1,3 miliardi – base delle richieste di patteggiamento dei Riva a Milano e della società Riva Fire nel processo Ambiente Svenduto a Taranto – è la ‘garanzia’ per i nuovi acquirenti di avere a disposizione le cifre che serviranno per completare il risanamento del siderurgico. L’accordo tra la famiglia Riva e Ilva era stato annunciato dall’ex premier Matteo Renzi durante l’ultima diretta #MatteoRisponde prima del referendum costituzionale del 4 dicembre.
Il commento del giudice è però laconico: per Vicidomini, l’intesa rappresenta “un accordo omnicomprensivo che, raggruppando in maniera generica una molteplicità di reciproche rinunce ad azioni esercitabili in sede civile, amministrativa e penale, rischia di tradursi in una sostanziale e totalizzante abdicazione, non solo da parte degli imputati ma anche del commissario straordinario di Ilva spa e del curatore speciale di Riva Fire alla tutela di molteplici e variegati interessi che richiederebbero altre forme di salvaguardia”. A fronte degli impegni presi dalla famiglia Riva, infatti, il gruppo Ilva rinunciava “a qualunque pretesa nei confronti degli esponenti della famiglia Riva e delle società a loro riconducibili”, mettendo fine così “al vasto contenzioso in essere nell’ambito di una transazione di carattere generale che comprende reciproche rinunce”.
Un passo che il giudice ha giudico una “totalizzante abdicazione”. Non a caso, le richieste di patteggiamento e l’intesa economica tra Riva e Ilva avevano provocato i malumori di diverse realtà tarantine, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: a dicembre, durante un’udienza del processo, alcune parti civili, tra cui il sindacato Slai–Cobas, avevano urlato “vergogna, vergogna, questa non è giustizia” in riferimento al fatto che le richieste di risarcimenti dei danni nei confronti delle persone giuridiche potrebbero venir meno a causa del patteggiamento.
L’intesa tra i magistrati e i Riva dovrà ora essere ridiscussa. Per quanto concerne le pene ritenute “incongrue”, Adriano Riva, 86 anni, accusato di bancarotta, truffa e trasferimento fittizio di valori, aveva raggiunto un accordo con la procura di Milano per una pena di 2 anni e 6 mesi di carcere. Il nipote Fabio, accusato di bancarotta, aveva proposto un patteggiamento compreso tra i 4 e i 5 anni, mentre l’altro nipote Nicola, anche lui indagato per bancarotta, voleva chiudere con 2 anni di carcere. I pm coordinati da Francesco Greco avevano detto sì alle richieste anche per la disponibilità dimostrata dai Riva a far rientrare il tesoro da 1,3 miliardi custodito in Svizzera e gestito da una trust nell’isola di Jersey. Una cifra non sufficiente per tombare tutte le pendenze. E oltretutto al momento bloccata dalla mancata pronuncia della Corte di Jersey, cui dovrà seguire quella del Tribunale di Losanna, il tutto non prima del 31 marzo a causa di un rinvio a catena degli scorsi giorni.
Il gruppo Riva nel pomeriggio ha diffuso una nota con cui “rende noto che rimane immutata la volontà di fattiva collaborazione con l’autorità giudiziaria di Milano e di Taranto e con il Governo per la soluzione delle questioni riguardanti le problematiche Ilva”.
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Vertice Ue, veto di Orban su sostegno a Kiev. Zelensky: martedì summit tra i “volenterosi”. Meloni: “Riarmo? Termine non chiaro. No all’uso dei fondi di coesione”
Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La politica estera cambia la vita delle famiglie, aiuta la gente a capire e anche gli errori fatti. In Italia il casino sui consumi lo ha fatto Salvini: ha fatto una norma sul codice della strada per ridurre gli incidenti e va bene ma non è giusto fare una campagna terroristica sul vino. E poi c'è Trump che fa i dazi ma la roba nostra piace nel mondo e se ci mettono i dazi, ci fregano. I sovranisti di casa nostra dicono 'viva Trump' ma Trump ci distrugge l'economia". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4. "E poi c'è anche l'Europa che è un po' troppo burocratica".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “La sicurezza delle telecomunicazioni è fondamentale, nell’interesse italiano sarebbe singolare scegliere un soggetto francese (con partecipazione azionaria anche cinese?) anziché un sistema tecnologicamente più sviluppato ed all’avanguardia come quello americano. Peraltro notiamo con stupore che, come già avvenuto per alcune case farmaceutiche durante il Covid, un titolo francese abbia guadagnato in Borsa più del 500% in pochi giorni. Siamo certi che, in una fase delicata come questa, ogni scelta vada ponderata esclusivamente nel nome dell’interesse nazionale italiano, senza pregiudizi ideologici, ritenendo gli Usa un partner imprescindibile per la sicurezza e la crescita del nostro Paese”. Così in una nota Paolo Borchia, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, e Paolo Formentini, deputato Lega, responsabile dipartimento Esteri della Lega.