Manca un mese appena a primavera e già le mammole piddine fioriscono a gruppi di gemelli e solitari smarriti. Alcuni amici non mi salutano più perché da almeno tre anni pronostico lo sfascio del Pd non a causa di una maledizione divina, ma per aver venduto l’anima a Matteo Renzi, corpo estraneo alla storia del riformismo italiano e a quella propria della sinistra.
Buttandosi nell’acqua rancida del fonte battesimale della Leopolda, affascinato dal tacco 12 della ex ministra Maria Elena, poi divenuta Maria Banca Etruria, il Pd ha abiurato non solo le sue origini uliviste di stampo prodiano, ma anche quelle ancestrali di stampo degasperiano, berlingueriano e pertiniano. Renzi è nato, cresciuto e resta un’altra cosa, più in sintonia con Berlusconi con cui cominciò ad amoreggiare fin da sindaco di Firenze, andando di nascosto a Arcore per sentirsi dire: “Tu mi somigli” (07-12.2010). Lì iniziò la tessitura per espellere gli ex Pci, lasciando in auge solo gli immarcescibili dorotei.
Dopo sei anni, missione compiuta con la faccia oscena del baro spergiuro. Aveva giocato e puntato tutto su tre pilastri: la legge sul licenziamento, “il grande inganno” da lui furbescamente chiamata con un anglicismo indebito “Jobs act”, dalla Corte Costituzionale sottoposta in parti qualificanti a referendum. La legge elettorale, pomposamente chiamata “Italicum” e dichiarata incostituzionale in parti importanti dalla stessa Corte e, elemento ancora più grave, votata con ben tre voti di fiducia (28-30/04/2015), aberrazione mai accaduta in oltre un secolo e mezzo di esistenza dell’Italia, tranne che nel fascismo con la “legge Acerbo” del 18/11/1923 per assicurare al partito fascista la maggioranza assoluta nella Camera che per quella legge diventerà “aula sorda e grigia” alla mercé di Mussolini. Infine, la riforma costituzionale, incostituzionale in partenza e bocciata con un tripudio di “no” al referendum popolare del 4 dicembre scorso, in cui il governo Renzi si è speso con dovizia di denari pubblici e uso dittatoriale della tv di Stato.
Di un atto squisitamente democratico e non governativo, il tapino aveva fatto una questione di vita o di morte personale: “Ripeto qui: se perdessi il referendum considererei conclusa la mia esperienza perché credo profondamente nel valore della dignità della cosa pubblica” (20 gennaio 2016 nell’Aula del Senato). Altre decine di volte, in ogni occasione pubblica, sia lui che la sua vestale, Maria Elena Etruria, avevano giurato e spergiurato che si sarebbero ritirati a vita privata. Per sempre. Come si può credere alla parola di uno spergiuro di tal fatta che si rimangia le sue promesse solenni come se fossero noccioli di olive?
Forse non poteva andarsene, se prima non avesse portato fino in fondo la sua vendetta di uomo senza veduta politica: distruggere il Pd perché a lui non serve un partito, ma una massa, sullo stile di Berlusconi, da accendere in occasione delle elezioni, per incassare il risultato e, infine, da rimandare a cuccia. Invece di chiedere scusa in un ampio dibattito precongressuale, in ogni sezione o sede dell’ex Pd, prima di ritirarsi a vita privata e domandarsi perché abbia sbagliato tutte le scelte qualificanti della sua non-politica, in tutti i modi cerca di approfittarne per trarre il massimo vantaggio della posizione di dominio in cui si trova.
Squalificante sotto ogni punto di vista, ma specialmente in virtù di etica e di coerenza, Renzi non vede l’ora di restare da solo a comandare una barca che non c’è più. Il mio amico Giorgio Pagano, già sindaco di La Spezia, fa il paragone con l’ammutinamento del Bounty come scelta inevitabile, anzi necessaria: “Non abbiamo altra scelta che quella degli ammutinati del Bounty. Non solo seppero ammutinarsi, ma bruciarono perfino il vascello per non subire la tentazione di ritornare in schiavitù. Vediamo la forza estrema dell’apparato culturale liberista, la sua pervasività, la sua potenza economica che condiziona tutto e tutti. Ecco perché scelgo l’esempio degli ammutinati del Bounty. Vissero liberi, ma all’inizio sia loro stessi che i loro discendenti ebbero un’esistenza grama”. La lunga storia di emancipazione dei subalterni non è finita, non può finire. Mi limito a correggere un solo dato dell’amico Giorgio: l’ammutinato qui è Renzi Matteo di Rignano, estraneo alla sinistra e alla cultura riformista. Egli non brucia la nave, solo per avere una via di fuga e potersi sempre creare “un’isola” dove essere principe indiscusso e adorato. Renzi per essere, deve sentirsi adorato dai suoi “sudditi”.
Lo psicanalista Massimo Recalcati parla di “ruminazione su se stessi“ che “da qualche tempo” ha portato il Pd a distanziarsi dal Paese reale: “Non è forse questo uno dei mali maggiori che affligge il Pd? Una scissione esterna si chiama separazione, mentre una scissione interna permanente si chiama schizofrenia“. La colpa di Bersani & C. è quella di non essere usciti prima e di avere votato pezzi della riforma costituzionale per poi rinnegarla nel referendum. Schizofrenia pura. Michele Emiliano che resta nel Pd per sfidare Renzi, fa il patetico, finendo per legittimare la presenza di Renzi, mentre sarebbe stato meglio lasciarlo nella solitudine. Il resto che borbotta «sinistrorso» è illusione con Giuliano Pisapia, senza parlare di Nicola Fratoianni, eletto segretario di Sinistra italiana, volto permanente di bisogni personali per assicurarsi una poltroncina a garanzia della vecchiaia senza eccessive preoccupazioni. Il popolo dell’ex Pd si consoli con la celebre frase del marchese del Grillo: “Io so’ io e voi non siete un c…o”
Paolo Farinella
Prete
Politica - 22 Febbraio 2017
Scissione Pd, la tragica parabola di un partito destinato (e arrivato) allo sfascio
Manca un mese appena a primavera e già le mammole piddine fioriscono a gruppi di gemelli e solitari smarriti. Alcuni amici non mi salutano più perché da almeno tre anni pronostico lo sfascio del Pd non a causa di una maledizione divina, ma per aver venduto l’anima a Matteo Renzi, corpo estraneo alla storia del riformismo italiano e a quella propria della sinistra.
Buttandosi nell’acqua rancida del fonte battesimale della Leopolda, affascinato dal tacco 12 della ex ministra Maria Elena, poi divenuta Maria Banca Etruria, il Pd ha abiurato non solo le sue origini uliviste di stampo prodiano, ma anche quelle ancestrali di stampo degasperiano, berlingueriano e pertiniano. Renzi è nato, cresciuto e resta un’altra cosa, più in sintonia con Berlusconi con cui cominciò ad amoreggiare fin da sindaco di Firenze, andando di nascosto a Arcore per sentirsi dire: “Tu mi somigli” (07-12.2010). Lì iniziò la tessitura per espellere gli ex Pci, lasciando in auge solo gli immarcescibili dorotei.
Dopo sei anni, missione compiuta con la faccia oscena del baro spergiuro. Aveva giocato e puntato tutto su tre pilastri: la legge sul licenziamento, “il grande inganno” da lui furbescamente chiamata con un anglicismo indebito “Jobs act”, dalla Corte Costituzionale sottoposta in parti qualificanti a referendum. La legge elettorale, pomposamente chiamata “Italicum” e dichiarata incostituzionale in parti importanti dalla stessa Corte e, elemento ancora più grave, votata con ben tre voti di fiducia (28-30/04/2015), aberrazione mai accaduta in oltre un secolo e mezzo di esistenza dell’Italia, tranne che nel fascismo con la “legge Acerbo” del 18/11/1923 per assicurare al partito fascista la maggioranza assoluta nella Camera che per quella legge diventerà “aula sorda e grigia” alla mercé di Mussolini. Infine, la riforma costituzionale, incostituzionale in partenza e bocciata con un tripudio di “no” al referendum popolare del 4 dicembre scorso, in cui il governo Renzi si è speso con dovizia di denari pubblici e uso dittatoriale della tv di Stato.
Di un atto squisitamente democratico e non governativo, il tapino aveva fatto una questione di vita o di morte personale: “Ripeto qui: se perdessi il referendum considererei conclusa la mia esperienza perché credo profondamente nel valore della dignità della cosa pubblica” (20 gennaio 2016 nell’Aula del Senato). Altre decine di volte, in ogni occasione pubblica, sia lui che la sua vestale, Maria Elena Etruria, avevano giurato e spergiurato che si sarebbero ritirati a vita privata. Per sempre. Come si può credere alla parola di uno spergiuro di tal fatta che si rimangia le sue promesse solenni come se fossero noccioli di olive?
Forse non poteva andarsene, se prima non avesse portato fino in fondo la sua vendetta di uomo senza veduta politica: distruggere il Pd perché a lui non serve un partito, ma una massa, sullo stile di Berlusconi, da accendere in occasione delle elezioni, per incassare il risultato e, infine, da rimandare a cuccia. Invece di chiedere scusa in un ampio dibattito precongressuale, in ogni sezione o sede dell’ex Pd, prima di ritirarsi a vita privata e domandarsi perché abbia sbagliato tutte le scelte qualificanti della sua non-politica, in tutti i modi cerca di approfittarne per trarre il massimo vantaggio della posizione di dominio in cui si trova.
Squalificante sotto ogni punto di vista, ma specialmente in virtù di etica e di coerenza, Renzi non vede l’ora di restare da solo a comandare una barca che non c’è più. Il mio amico Giorgio Pagano, già sindaco di La Spezia, fa il paragone con l’ammutinamento del Bounty come scelta inevitabile, anzi necessaria: “Non abbiamo altra scelta che quella degli ammutinati del Bounty. Non solo seppero ammutinarsi, ma bruciarono perfino il vascello per non subire la tentazione di ritornare in schiavitù. Vediamo la forza estrema dell’apparato culturale liberista, la sua pervasività, la sua potenza economica che condiziona tutto e tutti. Ecco perché scelgo l’esempio degli ammutinati del Bounty. Vissero liberi, ma all’inizio sia loro stessi che i loro discendenti ebbero un’esistenza grama”. La lunga storia di emancipazione dei subalterni non è finita, non può finire. Mi limito a correggere un solo dato dell’amico Giorgio: l’ammutinato qui è Renzi Matteo di Rignano, estraneo alla sinistra e alla cultura riformista. Egli non brucia la nave, solo per avere una via di fuga e potersi sempre creare “un’isola” dove essere principe indiscusso e adorato. Renzi per essere, deve sentirsi adorato dai suoi “sudditi”.
Lo psicanalista Massimo Recalcati parla di “ruminazione su se stessi“ che “da qualche tempo” ha portato il Pd a distanziarsi dal Paese reale: “Non è forse questo uno dei mali maggiori che affligge il Pd? Una scissione esterna si chiama separazione, mentre una scissione interna permanente si chiama schizofrenia“. La colpa di Bersani & C. è quella di non essere usciti prima e di avere votato pezzi della riforma costituzionale per poi rinnegarla nel referendum. Schizofrenia pura. Michele Emiliano che resta nel Pd per sfidare Renzi, fa il patetico, finendo per legittimare la presenza di Renzi, mentre sarebbe stato meglio lasciarlo nella solitudine. Il resto che borbotta «sinistrorso» è illusione con Giuliano Pisapia, senza parlare di Nicola Fratoianni, eletto segretario di Sinistra italiana, volto permanente di bisogni personali per assicurarsi una poltroncina a garanzia della vecchiaia senza eccessive preoccupazioni. Il popolo dell’ex Pd si consoli con la celebre frase del marchese del Grillo: “Io so’ io e voi non siete un c…o”
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Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - Un missile lanciato dagli Houthi è caduto a Sharm el-Sheikh, nella penisola egiziana del Sinai. Lo ha riferito la radio dell'esercito israeliano, aggiungendo che l'Idf sta indagando per stabilire se il missile fosse diretto contro Israele.
Passo del Tonale, 15 mar.(Adnkronos) - Che l’aspetto competitivo fosse tornato ad essere il cuore pulsante di questa quinta edizione della Coppa delle Alpi era cosa già nota. Ai piloti il merito di aver offerto una gara esaltante, che nella tappa di oggi ha visto Alberto Aliverti e Francesco Polini, sulla loro 508 C del 1937, prendersi il primo posto in classifica scalzando i rivali Matteo Belotti e Ingrid Plebani, secondi al traguardo sulla Bugatti T 37 A del 1927. Terzi classificati Francesco e Giuseppe Di Pietra, sempre su Fiat 508 C, ma del 1938. La neve, del resto, è stata una compagna apprezzatissima di questa edizione della Coppa delle Alpi, contribuendo forse a rendere ancor più sfidante e autentica la rievocazione della gara di velocità che nel 1921 vide un gruppo di audaci piloti percorrere 2300 chilometri fra le insidie del territorio alpino, spingendo i piloti a sfoderare lo spirito audace che rappresenta la vera essenza della Freccia Rossa.
Nel pomeriggio di oggi, dalla ripartenza dopo la sosta per il pranzo a Baselga di Piné, una pioggia battente ha continuato a scendere fino all’arrivo sul Passo del Tonale, dove si è trasformata in neve. Neve che è scesa copiosa anche in occasione del primo arrivo di tappa a St. Moritz e ieri mattina, sul Passo del Fuorn. Al termine di circa 880 chilometri attraverso i confini di Italia, Svizzera e Austria, i 40 equipaggi in gara hanno finalmente tagliato il traguardo alle 17:30 di oggi pomeriggio all’ingresso della Pista Ghiaccio Val di Sole, dove hanno effettuato il tredicesimo ed ultimo Controllo Orario della manifestazione.
L’ultimo atto sportivo dell’evento è stato il giro nel circuito, all’interno del quale le vetture si sono misurate in una serie di tre Prove Cronometrate sulla neve fresca valide per il Trofeo Ponte di Legno, vinto da Francesco e Giuseppe Di Pietra. L’altro trofeo speciale, il Trofeo Città di Brescia, ovvero la sfida 1 vs 1 ad eliminazione diretta di mercoledì sera in Piazza Vittoria, era stato anch’esso vinto da Aliverti-Polini.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".