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Washington Post: “La democrazia muore nell’oscurità”. La scelta storica anti Trump

"È qualcosa che ci diciamo da tempo tra di noi parlando della nostra missione, ed abbiamo pensato che fosse una dichiarazione efficace e concisa che spiega chi siamo ai molti milioni di lettori che si sono rivolti a noi per la prima volta nell’ultimo anno", ha spiegato la portavoce del quotidiano, Kris Coratti

di Claudia Rossi

Democracy dies in darkness‘: la democrazia muore nell’oscurità. I tanti utenti che stamani mattina hanno visitato la homepage del Washington Post hanno trovato questa scritta sotto al nome del quotidiano. Il messaggio è forte e chiaro e grida a gran voce la posizione del prestigioso giornale contro Donald Trump. “Abbiamo iniziato nei giorni scorsi su Snapchat, ora lo diffonderemo su altre piattaforme. È qualcosa che ci diciamo da tempo tra di noi parlando della nostra missione, ed abbiamo pensato che fosse una dichiarazione efficace e concisa che spiega chi siamo ai molti milioni di lettori che si sono rivolti a noi per la prima volta nell’ultimo anno”, ha spiegato la portavoce del quotidiano, Kris Coratti. Una decisione, questa di dichiarare in modo netto e palese il pensiero del quotidiano sull’amministrazione di The Donald, che arriva nei giorni segnati dalla forte polemica tra il Presidente e la stampa: durante un summit con i manager dei principali canali televisivi, il tycoon ha attaccato i media colpevoli, a suo dire, di aver ostacolato la sua campagna elettorale e li ha definiti “un fottuto plotone di esecuzione“. La frase scelta dal Washington Post si rifà a un’affermazione fatta nei giorni scorsi da Bob Woodward, leggendario cronista del Watergate, che attaccando l’amministrazione Trump ha detto: “Senza il giornalismo, la democrazia muore nel buio”.

Da sempre tra i giornali più critici nei confronti di Trump, il quotidiano di Jeff Bezos ha messo insieme una squadra di “fact checker“, gli ormai noti controllori dei fatti,  per controllare minuto per minuto i primi 100 giorni da presidente del tycoon, già smascherato duramente dai media durante la campagna elettorale per affermazioni non corrispondenti alla realtà. Ebbene, secondo quanto riportato dal Washington Post, nei suoi primi 33 giorni alla Casa Bianca, Donald Trump ha rilasciato 132 dichiarazioni non corrette, fuorvianti o apertamente false. A ben guardare, Trump non avrebbe quindi lasciato passare un giorno senza dire qualcosa di falso: tra gli argomenti più gettonati per le sue ‘fake news‘, l’immigrazione, la storia personale e i posti di lavoro. L’argomento più gettonato da Trump è quello dell’immigrazione: il Post elenca ben 24 false dichiarazioni a riguardo, che per quasi la metà si concentrano nei giorni immediatamente successivi al 27 gennaio, giorno in cui ha annunciato il suo controverso Muslim Ban, attualmente bloccato dai giudici, che avrebbe voluto sancire il divieto d’ingresso nel Paese per i cittadini di 7 Paesi islamici.

Quello del Washington Post non è l’unico atteggiamento apertamente critico nei confronti di The Donald ostentato da un giornale: in campagna elettorale, nessun quotidiano tra i cento più importanti degli Stati Uniti ha appoggiato il candidato repubblicano. Dall’Atlantic a Usa Today passando per il Dallas Morning News, tutti contro il tycoon. “Le persone fanno bene a cancellare gli abbonamenti ai giornali di Dallas e dell’Arizona – aveva twittato Trump in campagna elettorale – E ora anche Usa Today perderà lettori”. Parole che tuttavia non trovano conferma nei fatti: l’atteggiamento critico nei confronti di The Donald manifestato dal WP, ad esempio, sta portando risultati più che positivi quanto a numero di lettori e nuove assunzioni e anche le altre testate storiche ‘bollate’ dal Presidente stanno registrando ottimi risultati in termini di vendite ed abbonamenti online.

 

 

 

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