Il Programma ambientale dell’Onu, l’Unep, ha lanciato #CleanSeas, una nuova campagna di pulizia e sensibilizzazione globale contro i rifiuti marini. Si calcola che ogni minuto si riversi in mare l’equivalente di un camion pieno di rifiuti, per un totale di 8 milioni di tonnellate di plastica l’anno. L’obiettivo delle Nazioni Unite è quello di eliminare entro il 2022 le principali fonti di inquinamento marino, dalle microplastiche in ambito cosmetico all’eccessivo uso di oggetti di plastica usa e getta, come buste e bottiglie.

L’iniziativa si rivolge a governi, industrie e consumatori con un appello a ridurre “urgentemente” la produzione e l’uso eccessivo di plastica che sta inquinando gli oceani, danneggiando la vita marina e minacciando anche la salute dell’uomo: le microplastiche che entrano nella catena alimentare, infatti, finiscono anche nei nostri piatti. Secondo i dati raccolti dall’Onu, entro il 2050 il 99% degli uccelli marini avrà ingerito della plastica. I rifiuti in mare hanno importanti conseguenze su 600 specie marine: il 15% di queste è oggi in via di estinzione.

Le Nazioni Unite puntano a innescare una trasformazione sostenibile in ogni settore: dalle abitudini delle persone a standard e politiche per ridurre la spazzatura. Alla campagna hanno già aderito dieci Paesi (Belgio, Costa Rica, Francia, Grenada, Indonesia, Norvegia, Panama, Saint Lucia, Sierra Leone e Uruguay): l’Indonesia ha promesso di ridurre la spazzatura marina del 70% entro il 2025, mentre l’Uruguay intende introdurre entro l’anno una tassa sui sacchetti di plastica.

Tra gli sponsor e i testimonial figurano la compagnia Dell Computer, l’attore Adrian Grenier e il cantante Jack Johnson. E proprio Johnson, come ha raccontato nei giorni scorsi LifeGate, ha recentemente preso parte a un documentario che indaga sulla situazione rifiuti degli oceani e sugli effetti distruttivi che la plastica ha sui mari e le creature che li popolano. Si intitola Smog of the Sea (“lo smog del mare”) e segue una spedizione di una settimana nel Mar dei Sargassi, cioè la porzione di Oceano Atlantico tra gli arcipelaghi delle Grandi Antille e le Azzorre.

Durante la spedizione, Johnson e i suoi compagni hanno scoperto che anche le acque più cristalline sono in realtà incredibilmente inquinate e infestate da migliaia di miliardi di minuscoli frammenti di plastica quasi invisibili. Si tratta di una vera e propria “nebbia”, sottolinea LifeGate, composta da microplastiche e nanoplastiche invisibili a occhio nudo e quasi impossibile da debellare. Secondo Marcus Eriksen, direttore di ricerca e capo della spedizione, l’unica soluzione possibile è “andare alla fonte”, ovvero ridurre l’uso della plastica e migliorare la gestione dei rifiuti per impedire che raggiungano l’acqua.

Il documentario completo

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