A questo punto sono più le città che si sono ritirate dalla corsa per le Olimpiadi del 2024 di quelle rimaste in corsa. E non certo per accordi politici, ma semplicemente per aver cambiato idea e non volere più i Giochi. Anche Budapest ha detto no ai cinque cerchi. Restano appena in due a giocarsi la (poco) ambita 33esima edizione dei Giochi: Los Angeles e Parigi, ciascuna con i suoi problemi. E potrebbero addirittura essere premiate entrambe, per il semplice fatto di essere rimaste in gara: visto che trovare candidate credibili sta diventando un’impresa, il presidente del Comitato internazionale (Cio), Thomas Bach, starebbe meditando sull’opportunità di assegnare ad entrambe un’edizione, stabilendo in un colpo solo sia la sede del 2024 che del 2028. Così da togliersi il pensiero per tutto il prossimo decennio.
L’ultima in ordine di tempo a dare forfait è stata Budapest. La quarta a tirarsi indietro: la prima era stata Boston, già nell’estate 2015, a causa dell’opposizione dell’opinione pubblica, sostituita a treno in corsa da Los Angeles; poi è toccato ad Amburgo, a seguito di un referendum popolare in cui il no aveva trionfato con il 51,6% dei voti; e quindi a Roma, per l’ormai celebre rifiuto della sindaca Virginia Raggi del Movimento 5 stelle. Il ritiro dell’Ungheria è una combinazione delle varie motivazioni precedenti: anche qui col passare dei mesi si era sviluppato un forte senso di contrarietà nella popolazione locale, tanto che Momentum (una forza politica di stampo socioliberista, che proprio come il M5s rifiuta la categoria di partito e preferisce chiamarsi “Movimento”) a inizio febbraio aveva annunciato di aver raccolto oltre 250mila firme per un referendum. Quasi il doppio della quota necessaria (138mila). È bastata la semplice minaccia di una consultazione per indurre il governo a fare un passo indietro: in un primo momento il Comitato organizzatore aveva provato a tener duro, ma ieri dopo un vertice tra il primo ministro Viktor Orban, il sindaco della Capitale Istvan Tarlos e il Comitato il ritiro è stato formalizzato.
Per il Cio non è una grave perdita. E in fondo neppure per l’Ungheria: Budapest non aveva alcuna chance di vedersi assegnata l’edizione del 2024. Vuoi per il poco prestigio rispetto a Paesi più organizzati (come gli Stati Uniti) o con un forte credito diplomatico (come la Francia), vuoi per le politiche xenofobe di Orban. Una candidatura debole e battuta in partenza è stata definitivamente azzoppata dallo scarso entusiasmo dell’opinione pubblica. Semmai il problema vero per il Cio è che si tratta dell’ennesimo ritiro, testimonianza della sempre minore appetibilità dei Giochi: ospitarli fa paura, per il costo della manifestazione, i dubbi sulle ricadute e la crisi economica che si fa sentire ad ogni lato del globo. E la riforma “low-cost” contenuta nella “Agenda 2020” non ha sortito alcun effetto.
Così a Losanna il presidente Bach starebbe pensando ad una mossa a sorpresa: assegnare in un colpo solo l’edizione 2024 (a Parigi, favorita, anche per una questione di alternanza continentale dopo Rio 2016 e Tokyo 2020), e quella 2028 (a Los Angeles). Ufficialmente perché una competizione “con troppi sconfitti” può risultare disincentivante nei confronti delle candidature. Ma la verità è che trovare Paesi disposti ad organizzare i Giochi sta diventando sempre più difficile e, assegnando due edizioni in un colpo solo, Bach risolverebbe il problema per i prossimi 15 anni, in attesa di tempi migliori. E poco importa che nessuna delle due città rappresenti la candidata ideale: su Parigi pesa l’incognita delle presidenziali (e della possibile vittoria della Le Pen), oltre alla perenne allerta terrorismo; Los Angeles paga la svolta in politica estera dell’amministrazione Trump. Parafrasando il fondatore De Coubertin, ormai per vincere i Giochi basta partecipare.