Non sono bastate due ore di discussione accesa in Campidoglio e un taglio “monstre” sulle cubature per oltre il 50% del progetto. Il Movimento 5 stelle si è spaccato sul nuovo stadio della Roma, con tanto di conta interna sommaria, accuse e recriminazioni. La grande opera (ora un po’ meno grande) di Tor di Valle a questo punto si farà. Come volevano Virginia Raggi, Beppe Grillo e un po’ tutti i vertici nazionali. Ma rischia di costare caro al Movimento, che per approvare la delibera necessaria a completare l’iter della Conferenza dei servizi potrebbe essere costretto addirittura a chiedere l’aiuto del Partito Democratico. Un patto col diavolo, o quasi, nell’ottica M5s.
Doveva essere il giorno decisivo per lo stadio della Roma. E a suo modo lo è stato: alla fine Comune e società giallorossa hanno trovato l’accordo che dovrebbe portare ad una conclusione positiva della Conferenza dei servizi, per cui però resta comunque probabile una proroga: c’è da superare l’ostacolo del vincolo della Soprintendenza sull’Ippodromo e produrre gli atti consiliari necessari. La soluzione prescelta è una nuova delibera dell’Assemblea, che andrà a sostituire quella precedente di Ignazio Marino, con i nuovi numeri e dimensioni del progetto. Non è stato facile però arrivarci. Ci sono volute ore e ore di confronto. Interno, però, visto che i nodi da sciogliere erano quasi tutti dentro alla maggioranza pentastellata: Raggi e Grillo, una volta avuta la certezza dell’ulteriore sforbiciata alle cubature, si ritenevano più che soddisfatti.
Così la Roma in mattinata ha formalizzato la nuova proposta al Comune. Dopo una giornata trascorsa in ospedale per accertamenti resi necessari per un malore avuto in mattinata, la sindaca ha riunito la sua squadra per spiegare il nuovo dossier insieme al suo staff, ai parlamentari-tutor Bonafede e Fraccaro e all’avvocato Lanzalone (nel mirino degli oppositori) e ottenere il sospirato via libera. Con risultati alterni: alcuni, una decina almeno, si sono convinti, altri lo erano già. Non tutti, però, hanno ceduto.
A far precipitare la situazione è stato proprio uno dei tanti pareri che la Raggi aveva richiesto all’avvocatura capitolina negli scorsi giorni: in particolare quello anticipato da IlFattoQuotidiano.it sulla possibile illegittimità della delibera 132 di pubblica utilità approvata dall’amministrazione Marino. L’origine di tutto, su cui i giuristi capitolini avrebbero effettivamente avanzato delle obiezioni. Alcuni consiglieri – i più contrari – hanno chiesto di poter visionare il parere, prima di esprimersi: “Perché dobbiamo votare qualcosa che è irregolare? Abbiamo sempre detto che il Movimento fa le cose nella legalità”. Ma le carte restano secretate: ai consiglieri ne viene spiegato solo il contenuto generale.
Le ore passano, la Roma aspetta col fiato sospeso negli uffici dello studio legale Tonucci (e comincia a spazientirsi). Non se ne viene a capo: “È dura, va per le lunghe”, filtra da Palazzo Senatorio. Allora si decide di votare: una conta interna, quasi una resa dei conti. In cui ciascuno resta sulle proprie posizioni: un paio di membri se ve vanno in polemica prima del voto, 3-4 si pronunciano contro o si astengono. Il vertice si conclude: lo stadio si farà. Ma la maggioranza era entrata ed esce spaccata dalla riunione. “Questa se la votano loro, noi non ci presentiamo”.
Ed è quello che potrebbe accadere: il M5s ha 29 consiglieri, se qualcuno non cambierà idea Virginia Raggi non potrà contare sulla sua maggioranza nel voto decisivo in aula, dove servono 25 sì. Certo, lo stadio non è a rischio: tutti i partiti d’opposizione si sono sempre detti a favore del progetto di Tor di Valle e ora difficilmente potrebbero tirarsi indietro per un mero calcolo politico. Ma per fare lo stadio il Movimento potrebbe essere costretto a chiedere aiuto al Partito Democratico.
Raggi e Grillo proveranno di sicuro a ricucire lo strappo, ma nemmeno la presenza nella Capitale per una settimana del garante è servita a richiamare all’ordine i pentastellati più recalcitranti. Anche perché contro lo stadio potrebbe scendere in campo anche Ferdinando Imposimato: il presidente emerito della Cassazione ha già fornito un parere negativo sul progetto ai consiglieri regionali M5s, nei prossimi giorni potrebbe tornare a parlare. E il suo è un nome che continua a riscuotere grande credito fra base e vertici del Movimento. L’accordo è fatto, la partita – almeno quella politica – non è ancora chiusa. Tra pareri nascosti, imposizioni dall’alto e possibili accordi forzati all’orizzonte, alla fine vola persino qualche insulto. “È diventato questo il Movimento 5 stelle a Roma?”, chiede un consigliere lasciando il Campidoglio, quando nella Capitale è ormai notte fonda e Virginia Raggi nel suo ufficio stringe la mano a Parnasi e Baldissoni.
Riceviamo e pubblichiamo
I consiglieri M5S Roma fanno sapere che i voti contrari sono stati tre ma l’impegno preso è che il gruppo vota in consiglio a maggioranza. Come è uso del M5S non solo nel consiglio comunale di Roma ma in tutti gli organi in cui è eletto