Come si fa a colare cemento perfino sulle dune delle spiagge del commissario Montalbano a Punta Religione, Marina di Modica? Come si fa a costruire un ristorante, un bar, servizi igienici vari, un rimessaggio per le tavole da surf e le canoe, una reception per un residence proprio su un’area che perfino le istituzioni europee considerano di enorme pregio ambientale e vorrebbero tutelare avendola dichiarata Sito di interesse comunitario? In Sicilia purtroppo si può. E infatti sta succedendo: dopo un lungo periodo in cui sembrava che i proponenti del progetto ci avessero ripensato, ora i lavori sono ripartiti a tutta forza. Su quelle dune che in qualsiasi altro posto del mondo, se ce l’avessero, rispetterebbero come un bene da curare e una bellezza da valorizzare, anche economicamente (ma non con il cemento), lì ora è un viavai di camion, ruspe, mezzi pesanti, betoniere che preparano le colate, ferri per le armature. Insomma, un brutto vedere.
La cosa ancora più sorprendente è che tutto ciò avviene nel rispetto formale e assoluto delle regole. Almeno di quelle regole che tra decreti, delibere, interrogazioni parlamentari, sospensioni, autorizzazioni, esposti, timbri e controtimbri, alla fine chissà come e chissà perché stanno rendendo possibile ciò che il semplice buonsenso consiglierebbe di vietare. È una vicenda estenuante, che tra alti e bassi, avvio dei lavori, ritorni di fiamma e successivi abbandoni, si trascina da 13 anni. Ora purtroppo siamo a una svolta che prelude al peggiore epilogo possibile. Il progetto immobiliare è un’appendice sulla sabbia, a un passo dal mare, di un complesso turistico massiccio a cavallo della strada litoranea. Nella parte verso l’interno stanno tirando su un residence a 4 stelle: non è il massimo, per farlo hanno dovuto approvare una generosa variante al piano regolatore, ma almeno quella struttura non spiana le dune. Non contenti, però, si sono voluti allargare spingendosi anche dall’altra parte della strada, sulle dune appunto, in un’area protetta sulla quale c’era uno stabilimento balneare con cabine di legno che tre anni fa, però, sono state bruciate con un incendio di origine quasi sicuramente dolosa, ma di cui non sono stati trovati gli autori. Le due parti del complesso turistico sono collegate da un tunnel scavato sotto la litoranea.
Dietro al progetto il cui nome ufficiale è Centro turistico Itaparica della società Portosalvo Due, c’è Nino Minardo e la sua formidabile famiglia: Saro, il padre, Riccardo, lo zio, e Raimondo il fratello. Saro detto “il petroliere”, è il capostipite e il cervello della dinastia. È detto il petroliere perché proprietario di numerose pompe di benzina nell’isola, un tempo anche in accordo con la Tamoil, e poi perché le sue fortune cominciarono distribuendo a scuole, ospedali e edifici pubblici il gasolio prelevato dalle raffinerie di Augusta. Saro è uno che dà dal del tu ai ministri che ospita volentieri nella sua villa di Modica con annesso eliporto. A fargli visita sono andati pezzi da novanta della politica siciliana: Angelino Alfano, ora ministro degli Esteri, e Renato Schifani, uno dei big con Silvio Berlusconi imperante, poi presidente del Senato.
Il fratello di Saro, Riccardo, è stato invece senatore e deputato di Forza Italia, poi passato con Raffaele Lombardo, infine eletto anche all’Assemblea siciliana e nell’aprile del 2011 arrestato con le accuse di associazione a delinquere, truffa aggravata e malversazione ai danni dello Stato, per una presunta “gestione privatistica” di fondi europei. Nei suoi confronti era stata aperta un’altra inchiesta, per una presunta truffa all’Inps – che aveva coinvolto 66 indagati – e che è approdata ad un’assoluzione in primo grado. Poi ci sono i giovani Nino e Raimondo. Quest’ultimo ricalca le orme petrolifere del padre, è socio di una società che gestisce la nave cisterna galleggiante collegata alla piattaforma Vega A che succhia petrolio in mare al largo di Pozzallo. Nino, infine, ha raccolto il testimone dallo zio Riccardo e anche lui si è buttato in politica, deputato eletto nelle liste del Popolo delle libertà poi passato all’Ncd con Alfano. Come lo zio, anche Nino ha i suoi guai con la giustizia essendo stato condannato nel 2011 in primo grado con il rito abbreviato ad un anno di reclusione per abuso d’ufficio e nonostante ciò ricandidato alle elezioni di due anni dopo. Quella condanna, scontata fino a otto mesi, è poi stata confermata dalla Cassazione nell’aprile del 2014.
Contro il progetto spianadune da anni si batte con ostinazione un gruppo di cittadini e ambientalisti di Modica e Ragusa. Di fronte alla ripresa dei lavori i circoli di Legambiente si sono rivolti all’assessore regionale al Territorio e al sindaco di Modica per segnalare non solo la gravità di tutta l’operazione, ma il fatto che nel concreto le costruzioni vengono realizzate fuori e oltre i limiti previsti dai permessi. Con flemma hanno risposto che la Forestale farà gli accertamenti del caso. Magari quando il cemento sarà bello solido come si deve.
Riceviamo e pubblichiamo da Minardo Rosario, Minardo Raimondo e Minardo Antonino:
-I sigg.ri Riccardo Minardo e Antonino Minardo sono totalmente estranei alla società PortosalvoDue s.r.l. e non partecipano in alcun modo, neppure indirettamente, al progetto edificatorio in atto a Marina di Modica;
-Totalmente destituita di fondamento e l‘asserzione Secondo la quale la casa di proprietà del sig. Rosario Minardo sia una villa con annesso eliporto;
-Totalmente falsa è l‘asserzione secondo la quale il progetto di edificazione abbia usufruito di una qualsivoglia variate al piano regolatore;
-Totalmente falsa e calunniosa è l‘asserzione secondo la quale le strutture in corso di costruzione vengano realizzate fuori e oltre i limiti previsti dai permessi.