Non regalatevi mimose, quest’anno: scioperate. L’8 marzo ci sarà una mobilitazione delle donne che coinvolgerà 40 Paesi del mondo e a cui parteciperanno milioni di donne. Anche il movimento Women’s March ha aderito.
In Italia lo sciopero delle donne con astensione dal lavoro produttivo e riproduttivo (lavoro di cura) è stato promosso dalla rete Non una di meno che il 26 e 27 novembre 2016 ha portato nelle strade di Roma più di 200mila tra donne e uomini contro la violenza maschile sulle donne. Il 4 e 5 febbraio scorso a Bologna è proseguito il confronto su otto tavoli tematici (cominciato il 27 novembre) per redigere il Piano nazionale antiviolenza e preparare 8 punti per l’8 marzo. Nella Giornata internazionale della donna si sciopererà realmente o simbolicamente con assemblee, cortei in numerose città, presidi e piazze tematiche, flash mob e proteste sul web (Twitter storm).
L’8 marzo si fermeranno lavoratrici precarie, dipendenti, autonome e disoccupate e si stanno organizzando diversi scioperi e assemblee nelle strutture sanitarie, nelle aziende, nelle università e nelle scuole grazie alla copertura sindacale per 24 h, nei settori pubblico e privato, di Cgil Flc e delle organizzazioni sindacali di base (Cobas, Usb, Slai, Cobas, Usi, Sgb). Se nel luogo di lavoro non ci sono le organizzazioni che hanno indetto lo sciopero e se non siete iscritte a un sindacato, è possibile scioperare. Come? Basta leggere il Vademecum.
L’1 marzo la Cgil ha inviato una lettera a Non una di meno: “L’8 marzo parteciperemo a tutte le iniziative che si svolgeranno nei territori, insieme ai tanti soggetti che si mobilitano e, dove possibile, saremo promotrici di iniziative – dalle assemblee alle manifestazioni, fino allo sciopero – che siamo pronte a proclamare in ogni luogo di lavoro in cui se ne verifichino le condizioni e il consenso delle delegate e delle lavoratrici ad attuarlo. Non ci sfugge il valore simbolico dello slogan ‘Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo!‘, come non ci sfugge il valore di una mobilitazione che assume caratteristiche globali. Siamo parte di questo movimento con la nostra elaborazione, le nostre relazioni, la voglia di continuo confronto e allargamento del movimento”.
Un particolare invito allo sciopero è rivolto a chi lavora nella comunicazione che potrà unirsi alla mobilitazione con iniziative simboliche, indossando un capo o una fascia color nero o fucsia. Da anni, il movimento delle donne denuncia il ruolo negativo della pubblicità, di certa carta stampata, certa televisione e recentemente di gran parte dei nuovi media che veicolano contenuti e immagini sessiste che alimentano una subcultura violenta contro le donne. Si critica la narrazione del femminicidio nella cronaca nera o nei programmi trash che ne fanno addirittura intrattenimento sulla pelle delle vittime diffondendo stereotipi, volgarità e ingiurie che rappresentano una vera e propria violenza di gran parte dei media contro le donne.
Alla rete #nonunadimeno aderisce anche D.i.Re, Donne in rete contro la violenza. Per la prima volta anche i 77 centri antiviolenza che fanno parte della rete parteciperanno a uno sciopero: chiuderanno o rimarranno aperti in assemblea e sospenderanno la partecipazione a eventi istituzionali perché i luoghi che accolgono le donne vittime di violenza non sono né assistenziali, né istituzionali, sono luoghi vissuti da donne che affrontano il tema della violenza maschile come un problema culturale e politico. Sulle note di una celebre canzone del 1963, You don’t own me (Non sono tua) cantata dalla 17enne Leslie Gore, inno alla libertà e alla autodeterminazione per diverse generazioni di donne e per le femministe nordamericane, D.i.Re ha lanciato tre brevi video per invitare tutte le donne a far parte di una mobilitazione planetaria e a incrociare le braccia l’8 marzo perché “Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo”.