L’indagato può restare al suo posto, il testimone che lo accusa davanti ai magistrati, invece, deve andare via. È questo, in estrema sintesi, il dibattito surreale che ha animato il Parlamento in relazione ai vari protagonisti dell’inchiesta Consip, almeno fino a questo momento. L’indagine delle procure di Roma e Napoli sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione è ormai diventata argomento di rovente dibattito anche tra i corridoi di palazzo Madama e Montecitorio. Non potrebbe essere diversamente visto che coinvolge – tra gli altri – il ministro Luca Lotti e Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier, attuale azionista di maggioranza del governo di Paolo Gentiloni. Indagati rispettivamente per rivelazione di segreto e concorso in traffico d’influenze, sono stati tirati in ballo Luigi Marroni, il numero uno di Consip difeso a spada tratta fino ad oggi dal ministro Pier Carlo Padoan, che nei prossimi giorni da teste chiave dell’accusa sarà interrogato dagli avvocati di Renzi senior.
Il teste vada via, l’indagato resti – Stando così le cose, dunque, deputati e senatori dovrebbero interrogarsi sull’opportunità delle dimissioni da ministro di Luca Lotti, unico componente dell’esecutivo indagato nell’inchiesta. E invece tra palazzo Madama e Montecitorio, parlamentari di ogni schieramento chiedono da giorni di cacciare Marroni. Una richiesta surreale, visto che Marroni non è solo il teste chiave dell’inchiesta che imbarazza il Giglio magico, ma è anche l’accusatore principale dello stesso Lotti e di Renzi senior. “Tiziano Renzi mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste di Russo (Carlo, imprenditore vicino al padre dell’ex premier ndr) e di dargli una mano perché era un suo amico”, è una delle tante dichiarazioni messe a verbale da Marroni, che ai pm ha anche raccontato di avere saputo “da Luca Lotti” del’esistenza “di un’indagine che riguardava anche l’imprenditore Romeo“.
Il nodo: Marroni come teste della difesa – La questione delle dimissioni del numero uno di Consip, però, al momento non è soltanto un controsenso giuridico ma acquisirà nei prossimi giorni una valenza squisitamente politica. Il teste principale dei pm che indagano su Lotti, infatti, sarà presto interrogato anche dai legali di Tiziano Renzi, accusato di concorso in traffico di influenze. La chiamata di Marroni come teste della difesa – figura prevista dallo strumento delle indagini difensive – è in pratica un passaggio fondamentale di una delicatissima partita a scacchi che si gioca tra il Parlamento e i palazzi di giustizia. Come ha raccontato Marco Lillo sul Fatto Quotidiano, infatti, davanti alla difesa di Renzi senior, il manager dovrà decidere se confermare quanto detto ai pm o se invece provare smussare le sue parole a beneficio del ministro Lotti e del padre dell’ex premier, facendo quindi crollare l’inchiesta delle procure capitoline e partenopee. Un’ipotesi da tenere in considerazione soprattutto alla luce del fatto che fino a questo momento l’ad è rimasto al suo posto perché così ha deciso il ministro Pier Carlo Padoan, nominato dalla stessa persona che di fatto ha voluto lui, e cioè Matteo Renzi.
La difesa di Padoan: “L’ad può restare” – E in attesa di capire cosa risponderà Marroni agli avvocati di Renzi senior è lo stesso ministro del Tesoro che rinnova la sua fiducia al manager davanti al Parlamento. “L’ad di Consip non si trova in una condizione per la quale lo statuto della società contempli la decadenza“, ha detto Padoan, durante il question time alla Camera, rispondendo alle interrogazioni di Sel ed Forza Italia. “Quanto alla nomina dell’amministratore di Consip – ha spiegato il ministro – è stato individuato nell’esercizio delle prerogative dell’organo di indirizzo politico l’ingegner Marroni quale profilo idoneo per ricoprire l’incarico previa verifica dei requisiti di elegibilità, professionalità, onorabilità ed autonomia che è avvenuta da parte del Dipartimento del Tesoro sulla base della significativa esperienza testata dal profilo professionale”.
Brunetta, Quagliariello e gli altri: “Via Marroni” – Una risposta che non ha soddisfatto Renato Brunetta. “Siamo alla follia -ha sbottato il capogruppo forzista – Di fronte a una lampante violazione di legge, di statuto e di correttezza politica istituzionale lei mi risponde così, in maniera apodittica“. “La risposta del ministro Padoan alla nostra interrogazione sulle nomine alla Consip è grave”, ha invece detto Stefano Fassina, annunciando la presentazione di “un esposto all’Anac per violazione della normativa sulla selezione dei vertiti delle società pubbliche”. La spiegazione di Padoan, però, sembra fatta apposta per neutralizzare ad un’altra istanza, quella sollevata appena ieri al Senato da Gaetano Quagliariello e Andrea Augello. “La condotta del dottor Marroni orgogliosamente rivendicata nelle sue esternazioni sulla stampa, viola il punto 3.2 lettera c del Codice etico della Consip, che raccomanda ai destinatari di operare nei rapporti con i terzi con imparzialità, trasparenza e correttezza, evitando di instaurare relazioni che siano frutto di sollecitazioni esterne o che possano generare un conflitto di interesse”, si legge nella mozione firmata dall’ex ministro che chiede in pratica la defenestrazione del numero uno di Consip.
La doppia morale: “Via Marroni, ma non Lotti” – Di segno opposto, invece, il parere di Quagliariello sulla mozione di sfiducia promossa contro Lotti, che arriverà al Senato il 15 marzo prossimo, dopo essere invece stata ritirata alla Camera. “Personalmente non vedo elementi per chiedere le dimissioni del ministro. Dimissioni che ritengo al momento premature”, ha detto l’ex saggio di Giorgio Napolitano, mentre un altro esponente dell’opposizione – e cioè il deputato di Forza Italia Niccolò Ghedini, storico avvocato di Silvio Berlusconi – ha bollato come “del tutto sbagliata” la richiesta di “dimissioni di un ministro sulla base di uno stillicidio non verificabile”. Non voteranno la mozione di sfiducia contro l’ex sottosegretario renziano neanche i parlamentari di Democratici e progressisti, e cioè gli scissionisti appena usciti dal Pd. “Se ne deve andare Marroni o Lotti? La risposta su questo la deve dare il presidente del Consiglio”, ha detto il governatore della Toscana, Enrico Rossi in versione ponzio pilatesca.
La previsione di Delrio: “Se il manager mente se ne deve andare” – Sul “ballottaggio” Lotti-Marroni – manco fossero Barabba e Gesù, ha le idee più chiare uno storico renziano della prima ora come Graziano Delrio.“La magistratura dovrà accertare la verità. Se l’accusa dell’amministratore delegato di Consip Marroni a Lotti verrà smentita dalla magistratura deve assolutamente dimettersi”, dice il ministro dei Trasporti, che in pratica sembra prevedere quasi un cambio di direzione nell’indagine degli inquirenti. I quali, per la verità, fino ad oggi sembrano convinti della genuinità delle parole di Marroni, che infatti non solo non è indagato – almeno fino a questo momento ha deposto solo come persona informata sui fatti – ma non è stato neanche denunciato da Lotti. “I reati ipotizzabili in danno dell’onorevole Lotti sono tutti procedibili d’ufficio e non richiedono pertanto querela, faccio presente che l’onorevole Lotti si è già difeso respingendo come false le propalazioni sulla sua persona”, ha detto l’avvocato Franco Coppi, provando a motivare la mancata denuncia del ministro nei confronti di Marroni. In realtà, però, Lotti avrebbe comunque potuto denunciare Marroni per calunnia autonomamente. Se non l’ha fatto è perché evidentemente spera che dall’interrogatorio del numero uno di Consip davanti ai legali di Renzi senior emerga una qualche novità che magari ridimensioni le accuse ai suoi danni.
Politica
Consip, dibattito surreale in Parlamento: “Il superteste Marroni vada via”. E l’indagato Lotti? “Può restare ministro”
L'indagine delle procure di Roma e Napoli è ormai diventata argomento di rovente dibattito anche tra i corridoi di Senato e Camera. Solo che invece di interrogarsi sull'opportunità delle dimissioni dell'ex sottosegretario renziano, indagato per rivelazione di segreto, parlamentari di ogni schieramento chiedono da giorni di cacciare il manager, supertestimone dell'accusa. Il quale nei prossimi giorni potrebbe anche ritrattare le sue dichiarazioni: sarà infatti interrogato come teste della difesa di Renzi senior
L’indagato può restare al suo posto, il testimone che lo accusa davanti ai magistrati, invece, deve andare via. È questo, in estrema sintesi, il dibattito surreale che ha animato il Parlamento in relazione ai vari protagonisti dell’inchiesta Consip, almeno fino a questo momento. L’indagine delle procure di Roma e Napoli sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione è ormai diventata argomento di rovente dibattito anche tra i corridoi di palazzo Madama e Montecitorio. Non potrebbe essere diversamente visto che coinvolge – tra gli altri – il ministro Luca Lotti e Tiziano Renzi, il padre dell’ex premier, attuale azionista di maggioranza del governo di Paolo Gentiloni. Indagati rispettivamente per rivelazione di segreto e concorso in traffico d’influenze, sono stati tirati in ballo Luigi Marroni, il numero uno di Consip difeso a spada tratta fino ad oggi dal ministro Pier Carlo Padoan, che nei prossimi giorni da teste chiave dell’accusa sarà interrogato dagli avvocati di Renzi senior.
Il teste vada via, l’indagato resti – Stando così le cose, dunque, deputati e senatori dovrebbero interrogarsi sull’opportunità delle dimissioni da ministro di Luca Lotti, unico componente dell’esecutivo indagato nell’inchiesta. E invece tra palazzo Madama e Montecitorio, parlamentari di ogni schieramento chiedono da giorni di cacciare Marroni. Una richiesta surreale, visto che Marroni non è solo il teste chiave dell’inchiesta che imbarazza il Giglio magico, ma è anche l’accusatore principale dello stesso Lotti e di Renzi senior. “Tiziano Renzi mi chiese di fare il possibile per assecondare le richieste di Russo (Carlo, imprenditore vicino al padre dell’ex premier ndr) e di dargli una mano perché era un suo amico”, è una delle tante dichiarazioni messe a verbale da Marroni, che ai pm ha anche raccontato di avere saputo “da Luca Lotti” del’esistenza “di un’indagine che riguardava anche l’imprenditore Romeo“.
Il nodo: Marroni come teste della difesa – La questione delle dimissioni del numero uno di Consip, però, al momento non è soltanto un controsenso giuridico ma acquisirà nei prossimi giorni una valenza squisitamente politica. Il teste principale dei pm che indagano su Lotti, infatti, sarà presto interrogato anche dai legali di Tiziano Renzi, accusato di concorso in traffico di influenze. La chiamata di Marroni come teste della difesa – figura prevista dallo strumento delle indagini difensive – è in pratica un passaggio fondamentale di una delicatissima partita a scacchi che si gioca tra il Parlamento e i palazzi di giustizia. Come ha raccontato Marco Lillo sul Fatto Quotidiano, infatti, davanti alla difesa di Renzi senior, il manager dovrà decidere se confermare quanto detto ai pm o se invece provare smussare le sue parole a beneficio del ministro Lotti e del padre dell’ex premier, facendo quindi crollare l’inchiesta delle procure capitoline e partenopee. Un’ipotesi da tenere in considerazione soprattutto alla luce del fatto che fino a questo momento l’ad è rimasto al suo posto perché così ha deciso il ministro Pier Carlo Padoan, nominato dalla stessa persona che di fatto ha voluto lui, e cioè Matteo Renzi.
La difesa di Padoan: “L’ad può restare” – E in attesa di capire cosa risponderà Marroni agli avvocati di Renzi senior è lo stesso ministro del Tesoro che rinnova la sua fiducia al manager davanti al Parlamento. “L’ad di Consip non si trova in una condizione per la quale lo statuto della società contempli la decadenza“, ha detto Padoan, durante il question time alla Camera, rispondendo alle interrogazioni di Sel ed Forza Italia. “Quanto alla nomina dell’amministratore di Consip – ha spiegato il ministro – è stato individuato nell’esercizio delle prerogative dell’organo di indirizzo politico l’ingegner Marroni quale profilo idoneo per ricoprire l’incarico previa verifica dei requisiti di elegibilità, professionalità, onorabilità ed autonomia che è avvenuta da parte del Dipartimento del Tesoro sulla base della significativa esperienza testata dal profilo professionale”.
Brunetta, Quagliariello e gli altri: “Via Marroni” – Una risposta che non ha soddisfatto Renato Brunetta. “Siamo alla follia -ha sbottato il capogruppo forzista – Di fronte a una lampante violazione di legge, di statuto e di correttezza politica istituzionale lei mi risponde così, in maniera apodittica“. “La risposta del ministro Padoan alla nostra interrogazione sulle nomine alla Consip è grave”, ha invece detto Stefano Fassina, annunciando la presentazione di “un esposto all’Anac per violazione della normativa sulla selezione dei vertiti delle società pubbliche”. La spiegazione di Padoan, però, sembra fatta apposta per neutralizzare ad un’altra istanza, quella sollevata appena ieri al Senato da Gaetano Quagliariello e Andrea Augello. “La condotta del dottor Marroni orgogliosamente rivendicata nelle sue esternazioni sulla stampa, viola il punto 3.2 lettera c del Codice etico della Consip, che raccomanda ai destinatari di operare nei rapporti con i terzi con imparzialità, trasparenza e correttezza, evitando di instaurare relazioni che siano frutto di sollecitazioni esterne o che possano generare un conflitto di interesse”, si legge nella mozione firmata dall’ex ministro che chiede in pratica la defenestrazione del numero uno di Consip.
La doppia morale: “Via Marroni, ma non Lotti” – Di segno opposto, invece, il parere di Quagliariello sulla mozione di sfiducia promossa contro Lotti, che arriverà al Senato il 15 marzo prossimo, dopo essere invece stata ritirata alla Camera. “Personalmente non vedo elementi per chiedere le dimissioni del ministro. Dimissioni che ritengo al momento premature”, ha detto l’ex saggio di Giorgio Napolitano, mentre un altro esponente dell’opposizione – e cioè il deputato di Forza Italia Niccolò Ghedini, storico avvocato di Silvio Berlusconi – ha bollato come “del tutto sbagliata” la richiesta di “dimissioni di un ministro sulla base di uno stillicidio non verificabile”. Non voteranno la mozione di sfiducia contro l’ex sottosegretario renziano neanche i parlamentari di Democratici e progressisti, e cioè gli scissionisti appena usciti dal Pd. “Se ne deve andare Marroni o Lotti? La risposta su questo la deve dare il presidente del Consiglio”, ha detto il governatore della Toscana, Enrico Rossi in versione ponzio pilatesca.
La previsione di Delrio: “Se il manager mente se ne deve andare” – Sul “ballottaggio” Lotti-Marroni – manco fossero Barabba e Gesù, ha le idee più chiare uno storico renziano della prima ora come Graziano Delrio.“La magistratura dovrà accertare la verità. Se l’accusa dell’amministratore delegato di Consip Marroni a Lotti verrà smentita dalla magistratura deve assolutamente dimettersi”, dice il ministro dei Trasporti, che in pratica sembra prevedere quasi un cambio di direzione nell’indagine degli inquirenti. I quali, per la verità, fino ad oggi sembrano convinti della genuinità delle parole di Marroni, che infatti non solo non è indagato – almeno fino a questo momento ha deposto solo come persona informata sui fatti – ma non è stato neanche denunciato da Lotti. “I reati ipotizzabili in danno dell’onorevole Lotti sono tutti procedibili d’ufficio e non richiedono pertanto querela, faccio presente che l’onorevole Lotti si è già difeso respingendo come false le propalazioni sulla sua persona”, ha detto l’avvocato Franco Coppi, provando a motivare la mancata denuncia del ministro nei confronti di Marroni. In realtà, però, Lotti avrebbe comunque potuto denunciare Marroni per calunnia autonomamente. Se non l’ha fatto è perché evidentemente spera che dall’interrogatorio del numero uno di Consip davanti ai legali di Renzi senior emerga una qualche novità che magari ridimensioni le accuse ai suoi danni.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.