Lo strumento con cui il governo Renzi avrebbe dovuto combattere il lavoro nero, nel Salento, è finito nelle tasche delle cosche di mafia. A Parabita (Lecce) il clan Giannelli, sodalizio storico della Sacra Corona Unita, ha sostenuto nel 2015 l’ultima campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali, ricevendo in cambio una serie di favori. Ma risalgono a prima ancora gli scambi tra l’amministrazione e il clan che in città tutto poteva: dall’assunzione di sodali nella ditta che gestisce la raccolta dei rifiuti all’occupazione abusiva di case popolari, dalla gestione di negozi per investire il denaro sporco fino, appunto, all’assegnazione (viziata) di voucher per prestazioni lavorative occasionali. È tutto documentato nella relazione che il prefetto di Lecce Claudio Palomba ha inviato a novembre 2016 al ministero dell’Interno e che ha costituito parte integrante della proposta di scioglimento del consiglio comunale di Parabita, consegnata il 15 febbraio scorso dal ministro Marco Minniti al presidente della Repubblica. Il consiglio dei ministri ha poi deliberato lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata dell’assise cittadina il 17 febbraio e Sergio Mattarella ha firmato il decreto il 4 marzo.
“Ex vicesindaco può favorire ancora il clan”. Il sindaco fa ricorso
La commissione straordinaria (composta dai viceprefetti Andrea Cantadori, Gerardo Quaranta e al dirigente Sebastiano Giangrande) per i 18 mesi di incarico, fino alle prossime elezioni, avrà il compito di “rimuovere gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico”, ma dalla relazione del prefetto e dalla proposta del ministro emergono nuovi dettagli. Non si parla solo dell’ex vicesindaco di Parabita ed ex assessore ai Servizi sociali Giuseppe Provenzano, lista civica Uniti per Parabita (centrodestra), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e già arrestato a dicembre 2015 nell’ambito della maxi-operazione “Coltura”, insieme ad altre 21 persone. Se lo stesso Provenzano, infatti, come documentato dalle intercettazioni, si autodefiniva il “santo in Paradiso” del clan, è anche vero che Minniti ha ricordato come sia stata la stessa Corte di Cassazione, in una sentenza dell’aprile 2016 (quindi successiva al blitz), a sottolineare il rischio che l’ex vicesindaco “potesse continuare a favorire esponenti del sodalizio criminale, anche grazie ai contatti con amministratori ancora in carica e indicati come vicini all’associazione mafiosa”. Eppure il primo cittadino Alfredo Cacciapaglia non ci sta e, ritenendo di aver agito sempre all’insegna della legalità, già nei giorni scorsi ha annunciato ricorso contro il decreto di scioglimento.
L’indagine e i rapporti con il clan Giannelli
La maxioperazione fu l’epilogo di un’indagine condotta dai carabinieri del Ros, che fecero luce sui rapporti tra l’amministrazione e il clan Giannelli, sodalizio legato al boss storico Luigi Giannelli (condannato all’ergastolo). A gestire gli affari di famiglia era Marco Antonio Giannelli (tra gli arrestati), al secolo “il Direttore“, figlio del boss. L’inchiesta è alla base anche della relazione della commissione d’inchiesta che ha indagato proprio sul rapporto tra il clan e l’amministrazione comunale di Parabita. Nel frattempo, il 12 ottobre scorso, nel giudizio abbreviato il gup Michele Toriello ha inflitto 18 condanne (20 anni a Marco Giannelli). Provenzano ha scelto il rito ordinario. Nella proposta del ministro Minniti “si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di un loro condizionamento” e della capacità del sodalizio “di inquinare l’amministrazione comunale di Parabita”.
“Il patto col gruppo mafioso per la campagna elettorale”
Nella relazione del ministro si sottolinea il ruolo dell’ex vicesindaco Provenzano, come “veicolo consapevole per favorire gli interessi criminali, sulla base di un vero e proprio patto di scambio politico-mafioso”. Secondo questa tesi, “pur non essendo inserito organicamente nel sodalizio”, l’amministratore “si è dimostrato a completa disposizione del clan”. Si parte dal voto di scambio: il gruppo mafioso, infatti, “ha pubblicamente e palesemente sostenuto la campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali”. Una vicinanza evidente anche dalle esternazioni che i vertici del sodalizio hanno pubblicato in rete sulla vittoria elettorale incassata a maggio 2015.
Voucher, rifiuti, alloggi popolari: i presunti favori
Nella proposta di scioglimento si fa poi riferimento all’assegnazione di contributi economici e voucher per prestazioni lavorative occasionali avvenuta con “procedura viziata”, ossia dopo un sorteggio pubblico che si svolgeva alla presenza di dipendenti del Comune o di soggetti non identificati. Tra i beneficiari, i soliti esponenti della criminalità organizzata, loro familiari o persone frequentate abitualmente dai sodali. Il prefetto Palomba ha descritto l’impegno dell’amministrazione ad assumere appartenenti al clan presso la ditta che gestisce la raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune.
Anche la commissione d’indagine ha messo in luce “le discutibili modalità di affidamento del servizio di igiene urbana” a una ditta che si è aggiudicata l’appalto alla fine di un procedimento che si era concluso a favore di un’altra impresa, la cui offerta è stata poi ritenuta anomala dalla commissione di gara. E, sempre, in tema, c’è la questione delle assunzioni del capoclan e di due sodali all’interno della stessa ditta, dal gennaio 2010 (poco prima dell’insediamento del sindaco, all’epoca al suo primo mandato). I tre sono stati poi stabilizzati il 3 aprile 2013, cosa che ha comportato “un aumento del costo annuale del servizio”. Si è passati dai 945mila euro del 2012 (con 27 dipendenti a tempo indeterminato) a un milione e 45mila euro del 2013 (con 33 dipendenti), per un costo di 100mila euro per l’ente. Tuttora l’impresa in questione svolge la propria attività grazie a diverse proroghe, disposte dal Comune con ordinanze sindacali e delibere di giunta in attesa delle procedure di gara dell’ambito.
Ma il Comune non avrebbe fatto nulla nemmeno per contrastare l’occupazione abusiva degli edifici pubblici, permettendo anzi che esponenti del clan utilizzassero senza alcun diritto gli alloggi popolari. Il sindaco avrebbe, invece, “requisito con propria ordinanza alcuni beni, destinandoli a soggetti che non rientravano nella graduatoria ufficiale degli aventi diritto”. Tra queste persone, anche un pregiudicato che era solito frequentare il clan. Ci sarebbero, poi, stati dei contatti tra l’amministrazione e il sodalizio affinché Marco Antonio Giannelli potesse riciclare il denaro sporco in attività commerciali, attraverso un prestanome.
E mentre il 10 gennaio 2016, in occasione di un incontro di calcio al campo sportivo comunale, un gruppo di tifosi ha inneggiato slogan in favore del vicesindaco che era stato arrestato poche settimane prima, il sindaco e alcuni assessori si sono guardati bene dal partecipare alla marcia per la legalità, organizzata a Parabita in concomitanza con l’incontro di calcio ed alla quale erano invece presenti i consiglieri di minoranza e tre di maggioranza.
Giustizia & Impunità
Parabita, dal Comune sciolto per mafia soldi ai clan tramite i voucher
La relazione del prefetto di Lecce sull'infiltrazione dei clan nella giunta: gli accordi con il clan della Scu Giannelli riguardavano i rifiuti, le case popolari, ma anche l'assegnazione dei buoni-lavoro
Lo strumento con cui il governo Renzi avrebbe dovuto combattere il lavoro nero, nel Salento, è finito nelle tasche delle cosche di mafia. A Parabita (Lecce) il clan Giannelli, sodalizio storico della Sacra Corona Unita, ha sostenuto nel 2015 l’ultima campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali, ricevendo in cambio una serie di favori. Ma risalgono a prima ancora gli scambi tra l’amministrazione e il clan che in città tutto poteva: dall’assunzione di sodali nella ditta che gestisce la raccolta dei rifiuti all’occupazione abusiva di case popolari, dalla gestione di negozi per investire il denaro sporco fino, appunto, all’assegnazione (viziata) di voucher per prestazioni lavorative occasionali. È tutto documentato nella relazione che il prefetto di Lecce Claudio Palomba ha inviato a novembre 2016 al ministero dell’Interno e che ha costituito parte integrante della proposta di scioglimento del consiglio comunale di Parabita, consegnata il 15 febbraio scorso dal ministro Marco Minniti al presidente della Repubblica. Il consiglio dei ministri ha poi deliberato lo scioglimento per infiltrazioni da parte della criminalità organizzata dell’assise cittadina il 17 febbraio e Sergio Mattarella ha firmato il decreto il 4 marzo.
“Ex vicesindaco può favorire ancora il clan”. Il sindaco fa ricorso
La commissione straordinaria (composta dai viceprefetti Andrea Cantadori, Gerardo Quaranta e al dirigente Sebastiano Giangrande) per i 18 mesi di incarico, fino alle prossime elezioni, avrà il compito di “rimuovere gli effetti pregiudizievoli per l’interesse pubblico”, ma dalla relazione del prefetto e dalla proposta del ministro emergono nuovi dettagli. Non si parla solo dell’ex vicesindaco di Parabita ed ex assessore ai Servizi sociali Giuseppe Provenzano, lista civica Uniti per Parabita (centrodestra), accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e già arrestato a dicembre 2015 nell’ambito della maxi-operazione “Coltura”, insieme ad altre 21 persone. Se lo stesso Provenzano, infatti, come documentato dalle intercettazioni, si autodefiniva il “santo in Paradiso” del clan, è anche vero che Minniti ha ricordato come sia stata la stessa Corte di Cassazione, in una sentenza dell’aprile 2016 (quindi successiva al blitz), a sottolineare il rischio che l’ex vicesindaco “potesse continuare a favorire esponenti del sodalizio criminale, anche grazie ai contatti con amministratori ancora in carica e indicati come vicini all’associazione mafiosa”. Eppure il primo cittadino Alfredo Cacciapaglia non ci sta e, ritenendo di aver agito sempre all’insegna della legalità, già nei giorni scorsi ha annunciato ricorso contro il decreto di scioglimento.
L’indagine e i rapporti con il clan Giannelli
La maxioperazione fu l’epilogo di un’indagine condotta dai carabinieri del Ros, che fecero luce sui rapporti tra l’amministrazione e il clan Giannelli, sodalizio legato al boss storico Luigi Giannelli (condannato all’ergastolo). A gestire gli affari di famiglia era Marco Antonio Giannelli (tra gli arrestati), al secolo “il Direttore“, figlio del boss. L’inchiesta è alla base anche della relazione della commissione d’inchiesta che ha indagato proprio sul rapporto tra il clan e l’amministrazione comunale di Parabita. Nel frattempo, il 12 ottobre scorso, nel giudizio abbreviato il gup Michele Toriello ha inflitto 18 condanne (20 anni a Marco Giannelli). Provenzano ha scelto il rito ordinario. Nella proposta del ministro Minniti “si dà atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori locali con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di un loro condizionamento” e della capacità del sodalizio “di inquinare l’amministrazione comunale di Parabita”.
“Il patto col gruppo mafioso per la campagna elettorale”
Nella relazione del ministro si sottolinea il ruolo dell’ex vicesindaco Provenzano, come “veicolo consapevole per favorire gli interessi criminali, sulla base di un vero e proprio patto di scambio politico-mafioso”. Secondo questa tesi, “pur non essendo inserito organicamente nel sodalizio”, l’amministratore “si è dimostrato a completa disposizione del clan”. Si parte dal voto di scambio: il gruppo mafioso, infatti, “ha pubblicamente e palesemente sostenuto la campagna elettorale di alcuni esponenti politici locali”. Una vicinanza evidente anche dalle esternazioni che i vertici del sodalizio hanno pubblicato in rete sulla vittoria elettorale incassata a maggio 2015.
Voucher, rifiuti, alloggi popolari: i presunti favori
Nella proposta di scioglimento si fa poi riferimento all’assegnazione di contributi economici e voucher per prestazioni lavorative occasionali avvenuta con “procedura viziata”, ossia dopo un sorteggio pubblico che si svolgeva alla presenza di dipendenti del Comune o di soggetti non identificati. Tra i beneficiari, i soliti esponenti della criminalità organizzata, loro familiari o persone frequentate abitualmente dai sodali. Il prefetto Palomba ha descritto l’impegno dell’amministrazione ad assumere appartenenti al clan presso la ditta che gestisce la raccolta dei rifiuti solidi urbani del Comune.
Anche la commissione d’indagine ha messo in luce “le discutibili modalità di affidamento del servizio di igiene urbana” a una ditta che si è aggiudicata l’appalto alla fine di un procedimento che si era concluso a favore di un’altra impresa, la cui offerta è stata poi ritenuta anomala dalla commissione di gara. E, sempre, in tema, c’è la questione delle assunzioni del capoclan e di due sodali all’interno della stessa ditta, dal gennaio 2010 (poco prima dell’insediamento del sindaco, all’epoca al suo primo mandato). I tre sono stati poi stabilizzati il 3 aprile 2013, cosa che ha comportato “un aumento del costo annuale del servizio”. Si è passati dai 945mila euro del 2012 (con 27 dipendenti a tempo indeterminato) a un milione e 45mila euro del 2013 (con 33 dipendenti), per un costo di 100mila euro per l’ente. Tuttora l’impresa in questione svolge la propria attività grazie a diverse proroghe, disposte dal Comune con ordinanze sindacali e delibere di giunta in attesa delle procedure di gara dell’ambito.
Ma il Comune non avrebbe fatto nulla nemmeno per contrastare l’occupazione abusiva degli edifici pubblici, permettendo anzi che esponenti del clan utilizzassero senza alcun diritto gli alloggi popolari. Il sindaco avrebbe, invece, “requisito con propria ordinanza alcuni beni, destinandoli a soggetti che non rientravano nella graduatoria ufficiale degli aventi diritto”. Tra queste persone, anche un pregiudicato che era solito frequentare il clan. Ci sarebbero, poi, stati dei contatti tra l’amministrazione e il sodalizio affinché Marco Antonio Giannelli potesse riciclare il denaro sporco in attività commerciali, attraverso un prestanome.
E mentre il 10 gennaio 2016, in occasione di un incontro di calcio al campo sportivo comunale, un gruppo di tifosi ha inneggiato slogan in favore del vicesindaco che era stato arrestato poche settimane prima, il sindaco e alcuni assessori si sono guardati bene dal partecipare alla marcia per la legalità, organizzata a Parabita in concomitanza con l’incontro di calcio ed alla quale erano invece presenti i consiglieri di minoranza e tre di maggioranza.
Articolo Precedente
Rimborsi Lombardia, pm chiede pene per 56 persone: anche Minetti e Renzo Bossi
Articolo Successivo
Torino, per anni abusò della figlia: la condanna 17 anni dopo. Lei si uccise
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Zonaeuro
L’assalto all’Ue dei lobbisti delle armi: 18 incontri con i commissari nei primi tre mesi del von der Leyen II. E il budget dei gruppi di pressione fa +40% in un anno
Mondo
Ucraina, Mattarella: “Pace basata su prepotenza non durerebbe a lungo”. Truppe italiane? “Presto per dirlo”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.