Anche il terzo tentativo di dare un’occhiata ai documenti sulle spese per i viaggi di servizio di Mario Melazzini è andato a vuoto. Carte e ricevute continuano a rimanere chiuse a chiave in un cassetto dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, di cui Melazzini è stato presidente per quasi tutto il 2016 ed è attualmente direttore generale. La prima richiesta, ilfattoquotidiano.it l’aveva inviata all’ufficio stampa dell’agenzia lo scorso ottobre. Ma in risposta è arrivato solo silenzio. Poi il tentativo è passato per una classica istanza di accesso agli atti. Niente da fare. Ora a essere respinta è stata un’istanza di accesso generalizzato, presentata da ilfattoquotidiano.it in collaborazione con l’associazione Diritto Di Sapere sulle basi del Freedom of information act (Foia) italiano, ovvero le recenti norme che hanno modificato il decreto trasparenza (decreto legislativo 33 del 2013).
La richiesta di vedere i documenti relativi alle missioni istituzionali di Melazzini non è un vezzo. Ma è l’unico modo per sapere se i 95mila euro pagati con fondi pubblici nei primi sei mesi del 2016 sono una somma eccessiva o giustificabile dalle condizioni di salute di Melazzini, che di certo comportano maggiori costi per gli spostamenti, il vitto e l’alloggio nei viaggi di servizio. Melazzini infatti è da anni su una sedia a rotelle dopo una diagnosi di Sla (sclerosi laterale amiotrofica). Condizioni che in passato sono finite al centro del caso sollevato dal Comitato 16 novembre, un’associazione di malati di Sla e loro familiari, che ha presentato un esposto sollevando il dubbio che Melazzini non sia in realtà affetto da Sla ma da sindrome “diversa”. Esposto archiviato dal giudice per le indagini preliminari di Pavia, che però ha negato l’acquisizione della sua cartella clinica.
Ma torniamo alla risposta dell’Aifa. Picche. Eppure il Foia è stato introdotto “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”. E dà diritto a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, a eccezione dei casi in cui è previsto il segreto di Stato, oppure dei casi in cui è messa a rischio la tutela di specifici interessi pubblici, come quelli inerenti alle relazioni internazionali, o specifici interessi privati, come quando si ha a che fare con la protezione dei dati personali. Ma la regola generale del Foia “è la trasparenza – ha sottolineato l’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone nelle linee guida adottate a dicembre – mentre la riservatezza e il segreto sono eccezioni”. E l’amministrazione – ha fatto presente l’Anac – deve “indicare chiaramente” quale degli interessi pubblici e privati meritevoli di tutela vengono pregiudicati dalla diffusione delle informazioni richieste nell’istanza di accesso generalizzato.
Andiamo allora a vedere le argomentazioni usate dall’Aifa per negare a ilfattoquotidiano.it le pezze giustificative dei 95mila euro spesi in sei mesi, secondo quanto riportato nella sezione trasparenza del sito dell’agenzia con un dato che tra l’altro non viene più aggiornato da mesi. La richiesta di ottenere copia di ricevute e scontrini allegati alle note spese di Melazzini viene giudicata dall’Aifa “irragionevole nella misura in cui costringerebbe l’amministrazione a impiegare oltremodo le proprie risorse personali e strumentali per svolgere un’attività i cui esiti sono già stati debitamente comprovati”, dal momento che gli importi “sono soggetti a verifica di legittimità dell’organo di controllo – il collegio dei revisori dei conti – a ciò deputato per legge”. Nella sua risposta l’agenzia tira addirittura in ballo le “richieste massive”, definite dall’Anac come “tali da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione”. Ma non spiega come mai sia così oneroso e difficile recuperare dal cassetto quel fascicolo in cui sono state raccolte le note spese relative ad appena un anno di attività di Melazzini, il 2016.
L’Aifa si concentra poi sui contenuti dei documenti oggetto dell’istanza: “Tale richiesta di dettaglio appare lesiva di diritti tutelati a livello costituzionale, quali il diritto alla riservatezza e all’identità personale dell’interessato, in quanto si renderebbero noti dati personali afferenti la sfera privata di una determinata persona fisica (nome, indirizzo di residenza, codice fiscale, nonché dati dai quali è possibile desumere lo stile di vita e le preferenze dell’interessato)”. Formulazione che non tiene conto di una cosa: nell’istanza era stato chiesto chiaramente di oscurare eventuali dati ritenuti sensibili. Ed ecco un altro argomento che l’Aifa mette davanti alla trasparenza: “L’ostensione di detti documenti è in grado di ledere la sfera privata dell’individuo sotto il profilo della cosiddetta ‘localizzazione’, intesa come possibilità di determinare gli spostamenti di una persona e individuare i luoghi di maggiore interesse dove la stessa svolge la propria personalità. Anche in questo caso si determinerebbe un’ingiustificata violazione di diritti e libertà fondamentali dell’individuo, anch’esse tutelate a livello costituzionale (si pensi alla libertà di movimento)”. Avete capito? I cittadini che volessero conoscere quanto ha speso Melazzini in qualcuna delle sue trasferte istituzionali non stanno esercitando quelle forme diffuse di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche cui la legge dà loro diritto. Ma stanno minando la libertà di movimento del direttore generale dell’Aifa.
@gigi_gno
Lobby
Agenzia del farmaco, il Freedom of information act non vale per le spese del presidente Melazzini
Anche il terzo tentativo di dare un’occhiata ai documenti sulle spese per i viaggi di servizio dell'ex numero uno dell'Aifa è andato a vuoto. Carte e ricevute continuano a rimanere chiuse a chiave in un cassetto dell’Agenzia. Ecco come è andata
Anche il terzo tentativo di dare un’occhiata ai documenti sulle spese per i viaggi di servizio di Mario Melazzini è andato a vuoto. Carte e ricevute continuano a rimanere chiuse a chiave in un cassetto dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, di cui Melazzini è stato presidente per quasi tutto il 2016 ed è attualmente direttore generale. La prima richiesta, ilfattoquotidiano.it l’aveva inviata all’ufficio stampa dell’agenzia lo scorso ottobre. Ma in risposta è arrivato solo silenzio. Poi il tentativo è passato per una classica istanza di accesso agli atti. Niente da fare. Ora a essere respinta è stata un’istanza di accesso generalizzato, presentata da ilfattoquotidiano.it in collaborazione con l’associazione Diritto Di Sapere sulle basi del Freedom of information act (Foia) italiano, ovvero le recenti norme che hanno modificato il decreto trasparenza (decreto legislativo 33 del 2013).
La richiesta di vedere i documenti relativi alle missioni istituzionali di Melazzini non è un vezzo. Ma è l’unico modo per sapere se i 95mila euro pagati con fondi pubblici nei primi sei mesi del 2016 sono una somma eccessiva o giustificabile dalle condizioni di salute di Melazzini, che di certo comportano maggiori costi per gli spostamenti, il vitto e l’alloggio nei viaggi di servizio. Melazzini infatti è da anni su una sedia a rotelle dopo una diagnosi di Sla (sclerosi laterale amiotrofica). Condizioni che in passato sono finite al centro del caso sollevato dal Comitato 16 novembre, un’associazione di malati di Sla e loro familiari, che ha presentato un esposto sollevando il dubbio che Melazzini non sia in realtà affetto da Sla ma da sindrome “diversa”. Esposto archiviato dal giudice per le indagini preliminari di Pavia, che però ha negato l’acquisizione della sua cartella clinica.
Ma torniamo alla risposta dell’Aifa. Picche. Eppure il Foia è stato introdotto “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”. E dà diritto a chiunque di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, a eccezione dei casi in cui è previsto il segreto di Stato, oppure dei casi in cui è messa a rischio la tutela di specifici interessi pubblici, come quelli inerenti alle relazioni internazionali, o specifici interessi privati, come quando si ha a che fare con la protezione dei dati personali. Ma la regola generale del Foia “è la trasparenza – ha sottolineato l’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone nelle linee guida adottate a dicembre – mentre la riservatezza e il segreto sono eccezioni”. E l’amministrazione – ha fatto presente l’Anac – deve “indicare chiaramente” quale degli interessi pubblici e privati meritevoli di tutela vengono pregiudicati dalla diffusione delle informazioni richieste nell’istanza di accesso generalizzato.
Andiamo allora a vedere le argomentazioni usate dall’Aifa per negare a ilfattoquotidiano.it le pezze giustificative dei 95mila euro spesi in sei mesi, secondo quanto riportato nella sezione trasparenza del sito dell’agenzia con un dato che tra l’altro non viene più aggiornato da mesi. La richiesta di ottenere copia di ricevute e scontrini allegati alle note spese di Melazzini viene giudicata dall’Aifa “irragionevole nella misura in cui costringerebbe l’amministrazione a impiegare oltremodo le proprie risorse personali e strumentali per svolgere un’attività i cui esiti sono già stati debitamente comprovati”, dal momento che gli importi “sono soggetti a verifica di legittimità dell’organo di controllo – il collegio dei revisori dei conti – a ciò deputato per legge”. Nella sua risposta l’agenzia tira addirittura in ballo le “richieste massive”, definite dall’Anac come “tali da comportare un carico di lavoro in grado di interferire con il buon funzionamento dell’amministrazione”. Ma non spiega come mai sia così oneroso e difficile recuperare dal cassetto quel fascicolo in cui sono state raccolte le note spese relative ad appena un anno di attività di Melazzini, il 2016.
L’Aifa si concentra poi sui contenuti dei documenti oggetto dell’istanza: “Tale richiesta di dettaglio appare lesiva di diritti tutelati a livello costituzionale, quali il diritto alla riservatezza e all’identità personale dell’interessato, in quanto si renderebbero noti dati personali afferenti la sfera privata di una determinata persona fisica (nome, indirizzo di residenza, codice fiscale, nonché dati dai quali è possibile desumere lo stile di vita e le preferenze dell’interessato)”. Formulazione che non tiene conto di una cosa: nell’istanza era stato chiesto chiaramente di oscurare eventuali dati ritenuti sensibili. Ed ecco un altro argomento che l’Aifa mette davanti alla trasparenza: “L’ostensione di detti documenti è in grado di ledere la sfera privata dell’individuo sotto il profilo della cosiddetta ‘localizzazione’, intesa come possibilità di determinare gli spostamenti di una persona e individuare i luoghi di maggiore interesse dove la stessa svolge la propria personalità. Anche in questo caso si determinerebbe un’ingiustificata violazione di diritti e libertà fondamentali dell’individuo, anch’esse tutelate a livello costituzionale (si pensi alla libertà di movimento)”. Avete capito? I cittadini che volessero conoscere quanto ha speso Melazzini in qualcuna delle sue trasferte istituzionali non stanno esercitando quelle forme diffuse di controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche cui la legge dà loro diritto. Ma stanno minando la libertà di movimento del direttore generale dell’Aifa.
@gigi_gno
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.