La chiesa è gremita, centinaia di persone. Fuori, sul sagrato, telecamere e giornalisti. I familiari tirano dritto ed entrano. Tanti gli amici. A parlare si fermano il sindaco di Milano Giuseppe Sala e la vedova di Piergiorgio Welby, a cui undici anni fa la chiesa chiuse le porte. “Questa volta la Chiesa fa espressamente un atto pubblico di accoglienza, anche di consolazione – ha detto -. A quei tempi lo ha fatto silenziosamente, privatamente”. Non è una messa, lui stesso non l’avrebbe mai chiesta. Ma un semplice momento di preghiera per dare l’ultimo saluto a Fabiano Antoniani, Dj Fabo, morto lo scorso 27 febbraio nella clinica Dignitas di Zurigo, in Svizzera, dove il 40enne ha scelto di sottoporsi al suicidio assistito dopo essere rimasto tetraplegico e cieco in seguito a un incidente stradale avvenuto nel 2014. A volere fortemente la cerimonia è stata mamma Carmen, per dare l’opportunità ai tanti amici di rivolgere un pensiero nella chiesa di Sant’Ildefonso a Milano, un luogo caro all’infanzia di Fabiano, che qui ha fatto comunione e cresima. E c’è anche Marco Cappato, il radicale e presidente dell’associazione Luca Coscioni, che è arrivato abbracciato alla mamma di Fabiano. E che lo scorso 27 febbraio lo ha accompagnato nella clinica svizzera.
Le parole più commoventi sono di Valeria, la fidanzata che gli è stata vicina anche dopo l’incidente. “Mi bastate tu e la mamma mi dicevi sempre, ma non era vero e ci soffrivi. Ne soffrivi tanto ma in quella sofferenza hai trovato la forza di tornare libero, il Fabo che eri prima”. Valeria ha ricordato come Fabo soffrisse perché alcuni amici si erano allontanati dopo l’incidente che lo aveva reso cieco e tetraplegico. “Abbiamo parlato tanto e più volte mi hai detto di leggere queste parole e di spiegare a tutti l’amicizia – ha aggiunto -, quella vera che nasce da un sentimento profondo, un accordo di sentimenti che non provoca contrasti. Di spiegare quella scelta di odio e amore verso le persone che ci sono state e sono state ma poi si sono allontanate”. Poi ha ricordato gli ultimi momenti vissuti insieme: “Alla fine mi hai chiesto di mettere una canzone. Di sorridere e brindare e di non essere triste perché io sono libero di ballare. Invece io ti dico, anche se ti arrabbierai, ciao cucciolo di cane“.
Ad officiare la cerimonia don Antonio Suighi, amico della famiglia. “Siamo qui questa sera per pregare insieme, un momento di preghiera chiesto dalla madre e dalla sorella”, ha detto prima di entrare in chiesa. “L’idea al centro di questa serata – ha proseguito parlando coi giornalisti – è quella che Dio sta vicino alla nostra vita e ci accompagna anche nelle nostre sofferenze e ci dà la forza di camminare. Quello di oggi può essere anche un momento per riscoprire la nostra esistenza – ha aggiunto – chi siamo e dove vogliamo andare”. E già nei giorni scorsi Suighi si era detto contento “di accogliere questo desiderio. Una chiesa serve a questo: pregare assieme”. Parole pronunciate nei giorni scorsi, subito dopo l’annuncio postato su Facebook dall’inseparabile compagna di Fabiano, Valeria, che gli è stata vicino per tutti gli anni della malattia fino all’ultimo viaggio in Svizzera: “Per chi volesse salutare Fabo la cerimonia sarà venerdì 10 alle ore 19.00 nella parrocchia di Sant’Ildefonso, piazzale Damiano Chiesa 7“.
Prima di entrare in chiesa il sindaco Giuseppe Sala, pur precisando di non sapere “quale sia la soluzione migliore”, ha aggiunto che “certamente il governo ha il dovere di portare a termine la legge sul fine vita. Una legge che non parla di eutanasia. Oggi un passo avanti è necessario”. Sala ha poi espresso la sua vicinanza “alla famiglia prima da cittadino che da sindaco – ha aggiunto -. Secondo me si sta muovendo qualcosa su questi temi e certamente anche l’azione di Marco Cappato è stata utile da questo punto di vista”. Per Sala “il problema c’è ed è necessario che le cose si muovano ma il Parlamento ho la sensazione che sia un po’ più indietro rispetto alla società – ha concluso -. La legge sul fine vita può anche non essere il passo finale. Però lo dico da cattolico praticante, è necessario regolamentare il tutto”.
All’uscita della chiesa nessuno ha voglia di parlare. Cappato stringe forte Carmen. La protegge dai flash e dalle telecamere. Sembra un gigante che abbraccia una bambina. Cameramen e fotografi li inseguono, fino a quando non vengono distratti dai botti che arrivano dal piazzale di fronte alla parrocchia. Sono i fuochi d’artificio sparati dagli amici di Fabo per salutarlo l’ultima volta come si deve. Il cielo buio è macchiato di colori, mentre in sottofondo gli altoparlanti suonano la canzone preferita di Fabiano. È Sky and Sand di Paul & Fritz Kalkbrenner, quella con cui chiudeva le sue feste, dopo aver ballato per tutta la notte.
Chi era dj Fabo – Ex broker e stimato dj, Fabiano era rimasto vittima di un incidente stradale che lo aveva immobilizzato completamente e gli aveva tolto la vista. Anni di terapie e cure non avevano apportato nessun beneficio. Da qui la scelta estrema di porre fine alla propria vita. Avrebbe desiderato morire nel suo Paese, come aveva spiegato pochi giorni prima di recarsi in Svizzera in un video appello rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma in Italia l’eutanasia è un reato. Per questo la sua scelta si è trasformata nell’ennesima battaglia politica per chiedere una legge sul biotestamento, già rinviata tre volte dal Parlamento italiano.
Lo scorso 26 febbraio, ad accompagnare dj Fabo nel suo ultimo viaggio verso la clinica Dignitas di Zurigo c’erano mamma Carmen, Valeria e il leader radicale Marco Cappato, che una volta tornato in Italia si è autodenunciato e adesso è indagato per “aiuto al suicidio”. Il giorno dopo Fabiano ha premuto con la bocca il tasto per iniettare nel proprio corpo il farmaco letale che nel giro di pochi minuti gli ha regalato la morte indolore che da tempo sognava per interrompere “quella notte senza fine” lunga tre anni. Fabiano ha chiesto di essere cremato e che le sue ceneri venissero sparse in India, dove aveva vissuto per cinque anni con la sua Valeria. Parte del suo ultimo messaggio lo ha dedicato al leader radicale promotore della campagna Eutanasia legale e ai suoi amici: “Fatemi un favore, mettete sempre le cinture. Non potete farmi un favore più grande”.