Con l’acqua e con il fuoco del video The crossing (La traversata, 1996) si apre Rinascimento elettronico, la mostra di Bill Viola ospitata da ieri, e fino al 23 luglio, al piano nobile di Palazzo Strozzi, a Firenze. E con l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria di Martyr series (Serie dei martiri, 2014) la mostra si chiude, nel sottosuolo dello stesso palazzo, detto la Strozzina. Gli elementi che danno la vita e anche la morte, il nutrimento e il martirio. Tutto cambia, tutto si trasforma, viviamo in un perenne divenire. Anche l’arte, anche la tecnologia, anche le forme si spostano continuamente. E dunque per apprezzare appieno la mostra di un videoartista come Bill Viola bisogna essere disposti a fare un’esperienza di cinema che non è cinema, di pittura che non è pittura, di video che non è (solo) video: un’esperienza, invece, di intensificazione e riscoperta della percezione. E di meditazione. “La mia arte è un’espansione dei livelli di realtà”, dice infatti Viola. Entrare alla mostra è già di per sé un’esperienza: le grandi sale sono immerse nel buio, il silenzio è rotto soltanto dai suoni che provengono dai video. Il pubblico bisbiglia sottovoce.
Ogni video dura un tempo lungo, che permette e favorisce la riflessione: riflessione sulla tecnica, sul movimento, sulla lentezza, sul trascorrere delle cose, sul nascere e il morire, sull’apparire allo sguardo e lo svanire, sul passato dell’arte e sul presente. D’improvviso il tempo sembra sospendersi, fermarsi, ripiegarsi su se stesso. E’ questa la disposizione che la mostra chiede, uscire fuori dal tempo, dal nostro maledetto Chronos, che ci schiaccia, che ci padroneggia con la sua implacabilità. Qui siamo invece in un altrove: “Tutta l’arte è contemporanea – dice ancora Viola – E’ senza tempo, universale ed eterna”.
Molte opere di Viola derivano da suggestioni pittoriche: l’artista americano aveva infatti cominciato il suo percorso proprio a Firenze, quando, appena ventitreenne, era venuto a lavorare in una società di arte elettronica, negli anni Settanta. In Toscana aveva scoperto la profondità dell’arte, e anche la sua magia: nella chiesa di Santa Felicita, davanti alla Deposizione del Pontormo, quella citata da Pasolini nella Ricotta, lo choc fu violento: “Uscendo mi domandai che cosa avesse fumato il pittore per dipingere quei rosa, per dipingere quegli azzurri incredibili. Sembrava avesse lavorato sotto l’effetto dell’LSD”. Quelle immagini, fossero un altro Pontormo, quello della Visitazione, o il Cranach del dittico Adamo/Eva, o l’allucinato Paolo Uccello del Diluvio universale e recessione delle acque, o, ancora, il Masolino del Cristo in Pietà di Empoli, sono state poi all’origine di altrettanti video: da The Greeting (Il saluto, 1995) al dittico Man Searching for Immortality/Woman Searching for Eternity (Uomo alla ricerca dell’immortalità/Donna alla ricerca dell’eternità, 2013), da The Deluge (Il diluvio, 2002) fino a Emergence (Emersione, 2002).
In queste opere ciò che conta tuttavia non è il richiamo diretto all’antecedente pittorico, ma l’operazione, il processo della visione, con le sue implicazioni affettive. Rendere visibile l’invisibile sembra lo snodo attorno a cui tutto ruota nelle opere di Bill Viola: sia in senso percettivo, attraverso la lentezza e la liquidità degli svolgimenti nel tempo che ci riportano alla materialità del sentire, e che fanno quasi “implodere” l’opera, la cui straordinaria energia visiva è come trattenuta nel suo impeto; sia in senso emotivo, giacché l’obiettivo di questo lavoro è quello di portarci a “guardare non davanti, ma dentro di noi”; sia infine in senso riflessivo, poiché il sottofondo tematico della videoarte di Viola è la transitorietà dell’essere e la sua fragilità rispetto agli elementi naturali. La riflessione sulla fragilità e la provvisorietà delle forme porta anche a rendere l’acqua, l’elemento liquido nel quale tutte le forme diventano possibili, protagonista di molti video.
In tutto ciò la tecnologia e la sperimentazione giocano un ruolo decisivo. Come se l’estensione delle percezioni che Bill Viola persegue andasse di pari passo con l’estensione della forza della tecnica. L’occhio può aprirsi al mondo in misura direttamente proporzionale alla capacità della tecnica di proporre nuove forme del vedere. E’ la stessa condizione che si è verificata nel Quattrocento e nel Cinquecento, soprattutto italiani. Ed è questa la ragione profonda del legame tra quel passato e questo presente, magnificamente cortocircuitati in mostra dalla compresenza delle opere pittoriche che hanno fatto da fonte di ispirazione e dei video.
Rinascimento elettronico dunque, perché la forza delle immagini che vengono dal passato sgorga immutata anche dalle immagini contemporanee, capaci di sovvertire più delle armi l’ordine delle cose: come ci ricorda Viola, “l’arma usata nell’11 settembre è stata l’immagine e non l’aereo”.