Si legge sempre meno. Il 40,5% della popolazione con più di sei anni ha letto nel 2016 almeno un libro nei dodici mesi precedenti, pari a circa 23,3 milioni d’individui; dato ben lontano dal 47% fatto registrare nel 2010, con 26,5 milioni (-12%). Una débâcle, nonostante l’aumento dei libri editi (66,5mila, +1%), la moltiplicazione dei saloni e delle fiere del libro (a quella storica di Torino è stata aggiunta Milano, secondo logiche difficili da comprendere), dei premi letterari (tali spesso solo di nome) e dei corsi di scrittura, del consolidamento dell’ebook (5% di quota di mercato), ebook che peraltro non ha soddisfatto, almeno in Italia, le aspettative riposte su questa tecnologia. Il calo più indicativo è stato registrato nei lettori più abituali (-18%), anche se il loro peso è minore in rapporto all’intera platea; un fenomeno simile, seppur opposto, sta avvenendo nella televisione, dove proprio le persone più istruite trascorrono più tempo davanti al video.
Leggere di meno comporta anche che ci si aggiorni di meno? A questo riguardo ci concentriamo sulla saggistica.
Quando si parla di libri, si tende a privilegiare la narrativa (o fiction), segmento che in effetti detiene la quota nettamente maggiore (il 40,5% delle vendite). La saggistica, la non-fiction generale (15% di quota), per usare un termine tecnico (gli altri generi sono i libri per bambini e ragazzi, l’editoria pratica e specialistica), è spesso sottovalutata, considerata quasi un genere minore rispetto alla narrativa. Non a caso nelle librerie è posta negli spazi meno visibili. È vero che proprio la saggistica subisce di più il calo qualitativo della produzione libraria; in questo settore, più che nella narrativa, diversi editori non fanno quella selezione sulle pubblicazioni che renderebbe l’offerta di maggiore qualità (è ormai ampiamente diffusa la prassi delle pubblicazioni finanziate direttamente dall’autore). In diversi casi l’eccessiva tecnicità dei testi allontana il lettore non addetto alla materia. Anche i giornali e la Rai (ad eccezione di Radio 3) promuovono poco la saggistica.
Un libro di saggistica ha la capacità di ampliare le conoscenze, di illustrare le tendenze di uno specifico settore, i cambiamenti in atto e le prospettive future. In molti casi la lettura è piacevole come quella della narrativa (cito a puro titolo esemplificativo il recente libro “Lezioni di italiano”, Francesco Sabatini, Mondadori). Con la saggistica si ha inoltre l’opportunità di aggiornarsi, che per molti può essersi fermata nelle aule della scuola o dell’università.
Prendiamo come campione gli individui compresi fra 30-55 anni, che ammontano a 23 milioni circa. Sono le persone inserite nel mondo del lavoro, per le quali l’aggiornamento è decisivo anche per favorire la propria crescita professionale. È anche la fascia di età che legge meno in generale, probabilmente per il minor tempo a disposizione poiché impegnati nel lavoro. In base ad una stima di larga massima, i lettori di almeno un libro di saggistica negli ultimi dodici mesi, nell’ambito della fascia d’età di cui sopra, sono quantificati in una cifra pari a circa 1,2-1,5 milioni, mentre i lettori di più di quattro libri ammonterebbero a circa la metà.
Sono dati molto bassi e ciò preoccupa ancor più se si considera che in questa fascia sia compresa anche la cosiddetta classe dirigente del Paese, come i politici, i manager, i giornalisti, i docenti, i professionisti e così via. Consola la constatazione che il libro non sia il solo strumento per l’arricchimento culturale. Di certo non lo è la televisione!