Gli immobili sequestrati e confiscati alle mafie e destinati dall’Agenzia nazionale sono calati di circa 600 in un anno: dai 1.731 del boom del 2015 (nel 2014 erano 627) ai 1.098 del 2016. I dati sono stati diffusi al ministero dell’Interno.
I dati di Anbsc dicono che nel 2016 l’87% degli immobili è stato trasferito agli enti territoriali, per esempio i Comuni: il 64% per scopi sociali e il 23% per fini istituzionali. Su un totale di 815 aziende, 207 riguardano il commercio, 181 l’edilizia, 91 le attività immobiliari e l’informatica, 88 alberghi e ristoranti, 86 i servizi sociali, 44 le attività finanziarie, 39 l’agricoltura, 33 i trasporti e 22 le attività manifatturiere. Seguono la sanità, la pesca, la distribuzione di luce, gas e acqua. Per quanto riguarda invece i beni mobili, lo scorso anno ne sono stati destinati 662 contro i 398 del 2015.
“Gestire i beni mafiosi è estremamente difficile per le loro caratteristiche particolari”, ha spiegato Franco Roberti, il procuratore nazionale antimafia e terrorismo. “Il mafioso non smette mai di avere interesse per quel bene, anche a distanza di anni, per recuperarlo magari attraverso prestanome o per farlo fallire. E allora dobbiamo rendere effettiva e definitiva la gestione del bene sottratto alle mafie”. Per Roberti, “grazie al proseguimento della legislatura fino alla sua scadenza naturale, c’è tempo sufficiente per approvare la nuova legge di riforma. Aspettiamo con fiducia l’azione del Parlamento. I beni confiscati alle mafie vanno considerati una risorsa: la sconfitta dei mafiosi si avrà quando capiranno che la mafia non conviene più”.
Il prefetto Umberto Postiglione, direttore dell’Agenzia, ha avvertito che “la difficile situazione attuale è resa ancor più tortuosa dal mancato arrivo dei cambiamenti normativi: aspettiamo con ansia che venga varata la legge che favorisca un uso sano dei beni confiscati ed eviti assegnazioni cui non segue poi un pieno sviluppo dell’impresa”. Anche Rosy Bindi, presidentessa della commissione parlamentare Antimafia, ha esortato ad approvare la riforma sui beni confiscati prima della fine della legislatura: “Non possiamo più permetterci di tergiversare, una omissione sarebbe davvero difficile da spiegare”.
La Bindi ha ribadito l’importanza di “un monitoraggio permanente sui beni assegnati, finora carente. Si tratta di un grande patrimonio che tra beni mobili e immobili supera il valore di 25 miliardi di euro”. E ha aggiunto: “Dobbiamo dimostrare che lo Stato è un buon imprenditore, che sa investire sui beni confiscati e produrre risorse, creando ricchezza. In un tempo di crisi, non ci possiamo permettere di non far fruttare queste risorse, possono diventare un volano fondamentale per l’economia”.
I senatori Giuseppe Lumia e Giorgio Pagliari, entrambi Pd, replicano che “il testo unico antimafia è una priorità anche per il Senato”, e infatti “la Commissione Giustizia e i relatori sono pronti da settembre 2016 ad esprimere i relativi pareri”. I due esponenti dem auspicano che “tutti remino nella stessa direzione per approvare una riforma tanto attesa, che faccia fare un salto di qualità al nostro Paese su un punto delicatissimo come l’aggressione ai patrimoni e la gestione trasparente ed efficiente dei beni confiscati che devono diventare un’occasione di promozione dei diritti sociali, di occupazione e sviluppo per il Paese”.