Dopo la prima bocciatura del Muslim ban dell’amministrazione Trump, arriva la seconda per la nuova versione del decreto anti-immigranti. Che un giudice federale nello stato delle Hawaii ha bloccato a livello nazionale. Il testo doveva entrare in vigore oggi, quando in Italia erano le cinque del mattino, ma secondo il giudice Derrick Watson, la sospensione per 90 giorni degli ingressi negli Stati Uniti per i cittadini di sei Paesi a maggioranza musulmana è una discriminazione religiosa che viola la Costituzione americana. Il divieto danneggerebbe inoltre il settore turistico delle Hawaii e la possibilità di accogliere studenti e lavoratori stranieri.
Una decisione contro al quale si è scagliato Donald Trump, che ha definito la scelta del giudice “un abuso di potere senza precedenti”. Partecipando a un incontro pubblico a Nashville, il tycoon ha definito il nuovo ordine esecutivo una “versione annacquata” del testo precedente. “Credo che dovremmo tornare alla prima versione e andare fino in fondo, che è quello che volevo fare” ha detto, aggiungendo che “la sentenza indebolisce il sistema di azione politiche” e che, se necessario, andrà sino alla Corte suprema degli Stati Uniti per far valere le sue ragioni. “Lotteremo e vinceremo”, ha aggiunto il presidente. Il giudice Watson, nominato da Barack Obama nello scorso mandato, ha concluso nella sua sentenza che, mentre l’ordine non ha menzionato l’Islam nominalmente, “una ragionevole, obiettivo osservatore (…) arriverebbe alla conclusione che l’ordine esecutivo è stato emesso con uno scopo di sfavorire una particolare religione”.
Il nuovo testo era stato presentato dall’amministrazione Trump lo scorso 6 marzo dopo che l’ordine esecutivo firmato il 27 gennaio scorso – un venerdì – scatenando il caos in molti degli aeroporti del Paese e innescando la protesta immediata, era stato sfidato in tribunale, impugnato da una manciata di stati prima, poi bloccato da un giudice federale di Seattle, in fine bocciato anche da una corte d’appello federale in California. A quel punto Trump aveva d’impulso minacciato di andare fino in fondo (“Ci vediamo in tribunale” twittò subito), ovvero fino alla Corte Suprema. E non mancò di scagliarsi contro i giudici accusandoli di essere politicizzati. Ma smaltita la rabbia per lo smacco aveva poi poi prevalso la scelta di rivedere il testo, riscrivendo le parti considerate più controverse e promettendo a quel punto che nulla si sarebbe trovato più da obiettare.
Così però non è stato, non per ora. Nonostante il ‘nuovo bando’ riduca da sette a sei i paesi a maggioranza musulmana interessati, cancellando dalla lista l’Iraq in risposta alle preoccupazioni espresse dal Pentagono circa le possibili ripercussioni nel rapporto con il governo iracheno in particolare per il suo impegno nella lotta all’Isis. La nuova versione inoltre non prevede più lo stop all’ingresso negli Usa per coloro in possesso di carta verde e visto. Eliminata anche la parte in cui si garantiva un particolare trattamento per i cristiani.