Dopo la chiusura dell’indagine lo scorso dicembre il procuratore della Repubblica di Arezzo Roberto Rossi ha chiesto il rinvio a giudizio per 21 dei 22 indagati per bancarotta fraudolenta nell’inchiesta su Banca Etruria, ma per 11 di loro la posizione si attenua: tra dirigenti e membri del cda, sono accusati di bancarotta colposa. Dieci dovranno invece difendersi dall’accusa di bancarotta dolosa o fraudolenta.

Tra questi gli ex presidenti della banca Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, l’ex direttore generale Luca Bronchi, gli ex vicepresidenti Giovanni Inghirami e Giorgio Natalino Guerrini e i due membri del cda Augusto Federici e Alberto Rigotti nonché i dirigenti Federico Baiocchi, Paolo Luigi Fumi e Piero Burzi. Questa prima tranche del corposo filone sulle presunte distrazioni patrimoniali riguarda 180 milioni di euro di crediti concessi e mai rientrati. Ancora da fissare la data dell’udienza preliminare davanti al Gup. Un dirigente esce invece di scena definitivamente.

Anche tra gli accusati di bancarotta fraudolenta le posizioni sono diverse. Fornasari e Bronchi si vedono contestare gran parte dei finanziamenti concessi e non rientrati (quelli che avrebbero creato il dissesto della banca aretina), Guerrini i finanziamenti relativi allo Yacht Etruria e alla High Facing che ne realizzò i pannelli fotovoltaici, vicenda per la quale indaga anche la procura romana di Civitavecchia, Inghirami risponde della High Facing e dell’outlet pescarese di Castel Sant’Angelo che è anche l’unico capo di imputazione di Lorenzo Rosi. A Federici viene contestato il caso Sacci cementerie, a Rigotti i crediti Hevea e Pegasus. Il filone di inchiesta per bancarotta fraudolenta riguarda proprio i finanziamenti concessi dalla banca e mai rientrati che avrebbero minato il bilancio dell’istituto bancario fino a farlo fallire.

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