Il trattato firmato da Roma e Tripoli potrebbe essere carta straccia. La Corte d’appello di Tripoli ha dichiarato non valido ogni accordo sui migranti derivante dal memorandum d’intesa firmato da capo del Consiglio presidenziale Fayez Al Sarraj e il premier italiano Paolo Gentiloni il 2 febbraio. Non è tuttavia ancora chiaro in che modo la sentenza potrà influire sulla volontà dell’Unione Europea nel collaborare con il Consiglio presidenziale per fermare il flussi provenienti dalla Libia.
Il ricorso, scrive il Lybia Herald, porta la firma di un gruppo di giuristi, ex politici, intellettuali ed esponenti della società civile, tra cui l’ex ministro della Giustizia Salah Al Marghani e l’avvocato Azza Maghur. Il loro obiettivo non era solo quello di opporsi alle linee guida contenute nel memorandum che prevedono il ritorno dei migranti in campi d’accoglienza allestiti in territorio libico, ma anche quello di contestare l’autorità di Sarraj nel firmare un accordo del genere in nome del Government of National Accord, il governo di unità nazionale. Questo perché secondo il Lybian Political Agreement, fino a che non avrà ricevuto la fiducia della Camera dei Rappresentanti che ha sede a Tobruk, il governo non ha validità legale.
La decisione della Corte d’appello bloccherebbe ogni futura intesa tra la Libia e l’Italia. Il giorno dopo la firma del memorandum a Roma, il 3 febbraio, il Consiglio europeo si riunì a Malta per un summit straordinario in cui si decise di stanziare 200 milioni di euro del Fondo per l’Africa per migliorare l’efficacia della Guardia costiera libica e le condizioni dei centri di accoglienza già esistenti in territorio libico. Il 19 marzo Sarraj è venuto a Roma per la la riunione dei ministri dell’Interno della rotta del Mediterraneo (Europa, Africa, con la presenza della Svizzera) presieduta da Marco Minniti e ha presentato richieste in mezzi e dotazioni per 800 milioni.