Alcuni terreni pregiati di proprietà comunale, a due passi da Piazza del Popolo. Una concessione di pochi anni diventata all’improvviso trentennale, con una procedura controversa. Un progetto di riqualificazione che va ben oltre le sole bocce, da due e mezzo milioni di euro, tutti privati, con sulla testa la spada di Damocle di un contenzioso per abusi edilizi. È la storia della Bocciofila Flaminio, un piccolo circolo che negli ultimi anni ha messo su ristorante (che però intanto ha chiuso), palestra, parcheggio. E che – come rivelato da un articolo de ilfattoquotidiano.it – è legato a doppio filo alle vicende del Comitato Italiano Paralimpico, l’ente (presto pubblico) che si occupa di promuovere le attività sportive dei disabili nel nostro Paese. Non soltanto attraverso Marco Giunio De Sanctis, a lungo presidente del Circolo e segretario generale del Cip, fresco di elezione alla presidenza della Federazione Italiana Bocce. Ma anche per una serie di nomi, riconducibili direttamente o indirettamente alla bocciofila, che lavorano nel mondo dello sport paralimpico. Tra questi pure quello di Anna Gerace, dipendente della Federazione Ciechi e Ipovedenti, sorella di Giuseppe Gerace, ex presidente Pd del Municipio II che ha deliberato il famoso prolungamento trentennale. Sarà anche per questo – e per l’iter burocratico seguito non propriamente ortodosso – che quella convenzione è diventata un caso politico, di nuovo oggetto di discussione da parte del Municipio: martedì 28 marzo l’amministrazione locale tornerà a riunirsi in un consiglio straordinario per parlare della possibile revoca di quei permessi. Anche se l’ultima parola spetterà ai giudici, che dovranno stabilire a maggio se quanto successo in via Flaminia è stato regolare o meno.

IL PROLUNGAMENTO DEL MINISINDACO “AMICO” – Per ricostruire il complesso iter burocratico che ha generato il pasticcio bisogna tornare indietro di anni. Al 2011, quando il circolo partecipa al bando e vince una prima concessione di sette anni di quei terreni comunali che aveva da sempre occupato. E poi all’ottobre 2014, quando la mini giunta municipale Pd presieduta da Giuseppe Gerace approva una delibera per cui la concessione assegnata sotto la precedente amministrazione di centrodestra viene estesa per 30 anni, a fronte di una serie di lavori di ammodernamento pagati dal privato. Una proroga, però, su cui pesano diversi possibili vizi di forma: innanzitutto lo strumento con cui è stata varata, una semplice delibera di giunta. Lo prevedeva il primo bando, ma l’Avvocatura capitolina di recente ha contestato una “incompetenza relativa”: il provvedimento forse avrebbe dovuto passare dall’assemblea. Non succede, anche perché l’atto viene descritto da chi allora era in maggioranza come “un’iniziativa quasi personale del minisindaco Gerace”: “Quando gliene chiedemmo conto – spiega uno dei membri di quel consiglio – ci disse semplicemente che si era dimenticato di avvertirci, nonostante all’epoca nelle riunioni allargate discutevamo di tutti i provvedimenti”. Alla seduta erano presenti anche alcuni assessori, oltre al direttore di Municipio, quel Paolo Capozzi che recentemente è stato coinvolto in un’indagine relativa a dei permessi “facili” per la realizzazione di un megastore a Palazzo Raggi. Sta di fatto che la notizia emerge solo dopo alcune settimane, e lascia in molti perplessi. Non bastasse, c’è pure la coincidenza che vede la sorella di Gerace a libro paga di una delle Federazioni paralimpiche che ricadono sotto l’egida del Cip, di cui De Sanctis è stato per anni segretario generale. Interpellato a riguardo, lo stesso De Sanctis ha rivendicato un’amicizia personale ventennale con Gerace, specificando che l’assunzione della sorella è precedente al mandato di Gerace da minisindaco e che la Fispic è un ente giuridicamente autonomo, indipendente dal Comitato (anche se fu proprio la sua segreteria a indirizzarla alla Federazione Ciechi e Ipovedenti).

LAVORI, BUSINESS E RICORSI – Il progetto di riqualificazione prevede numeri importanti:  il “calcolo sommario di spesa” presentato dal Circolo ammontava a 2,5 milioni di euro, di cui 880mila euro per il bocciodromo, 687.500 per la palestra, e 446.000 per il ristorante, più altre spese per verde (ma l’area è poi diventata un parcheggio), sicurezza, oneri vari. Anche qui non mancano i punti di contatto con il Comitato Paralimpico: a firmare il preventivo è l’architetto Giovanni Saulle, responsabile tecnico dell’Ufficio Gestione Impianti del Cip. Ad effettuare i lavori (e anche a metterci i soldi) è la Fea costruzioni srl, la stessa ditta che precedentemente aveva già operato al progetto “Tre Fontane”, la nuova cittadella dello sport dei disabili nella zona sud della Capitale; oppure nella ristrutturazione degli uffici del Cip nella sede di via Flaminia Nuova. Fernando Valverde, un familiare di uno dei responsabili della società, è anche proprietario del 5% delle quote del Circolo Bocciofilo Flaminio Ssd, che per l’occasione nel 2015 si è trasformato da semplice associazione in vera e propria società dilettantistica. È sulla base della spesa sostenuta che viene calcolata la durata del prolungamento: avrebbe dovuto anche essere superiore, ma viene ridotta a 30 anni per rispettare la normativa. Per ammortizzarla, il Circolo versa alle casse del Comune una quota simbolica di 150 euro al mese (più iva). Puntando però ad incassare i ricavi delle varie attività inaugurate: solo il ristorante, ad esempio, avrebbe dovuto garantire 2.500 euro al mese, se non avesse chiuso prematuramente.

L’ACCUSA DI ABUSI EDILIZI – Le cose, infatti, non sono andate per il verso giusto. Dopo il voto della giunta, i lavori partono autorizzati da una semplice determinazione dirigenziale, senza che venga mai completata una conferenza dei servizi. Ed è questo il vero vulnus che grava sul progetto: se il mancato passaggio in Consiglio comunale (contestato anche dall’Avvocatura capitolina) sarebbe facilmente sanabile, discorso diverso è sull’accusa di abusi edilizi, per la possibile assenza di un titolo conforme a costruire. La stessa amministrazione municipale che aveva dato il via libera ha poi avanzato diversi ricorsi, e anche un primo atto di revoca della concessione. Ma fin qui i tribunali hanno sempre dato ragione al Circolo nei giudizi cautelari. Così pure la Bocciofila, messa in difficoltà dalla vicenda, ha le sue recriminazioni: “Ho trovato due milioni di euro, risorse che il Campidoglio si sognava e che hanno permesso di costruire un gioiello che poi rientrerà nella disponibilità del Comune. Invece di ringraziarmi, mi hanno fatto la guerra”, spiega amareggiato il presidente De Sanctis. “Sono deluso da tutto, per il Circolo ho sputato sangue, ora non me ne frega più niente: se credono ci levassero pure la concessione e ci restituissero i soldi”.

L’ULTIMA PAROLA AI GIUDICI – Quel prolungamento, che secondo alcuni non è valido e secondo altri sì, adesso tornerà all’attenzione del Municipio a distanza di quasi tre anni. È  stato convocato un consiglio straordinario con all’ordine del giorno due nuove proposte di revoca, una del Movimento 5 stelle, l’altra avanzata dalla Commissione Trasparenza e sostenuta dagli altri partiti di opposizione (ma anche da due membri della maggioranza). Entrambe, però, salvo sorprese saranno respinte: il governo a livello locale è di centrosinistra e la sua posizione (che pure non è unitissima) è quella di temporeggiare. “Aspettiamo il giudizio definitivo sull’accusa di abusi edilizi, non vogliamo esporre l’amministrazione ad una causa di risarcimento danni perché intanto sono stati spesi dei soldi”, spiega la minisindaco del Pd, Francesca Del Bello. “Se l’iter non è stato regolare revocheremo la concessione, altrimenti la confermeremo. Anche in questo caso la situazione della Bocciofila dovrà essere ricondotta alla normalità, perché la convenzione era stata data sulla base di un interesse pubblico che al momento non sembra esserci molto”. L’ultima parola, insomma, spetterà ai giudici: il giudizio di merito è in calendario per il 5 maggio. Soci del circolo, amministratori e pure residenti aspetteranno col fiato sospeso per conoscere la fine di questa storia complicata. Che rischia di non esser per nessuno l’affare che doveva essere per tutti, o almeno per alcuni.

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