Una confusione di ruoli in cui l’allora presidente dell’Inpgi, la cassa dei giornalisti, andava a parlare con degli imprenditori per poi chiedere favori personali. È anche per questo che il pm di Milano Gaetano Ruta ha chiesto 4 anni e mezzo per corruzione per Andrea Camporese finito nei guai in una tranche dell’inchiesta sul crac della holding Sopaf dei fratelli Magnoni. L’accusa di truffa invece è prescritta.

Camporese, secondo l’accusa, ha ricevuto 200mila euro “a titolo di remunerazione per il compimento di atti contrari ai doveri d’ufficio“. L’imputato, che si è sempre dichiarato estraneo, avrebbe aiutato la Sopaf a incassare 7,6 milioni di euro perché le quote Fip (Fondo immobili pubblici), pagate dall’ente di previdenza 140mila euro l’una alla società, in realtà ne valevano 100mila. Camporese sarebbe stato ricompensato in vari modi; ci sono alcuni viaggi (non contestati), ma soprattutto quello che gli inquirenti definiscono emolumento ovvero un ruolo nel comitato consultivo di Adenium, controllata al 100% da Sopaf, con una retribuzione di 25mila euro all’anno per due anni, incarico solitamente non retribuito. E poi ci sono i soldi veri e propri. Erano state le dichiarazioni di un coimputato, Andrea Toschi, ex presidente di Arner Bank ed ex amministratore della società di gestione del risparmio Adenium, a spingere le indagini degli investigatori verso l’ipotesi della corruzione. Per Toschi, considerato un testimone attendibile (l’ex presidente della Cassa dei ragionieri è stato condannato a 4 anni e 8 mesi), il pm ha chiesto 6 anni. In una delle ultime udienze Camporese in aula si era difeso dicendo che i 30 milioni dell’Inpgi investiti nelle quote del Fip, il Fondo immobili pubblici, hanno “già fruttato 15 milioni di euro” e che i 50mila euro lordi di compensi per essere stato componente del comitato consultivo di Adenium sono stati “dichiarati al fisco e devoluti in beneficienza”. E poi su nessun conto svizzero sarebbero confluiti i soldi in nero ricavati dalla vendita di una villetta a Padova. Per Giorgio Magnoni l’accusa ha chiesto 10 anni, per Aldo Magnoni 6, per Andrea Magnoni 3. Il pm ha poi chiesto 6 anni per Alberto Ciaperoni e 4 anni e 6 mesi per Gianfranco Paparella, 8 anni per Gianluca Selvi, 4 anni e 10 mesi per Fabrizio Carracoi. Per Aimone Beretta e William Zappaterra è stata chiesta l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

Domani la parola passerà alle parti civili: all’Inpgi, che con una decisione last minute aveva deciso di essere presente nel processo, Enpam (la cassa previdenziale dei medici), la Cassa dei ragionieri e i liquidatori del concordato di Sopaf. La sentenza è attesa per metà aprile.

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