“Dobbiamo smettere di trattare i migranti come cittadini di serie B altrimenti il processo di integrazione fallisce”. Figlia di un rifugiato siriano e di una immigrata finlandese, Sherin Khankan guida da un anno la moschea Mariam a Copenhagen. Ospite della Biennale Democrazia di Torino, la prima donna-imam della Scandinavia ha seguito una tradizione che, seppur non molto diffusa, ha radici antiche: “Questo fenomeno ha avuto origine in Cina nel 1820 ed oggi è diffuso in Germania, Stati Uniti Sudafrica e Marocco dove il governo forma 50 donne imam all’anno come strumento di lotta contro il radicalismo”. Già, perché la moschea Mariam è un luogo dove si predica un’interpretazione del Corano ispirata a valori progressisti: “Il modo migliore per combattere il radicalismo è quello di costruire delle alternative dentro le nostre comunità per tutti quei giovani o quei rifugiati che si ritrovano ad essere soli in paese straniero”.

Ha fondato l’Association of Critical Muslims, che sostiene un’interpretazione del Corano in linea con la società di oggi. È promotrice dei valori progressisti islamici, fra cui la guida femminile alla preghiera islamica. (traduzione di Sara Hejazi)

Articolo Precedente

Ultimo atto alla Cattoclinica, il grande dilemma: il respiratore nuovo funzionerà o è solo figo?

next
Articolo Successivo

La morte della competenza non colpisce solo l’Italia dei mediocri

next