Il giorno in cui lo inaugureranno dovranno ricordarsi di quella giornata d’autunno del 2011. C’è un’istantanea fondamentale nella storia del Trans Adriatic Pipeline, la nuova mega infrastruttura sulla quale viaggeranno milioni di metri cubi di gas dall’Azerbaigian all’Europa. Quasi novecento chilometri di tubi che costeranno alla fine 45 miliardi di euro per attraversare il confine tra la Grecia e la Turchia, l’Albania, il mare Adriatico e approdare alla fine in Puglia. L’obiettivo è diversificare l’approvvigionamento europeo, fino ad oggi dipendente quasi totalmente dal gas russo proveniente dai gasdotti ucraini. Un progetto difficile e ambizioso quello del Tap, nato nel 2003 e – dopo una serie di stop – decollato definitivamente soltanto grazie ad ottimi appoggi economici e politici. Soprattutto politici.
Il giorno che probabilmente cambia la storia del Tap, infatti, è il 14 novembre del 2011. A Baku, la capitale dell’Azerbaigian, il presidente Ilham Alijev riceve con tutti gli onori Doris Leuthard, ministro dell’Energia della Svizzera. Quello è l’incontro che ufficializza al mondo le ottime relazioni tra i due Paesi. Ma non solo. Perché è in quel giorno del novembre del 2011 che il progetto del Tap prende finalmente quota. Sì, perché il mega gasdotto che dovrebbe unire il Salento all’Azerbaijan nasce proprio in Svizzera. A partorirlo nel 2003 sono gli elvetici di Egl e i norvegesi di Statoil Hydro che mettono in piedi una società con 3,8 milioni di euro di capitale sociale. Ogni società detiene il 50% del pacchetto azionario per un progetto che ha bisogno di nuovi soci e nuovi finanziamenti. Ma soprattutto di una sponda politica. La soluzione a dire il vero la hanno in casa. Il direttore della Egl è Thomas Hesselbarth, che fino a quel momento era titolare solo di una modesta società: la Energy Consultants, con capitale sociale di 20mila franchi svizzeri. Hesselbarth, però, è fortunato. Quando cominciano a progettare il Tap, infatti, nel consiglio d’amministrazione della Egl siede proprio Doris Leuthard: rimarrà in carica per quattro anni, dal 2002 al 2006. Poi lascerà la poltrona in cda, perché verrà eletta al Parlamento elvetico con il partito Popolare.
È l’inizio di una fulminante carriera. Nel 2009, infatti, l’Assemblea federale elegge Leuthard vicepresidente della Confederazione svizzera, nel 2010 la promuove addirittura presidente. Contemporaneamente la rampante politica comincia a ricoprire incarichi strategici: prima dirige il dipartimento federale dell’Economia, poi quello dell’Energia. Ed è in questa veste che sbarca in Azerbaigian, ospite del presidente Alijev. Una visita ufficiale che sblocca il progetto del Tap. Anche se ha lasciato dal 2006 la sua poltrona in consiglio d’amministrazione, infatti, la ministra non ha dimenticato gli amici di Egl. La società elvetica nel frattempo si è trasformata in Axpo e ha ceduto il progetto per il mega gasdotto alla multinazionale Tap Ag per circa 14 milioni di Euro: Egl e Statoil ne avevano investiti insieme circa 11 milioni. Da quel momento in poi il capitale azionario di Tap Ag comincia ad aumentare grazie l’arrivo di nuovi azionisti che sostituiscono i vecchi. Un progetto che sembrava bloccato inizia a muoversi: tra il 2008 ed il 2009 il capitale di Tap Ag passa da 900mila euro a 40 milioni di euro. Poi, negli anni successivi, via via che arrivano le autorizzazioni crescerà ancora.
Cos’è successo nel frattempo? Semplice: Leuthard è diventata ministro dell’Energia. E a Baku porta con sé Hans Schulz, che nel 2008 è entrato nella Tap Ag, la multinazionale che ha rilevato i diritti per la costruzione del mega gasdotto. Una mossa che dà credibilità internazionale al progetto. Sul quale anche lo Stato svizzero investe – non senza polemiche – concedendo un prestito di 6 milioni di franchi. La credibilità politica concessa a Tap dalla ministra Leuthard non passa in secondo piano dalle parti di Baku. E infatti il 28 giugno del 2013 il consorzio di Shah Deniz, che sta sviluppando il giacimento in Azerbaigian, annuncia ufficialmente che il progetto del Trans Adriatic Pipeline è stato scelto per il trasporto del gas in Europa. È un momento fondamentale per il futuro di Tap Ag, che vede aumentare ancora il suo capitale: passa da 40 milioni a 136 milioni di euro, grazie all’entrata degli investitori azeri, che acquisiscono il 20% di Tap tramite l’azienda di Stato Socar.
Il giorno del taglio del nastro, però, è ancora lontano. Nel 2014, la Deloitte, società incaricata dell’analisi dei conti di Tap, scrive che “il progetto è soggetto ad una serie di rischi che possono variare nel corso del tempo”. Che rischi? Pericoli – continuano – “connessi ai permessi, a motivi politici o tecnici che possono comportare ritardi nella tabella di marcia del progetto o eccedenze di spesa che potrebbero indurre gli azionisti a concludere che il progetto non sia realizzabile”. Sempre gli analisti di Deloitte ribadiscono la necessità di un nuovo finanziamento da parte dei soci per coprire le spese capitalizzate per circa 344 milioni di franchi svizzeri. A quel punto in Tap entrano gli inglesi della British Petroleum che acquisiscono il 20% delle azioni, nominando come loro consulente l’ex premier Tony Blair: nel progetto, insomma, cominciano a credere e investire ai più alti livelli. Ma anche la Leuthard vede crescere la sua popolarità: nel gennaio scorso, infatti, viene di nuovo eletta presidente della Confederazione svizzera. Un nuovo passo avanti per una carriera politica che è cresciuta parallelamente allo sviluppo del mega gasdotto. E mentre in Puglia la polizia carica i manifestanti che vogliono proteggere gli ulivi nella zona dove approderà il Tap, Berna non si è mai sentita così vicina a Baku.
Cronaca
Tap, lo sponsor politico del gasdotto è Doris Leuthard: dal cda di Egl a presidente della Svizzera. Passando per Baku
Il giorno che probabilmente cambia la storia della grande opera è il 14 novembre del 2011. A Baku, la capitale dell'Azerbaigian, il presidente Alijev riceve con tutti gli onori il ministro dell'Energia elvetico, futura leader della confederazione. Fino al 2006 era tra i consiglieri della società che ha ideato il progetto in cui poi hanno investito gli azeri e gli inglesi di British Petroleum
Il giorno in cui lo inaugureranno dovranno ricordarsi di quella giornata d’autunno del 2011. C’è un’istantanea fondamentale nella storia del Trans Adriatic Pipeline, la nuova mega infrastruttura sulla quale viaggeranno milioni di metri cubi di gas dall’Azerbaigian all’Europa. Quasi novecento chilometri di tubi che costeranno alla fine 45 miliardi di euro per attraversare il confine tra la Grecia e la Turchia, l’Albania, il mare Adriatico e approdare alla fine in Puglia. L’obiettivo è diversificare l’approvvigionamento europeo, fino ad oggi dipendente quasi totalmente dal gas russo proveniente dai gasdotti ucraini. Un progetto difficile e ambizioso quello del Tap, nato nel 2003 e – dopo una serie di stop – decollato definitivamente soltanto grazie ad ottimi appoggi economici e politici. Soprattutto politici.
Il giorno che probabilmente cambia la storia del Tap, infatti, è il 14 novembre del 2011. A Baku, la capitale dell’Azerbaigian, il presidente Ilham Alijev riceve con tutti gli onori Doris Leuthard, ministro dell’Energia della Svizzera. Quello è l’incontro che ufficializza al mondo le ottime relazioni tra i due Paesi. Ma non solo. Perché è in quel giorno del novembre del 2011 che il progetto del Tap prende finalmente quota. Sì, perché il mega gasdotto che dovrebbe unire il Salento all’Azerbaijan nasce proprio in Svizzera. A partorirlo nel 2003 sono gli elvetici di Egl e i norvegesi di Statoil Hydro che mettono in piedi una società con 3,8 milioni di euro di capitale sociale. Ogni società detiene il 50% del pacchetto azionario per un progetto che ha bisogno di nuovi soci e nuovi finanziamenti. Ma soprattutto di una sponda politica. La soluzione a dire il vero la hanno in casa. Il direttore della Egl è Thomas Hesselbarth, che fino a quel momento era titolare solo di una modesta società: la Energy Consultants, con capitale sociale di 20mila franchi svizzeri. Hesselbarth, però, è fortunato. Quando cominciano a progettare il Tap, infatti, nel consiglio d’amministrazione della Egl siede proprio Doris Leuthard: rimarrà in carica per quattro anni, dal 2002 al 2006. Poi lascerà la poltrona in cda, perché verrà eletta al Parlamento elvetico con il partito Popolare.
È l’inizio di una fulminante carriera. Nel 2009, infatti, l’Assemblea federale elegge Leuthard vicepresidente della Confederazione svizzera, nel 2010 la promuove addirittura presidente. Contemporaneamente la rampante politica comincia a ricoprire incarichi strategici: prima dirige il dipartimento federale dell’Economia, poi quello dell’Energia. Ed è in questa veste che sbarca in Azerbaigian, ospite del presidente Alijev. Una visita ufficiale che sblocca il progetto del Tap. Anche se ha lasciato dal 2006 la sua poltrona in consiglio d’amministrazione, infatti, la ministra non ha dimenticato gli amici di Egl. La società elvetica nel frattempo si è trasformata in Axpo e ha ceduto il progetto per il mega gasdotto alla multinazionale Tap Ag per circa 14 milioni di Euro: Egl e Statoil ne avevano investiti insieme circa 11 milioni. Da quel momento in poi il capitale azionario di Tap Ag comincia ad aumentare grazie l’arrivo di nuovi azionisti che sostituiscono i vecchi. Un progetto che sembrava bloccato inizia a muoversi: tra il 2008 ed il 2009 il capitale di Tap Ag passa da 900mila euro a 40 milioni di euro. Poi, negli anni successivi, via via che arrivano le autorizzazioni crescerà ancora.
Cos’è successo nel frattempo? Semplice: Leuthard è diventata ministro dell’Energia. E a Baku porta con sé Hans Schulz, che nel 2008 è entrato nella Tap Ag, la multinazionale che ha rilevato i diritti per la costruzione del mega gasdotto. Una mossa che dà credibilità internazionale al progetto. Sul quale anche lo Stato svizzero investe – non senza polemiche – concedendo un prestito di 6 milioni di franchi. La credibilità politica concessa a Tap dalla ministra Leuthard non passa in secondo piano dalle parti di Baku. E infatti il 28 giugno del 2013 il consorzio di Shah Deniz, che sta sviluppando il giacimento in Azerbaigian, annuncia ufficialmente che il progetto del Trans Adriatic Pipeline è stato scelto per il trasporto del gas in Europa. È un momento fondamentale per il futuro di Tap Ag, che vede aumentare ancora il suo capitale: passa da 40 milioni a 136 milioni di euro, grazie all’entrata degli investitori azeri, che acquisiscono il 20% di Tap tramite l’azienda di Stato Socar.
Il giorno del taglio del nastro, però, è ancora lontano. Nel 2014, la Deloitte, società incaricata dell’analisi dei conti di Tap, scrive che “il progetto è soggetto ad una serie di rischi che possono variare nel corso del tempo”. Che rischi? Pericoli – continuano – “connessi ai permessi, a motivi politici o tecnici che possono comportare ritardi nella tabella di marcia del progetto o eccedenze di spesa che potrebbero indurre gli azionisti a concludere che il progetto non sia realizzabile”. Sempre gli analisti di Deloitte ribadiscono la necessità di un nuovo finanziamento da parte dei soci per coprire le spese capitalizzate per circa 344 milioni di franchi svizzeri. A quel punto in Tap entrano gli inglesi della British Petroleum che acquisiscono il 20% delle azioni, nominando come loro consulente l’ex premier Tony Blair: nel progetto, insomma, cominciano a credere e investire ai più alti livelli. Ma anche la Leuthard vede crescere la sua popolarità: nel gennaio scorso, infatti, viene di nuovo eletta presidente della Confederazione svizzera. Un nuovo passo avanti per una carriera politica che è cresciuta parallelamente allo sviluppo del mega gasdotto. E mentre in Puglia la polizia carica i manifestanti che vogliono proteggere gli ulivi nella zona dove approderà il Tap, Berna non si è mai sentita così vicina a Baku.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".