E’ polemica per una frase di Luigi Di Maio, vicepresidente M5s della Camera. Il deputato grillino, il 10 aprile scorso, ha pubblicato un post su Facebook insieme all’intervento video del procuratore di Messina Sebastiano Ardita sul tema della criminalità. “L’Italia ha importato dalla Romania il 40 per cento dei loro criminali”, aveva scritto. Il post ha scatenato gli attacchi del Pd: “Razzista e ignorante”. Mentre l’associazione Antigone è intervenuta dicendo che in realtà i detenuti romeni nelle carceri italiane sono diminuiti. Lo stesso Di Maio nel pomeriggio del 12 aprile ha rilanciato la sua dichiarazione, questa volta riportando letteralmente le parole del procuratore: “Il 40 per cento dei ricercati con mandato internazionale emesso da Bucarest si trova in Italia”, ha scritto. La fonte citata è il ministro romeno della Giustizia Catalin Predoiu che nel 2009 aveva dato questa percentuale.
Tutto è iniziato il 10 aprile scorso. Il deputato Di Maio su Facebook ha pubblicato il video dell’intervento alla giornata in memoria di Casaleggio del procuratore di Messina Sebastiano Ardita. “L’Italia”, aveva scritto, “ha importato dalla Romania il 40 per cento dei loro criminali. Mentre la Romania sta importando dall’Italia le nostre imprese e i nostri capitali. Che affare questa Unione europea”. Allegato c’era il video del discorso del procuratore, dove però si sentiva che la frase rilanciata era un po’ diversa. Ardita dal palco infatti aveva detto: “Qualche tempo fa, ma la situazione non è cambiata, il ministro rumeno, degli Interni se non sbaglio, ci comunicò che di tutti i mandati di cattura europei che riguardavano cittadini rumeni il 40 per cento proveniva dall’Italia. Quindi questo significa che 4 romeni su dieci che avevano deciso di andare a delinquere avevano scelto il nostro Paese come luogo nel quale andare a delinquere”. Di Maio nel post ha sintetizzato questo concetto cambiandone però in parte il senso: l’Italia non importerebbe il 40 per cento dei criminali romeni in generale, ma il 40 per cento di quelli colpiti da mandato di cattura internazionale si troverebbero nel nostro Paese. Tanto che lo stesso deputato nel post in cui ribadisce la sua posizione, ha precisato: “C’è un fatto, che è inopinabile: il 40 per cento dei ricercati con mandato internazionale emesso da Bucarest si trova in Italia. Non lo dico io, lo disse nel 2009 l’allora ministro romeno della Giustizia Catalin Predoiu, dato confermato l’altro giorno dal procuratore di Messina Ardita. Non ho nessun motivo oggettivo di mettere in dubbio questa affermazione. Ardita ha ribadito che ‘4 rumeni su 10 hanno scelto il nostro Paese come luogo nel quale delinquere e questo è un problema importante che riguarda la giustizia’. Io ho ascoltato e come rappresentante dei cittadini mi sono posto il problema”.
L’uscita di Di Maio ha suscitato numerose critiche. L’ambasciatore romeno in Italia George Gabriel Bologan, contattato dalla Stampa, ha detto: “Sono preoccupato quando le parole feriscono”. Il Pd è andato all’attacco: “Considerazioni offensive e inaccettabili: trasudano razzismo e sono lontane anni luce da quello spirito europeo che deve puntare all’integrazione e non alla demonizzazione di un popolo vicino”, ha detto la deputata della commissione Esteri della Camera, Marietta Tidei. Stesso tono per il collega Khalid Chaouki: “Esprimo tutta la mia solidarietà al popolo rumeno e alle comunità rumena in Italia. Le parole di Di Maio sono pericolose e irresponsabili”. L’associazione romeni d’Italia ha chiesto le scuse di Di Maio: “Sono frasi populiste”, ha detto Eugen Tertelac dell’Associazione romeni d’Italia a Radio Cusano Campus, “proferite per finalità elettorali e che possono rovinare i rapporti tra i due Paesi. L’Italia ha un valore di affari con la Romania di 13 miliardi di euro. Credo che Di Maio abbia esagerato, perché non ha dato numeri concreti. Un romeno su tre in Italia delinque? La criminalità romena è un fenomeno che sia Italia che Romania stanno gestendo in maniera corretta. Purtroppo le società sono fatte così, una maggior parte dei cittadini è fatta di persone perbene, ma c’è anche una percentuale di cittadini che hanno problemi con la legge”.
Nel merito è intervenuta anche l’associazione Antigone, organizzazione che si occupa dei diritti dei detenuti in Italia, specificando che la situazione nelle carceri italiane sta cambiando. “Per vari anni, a partire dal 2009, i cittadini romeni sono stati tra gli stranieri più rappresentati numericamente nelle carceri italiane”, ha scritto su Facebook il presidente Patrizio Gonnella. “Oggi non è più così. Oggi la loro presenza negli istituti penitenziari è in calo. In sette anni sono diminuiti, nonostante sia aumentata la popolazione libera romena”. Gonnella ha quindi pubblicato i dati: “Se nel 1025 i romeni erano il 16,8% dei detenuti stranieri, nel 2016 sono diminuiti al 15,6% e il primato è passato al Marocco”. Secondo gli ultimi numeri diffusi, sono in tutto 35 i detenuti romeni dentro per associazione a delinquere di stampo mafioso. In tutto i detenuti in Italia per questo reato sono ben 7.015. I detenuti romeni sono il 5,2 per cento del totale della popolazione detenuta ristretta nelle 193 prigioni italiane ma sono solo lo 0,49% di quelli accusati o condannati per appartenenza a criminalità organizzata. Uguale è la percentuale dei romeni rispetto al totale delle persone dentro per avere violato la legge sulle droghe. Infatti 91 – su un totale di 18.491 – sono i romeni in carcere per avere violato la legge sulle droghe. “Non è neppure così ampia”, ha continuato Gonnella, “la rappresentazione romena per i reati contro il patrimonio (i romeni per questi reati costituiscono il 6,2% del totale dei detenuti ovvero poco più della loro rappresentatività globale che è del 5,2%) e per i reati contro la persona (sono il 6,5% del totale). Invece i romeni sono tra i massimi responsabili delle presenze in carcere per sfruttamento della prostituzione (costituiscono infatti il 31% del totale della popolazione detenuta per questo tipo di reato)”. E ha concluso: “Ogni azione di prevenzione criminale dovrebbe partire dai dati e non dai pregiudizi”.