Quattordici indagati, compresi tre deputati nazionali, due consiglieri regionali e un cancelliere del tribunale, per i quale adesso viene chiesto il processo. Arriva ad un primo giro di boa l’inchiesta sulle firme false che sarebbero state presentate dal Movimento 5 Stelle alle amministrative di Palermo del 2012. La procura del capoluogo siciliano ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per tutte le persone coinvolte nell’indagine. I reati contestati, a vario titolo, dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari sono il falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il Testo unico nazionale in materia elettorale.
Tra gli indagati ci sono i deputati nazionali Riccardo Nuti, che nel 2012 era candidato sindaco, e poi Giulia Di Vita e Claudia Mannino: i tre parlamentari sono stati sospesi de imperio dal comitato dei probiviri del Movimento, dopo che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm, rifiutando anche di lasciare agli inquirenti un campione della propria calligrafia.
Secondo la procura Nuti e un gruppo ristretto di attivisti come Di Vita, Mannino e Samanta Busalacchi, dopo essersi accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte per le amministrative erano inutilizzabili, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni raccolte, correggendo il vizio di forma. La falsificazione materiale delle firme viene contestata a 11 indagati: si tratta di Busalacchi, Di Vita, Mannino, e gli attivisti Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca. Per Nuti, invece, non c’è la prova della commissione del falso materiale: all’ex capogruppo del M5s alla Camera, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate visto che era lui il candidato a sindaco dei pentastellati a Palermo nel 2012.
Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello: per lui l’accusa è di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione. L’indagine della procura si è avvalsa della collaborazione della Digos. Gli investigatori hanno fatto un controllo a campione sui vari fogli dei moduli con le sottoscrizioni convocando quattrocento persone che nel 2012 avevano firmato per sostenere la lista dei 5 Stelle: la stragrande maggioranza non ha riconosciuto la propria grafia.
Un contributo importante alla ricostruzione dell’inchiesta è arrivato anche dalle testimonianze dei consiglieri regionali La Rocca e Ciaccio che hanno raccontato i momenti successivi al 4 aprile 2012. È quella la notte in cui al meet up di via Sampolo vennero ricopiate materialmente le firme raccolte nei moduli che però contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale. A sollevare la vicenda una serie di servizi delle Iene, la trasmissione di Mediaset che ha intervistato il professor Vincenzo Pintagro, attivista della prima ora e accusatore dei pentastellati palermitani. È stato Pintagro il primo a raccontare di essere stato testimone della ricopiatura delle firme. Ricostruzione poi confermata da La Rocca e Ciaccio, mentre Nuti, Di Vita e Mannino hanno tenuto un atteggiamento di chiusura nei confronti dei pm. Dopo essersi appellati alla facoltà di non rispondere i tre si sono fatti interrogare dai pm soltanto il 29 marzo scorso, depositando ai pm una memoria difensiva da 34 pagine in cui sottolineano la loro innocenza. Una condotta – quella del gruppo di Nuti- che è chiaramente opposta rispetto a quella tenuta da La Rocca e Ciaccio, i quali hanno invece ammesso la copiatura delle firme. Con il risultato che le due opposte posizioni hanno di fatto spaccato il Movimento 5 Stelle a Palermo.
Basti pensare che Ugo Forello, il candidato sindaco dei 5 Stelle alle amministrative palermitane, è finito indagato per alcune settimane dalla procura per “induzione a rendere dichiarazioni mendaci”, dopo un esposto diffuso dagli stessi parlamentari nazionali pentastellati. Secondo Nuti, Mannino e Di Vita, autori della denuncia, Forello avrebbe imbeccato i “pentiti” dell’indagine, come la parlamentare regionale La Rocca, vantando anche rapporti con i pm titolare dell’inchiesta sulle firme false. L’indagine ai danni dell’avvocato pentastellato, però, è stata rapidamente archiviata dalla procura palermitana. Quella sulle firme false, invece, procede spedita verso un possibile processo.
“I parlamentari coinvolti nella vicenda sono già stati sospesi in autunno, quindi il Movimento 5 Stelle anche in questi casi arriva prima dei rinvii a giudizio. C’è un codice etico che prevede tutto quello che riguarda le condanne in primo grado. Da noi non si aspetta il terzo grado di giudizio. C’è il rinvio a giudizio e la condanna in primo grado che preclude la possibilità di restare nel Movimento”, ha commentato il vicepresidente della Camera M5s, Luigi Di Maio.
Politica
M5S Palermo, caso firme false: chiesto il rinvio a giudizio per i 14 indagati, tra loro tre parlamentari
La procura del capoluogo siciliano ha chiesto di processare tutte le persone coinvolte nell'indagine sulle false sottoscrizioni presentate alle elezioni comunali del 2012. I reati contestati, a vario titolo, dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari sono il falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il Testo unico nazionale in materia elettorale
Quattordici indagati, compresi tre deputati nazionali, due consiglieri regionali e un cancelliere del tribunale, per i quale adesso viene chiesto il processo. Arriva ad un primo giro di boa l’inchiesta sulle firme false che sarebbero state presentate dal Movimento 5 Stelle alle amministrative di Palermo del 2012. La procura del capoluogo siciliano ha infatti chiesto il rinvio a giudizio per tutte le persone coinvolte nell’indagine. I reati contestati, a vario titolo, dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto Claudia Ferrari sono il falso e la violazione di una legge regionale del 1960 che recepisce il Testo unico nazionale in materia elettorale.
Tra gli indagati ci sono i deputati nazionali Riccardo Nuti, che nel 2012 era candidato sindaco, e poi Giulia Di Vita e Claudia Mannino: i tre parlamentari sono stati sospesi de imperio dal comitato dei probiviri del Movimento, dopo che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti ai pm, rifiutando anche di lasciare agli inquirenti un campione della propria calligrafia.
Secondo la procura Nuti e un gruppo ristretto di attivisti come Di Vita, Mannino e Samanta Busalacchi, dopo essersi accorti che per un errore di compilazione le firme raccolte per le amministrative erano inutilizzabili, avrebbero deciso di ricopiare le sottoscrizioni raccolte, correggendo il vizio di forma. La falsificazione materiale delle firme viene contestata a 11 indagati: si tratta di Busalacchi, Di Vita, Mannino, e gli attivisti Alice Pantaleone, Stefano Paradiso, Riccardo Ricciardi, Pietro Salvino, Tony Ferrara, Giuseppe Ippolito e i deputati regionali Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca. Per Nuti, invece, non c’è la prova della commissione del falso materiale: all’ex capogruppo del M5s alla Camera, si imputa, invece, l’avere fatto uso delle sottoscrizioni ricopiate visto che era lui il candidato a sindaco dei pentastellati a Palermo nel 2012.
Il tredicesimo indagato è il cancelliere del tribunale Giovanni Scarpello: per lui l’accusa è di avere dichiarato il falso affermando che erano state apposte in sua presenza firme che invece gli sarebbero state consegnate dai 5 Stelle. Reato di cui risponde in concorso con Francesco Menallo, avvocato ed ex attivista grillino che consegnò materialmente le firme al pubblico ufficiale per l’autenticazione. L’indagine della procura si è avvalsa della collaborazione della Digos. Gli investigatori hanno fatto un controllo a campione sui vari fogli dei moduli con le sottoscrizioni convocando quattrocento persone che nel 2012 avevano firmato per sostenere la lista dei 5 Stelle: la stragrande maggioranza non ha riconosciuto la propria grafia.
Un contributo importante alla ricostruzione dell’inchiesta è arrivato anche dalle testimonianze dei consiglieri regionali La Rocca e Ciaccio che hanno raccontato i momenti successivi al 4 aprile 2012. È quella la notte in cui al meet up di via Sampolo vennero ricopiate materialmente le firme raccolte nei moduli che però contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale. A sollevare la vicenda una serie di servizi delle Iene, la trasmissione di Mediaset che ha intervistato il professor Vincenzo Pintagro, attivista della prima ora e accusatore dei pentastellati palermitani. È stato Pintagro il primo a raccontare di essere stato testimone della ricopiatura delle firme. Ricostruzione poi confermata da La Rocca e Ciaccio, mentre Nuti, Di Vita e Mannino hanno tenuto un atteggiamento di chiusura nei confronti dei pm. Dopo essersi appellati alla facoltà di non rispondere i tre si sono fatti interrogare dai pm soltanto il 29 marzo scorso, depositando ai pm una memoria difensiva da 34 pagine in cui sottolineano la loro innocenza. Una condotta – quella del gruppo di Nuti- che è chiaramente opposta rispetto a quella tenuta da La Rocca e Ciaccio, i quali hanno invece ammesso la copiatura delle firme. Con il risultato che le due opposte posizioni hanno di fatto spaccato il Movimento 5 Stelle a Palermo.
Basti pensare che Ugo Forello, il candidato sindaco dei 5 Stelle alle amministrative palermitane, è finito indagato per alcune settimane dalla procura per “induzione a rendere dichiarazioni mendaci”, dopo un esposto diffuso dagli stessi parlamentari nazionali pentastellati. Secondo Nuti, Mannino e Di Vita, autori della denuncia, Forello avrebbe imbeccato i “pentiti” dell’indagine, come la parlamentare regionale La Rocca, vantando anche rapporti con i pm titolare dell’inchiesta sulle firme false. L’indagine ai danni dell’avvocato pentastellato, però, è stata rapidamente archiviata dalla procura palermitana. Quella sulle firme false, invece, procede spedita verso un possibile processo.
“I parlamentari coinvolti nella vicenda sono già stati sospesi in autunno, quindi il Movimento 5 Stelle anche in questi casi arriva prima dei rinvii a giudizio. C’è un codice etico che prevede tutto quello che riguarda le condanne in primo grado. Da noi non si aspetta il terzo grado di giudizio. C’è il rinvio a giudizio e la condanna in primo grado che preclude la possibilità di restare nel Movimento”, ha commentato il vicepresidente della Camera M5s, Luigi Di Maio.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.