Alitalia, sull’orlo dell’amministrazione straordinaria, nella notte ha firmato al ministero dello Sviluppo un preaccordo con i sindacati che dovrebbe spianare la strada all’ennesimo salvataggio della compagnia. Non senza un nuovo intervento pubblico sotto forma di garanzia concessa da Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti, come confermato dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Sarebbe questa la conditio sine qua non richiesta dalle banche azioniste Intesa Sanpaolo e Unicredit per partecipare alla necessaria ricapitalizzazione da circa 2 miliardi insieme all’emiratina Etihad che ha il 49%. Ma prima di sciogliere le riserve occorre attendere il via libera dei lavoratori, che la settimana prossima si esprimeranno sull’intesa notturna attraverso un referendum.
Il verbale di confronto, firmato nella tarda notte di giovedì, prevede una serie di misure tra cui la riduzione degli esuberi tra il personale di terra a tempo indeterminato da 1.338 a 980 e la riduzione del taglio degli stipendi del personale navigante dal 30 all’8%. Si evidenzia poi la necessità di accelerare la crescita dei ricavi, in particolare inserendo nuovi aerei per il lungo raggio.
Per quanto riguarda gli esuberi, la riduzione dovrebbe avvenire attraverso il superamento del progetto di esternalizzazione nelle aree di manutenzione e in altri ambiti, il ricorso alla cassa integrazione straordinaria entro maggio 2017 per due anni, la riqualificazione e formazione dei lavoratori, misure di incentivazione all’esodo, miglioramento della produttività ed efficienza.
Per quanto riguarda il personale navigante, sono previsti scatti di anzianità triennali con primo scatto nel 2020 e tetto all’incremento retributivo in caso di promozione pari al 25%. Per i neo assunti arriva tra il resto la riduzione dei riposi annuali da 120 a 108, esodi incentivati dei piloti e assistenti di volo e prosecuzione della solidarietà fino alla scadenza prevista per legge, il 24 settembre 2018.
“Si è partiti da una proposta dell’azienda che prevedeva una manovra sul costo del lavoro di circa 368 milioni, l’abbiamo fatta abbassare di cento – ha sottolineato il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan -. All’inizio l’azienda era partita da una richiesta del 30% di abbassamento del costo del lavoro per poi passare al 15%, alla fine l’abbiamo poi portata all’8%, ovviamente lavorando molto sulla produttività, lavorando molto sui salari di ingresso per i nuovi assunti, lavorando anche sugli scatti che diventano triennali, però con una prospettiva di crescita dell’impresa”. Inoltre “un altro aspetto importante è che non parliamo più di licenziamenti, parliamo di cassa integrazione, di utilizzo degli ammortizzatori sociali per il personale di terra coinvolto nel processo”.