In carcere è finito anche un pediatra, Pietro Bonaventura Zavettieri, accusato di essere uno dei promotori dell’organizzazione di trafficanti che operava tra il Sudamerica e l’Italia. Per la Dda di Reggio Calabria, inoltre, il professionista era anche uno dei finanziatori della cocaina che la cosca Bellocco riusciva a fare arrivare nei porti di Gioia Tauro e Livorno e avrebbe ospitato in Calabria due narcos colombiani. Il gip di Reggio, Domenico Santoro, ha accolto l’impianto accusatorio dell’operazione “Gerry” che nelle settimane scorse aveva portato al fermo di 18 persone tra Calabria, Campania, Sicilia, Lombardia e Toscana. Nei loro confronti è stata emessa la custodia cautelare in carcere per traffico internazionale di cocaina. Complessivamente sono 32 gli indagati.
Quando non era possibile utilizzare il porto di Gioia Tauro, la cosca Bellocco faceva sbarcare lo stupefacente a Napoli o, il più delle volte, al porto di Livorno dove la ‘ndrangheta poteva usufruire di una struttura che aveva il compito di fare uscire lo cocaina dallo scalo. Una squadra di portuali che, secondo gli inquirenti, era guidata da Domenico Lentini, un calabrese da anni emigrato in Toscana, che provvedeva sia al recupero dei borsoni di droga nascosti nei container che alla successiva consegna ai “grossisti” legati alle famiglie di ‘ndrangheta.
L’inchiesta, condotta dal Goa di Catanzaro della guardia di finanza e coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho e dai sostituti della Dda Simona Ferraiuolo e Giulia Pantano, ha portato al sequestro di oltre 300 chili di cocaina per un valore di 100 milioni di euro. Gli uomini del colonnelli Michele Di Nunno e Carmine Virno hanno consentito alla Direzione distrettuale antimafia di disarticolare un sodalizio di cui facevano parte non solo esponenti della cosca Bellocco, ma anche personaggi legati alle famiglie mafiose Piromalli-Molé di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova e Paviglianiti della Locride.
In carcere è finito Giuseppe Bellocco detto “Testazza”, figlio del boss Gregorio e destinato a prendere il suo posto. Assieme al fratello Michele, Giuseppe (ritenuto l’attuale “testa pensante del clan”) è stato arrestato perché coinvolto nell’importazione di centinaia di chili di cocaina dalla Sudamerica. L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa anche nei confronti del pregiudicato Rosario Arcuri, ritenuto dalle Fiamme gialle il “vero e proprio collettore” tra le varie famiglie mafiose, capace di mantenere i contatti tra i narcos colombiani, i clan calabresi e i portuali di Livorno guidati da Domenico Lentini.
Non solo cocaina. Stando all’ordinanza di custodia cautelare, infatti, gli indagati dell’inchiesta “Gerry” trafficavano anche in marijuana, hashish ed eroina. Assieme al fratello e al figlio, Rosario Arcuri aveva stretto legami con alcuni trafficanti napoletani guidati da Maria Rosaria Campagna, pluripregiudicata e compagna del presunto boss di Catania Salvatore Cappello, attualmente detenuto al 41 bis. I napoletani prima hanno aiutato i calabresi a fare uscire la cocaina dal porto di Napoli e poi hanno partecipato al business dell’eroina e della marijuana acquistando dai clan di Rosarno la droga che finiva nelle piazze campane.
Il pediatra arrestato, Pietro Bovanentura Zavettieri, secondo la Dda, è legato alle cosche del basso Jonio reggino e, in particolare, dava disposizioni a Sandro Favasuli su come tenere i contatti con i fornitori sudamericani. I due comunicavano utilizzando la tecnologia Blackberry. Nelle chat il Favasuli era “Marte” o “Vox” mentre il pediatra adottava i nickname “Rino” o “Gerry” che poi ha dato il nome all’operazione della Guardia di finanza. In sostanza, secondo gli inquirenti, Favasuli era il factotum di Zavettieri e Paolo Talia considerati i finanziatori dei carichi di cocaina che partivano dalla Colombia e passavano dalla Spagna.