Il paziente avrà il diritto di abbandonare le terapie. Lo stabilisce l’emendamento della commissione al ddl Biotestamento che sopprime il sesto comma del primo articolo del testo. Il comma eliminato prescriveva che “il rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico o la rinuncia al medesimo non possono comportare l’abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l’erogazione delle cure palliative”. L’emendamento della commissione, firmato dal presidente Mario Marazziti, è passato a larghissima maggioranza: i voti a favore sono stati 360, 21 i contrari e due astenuti. L’Aula della Camera ha ripreso l’esame del disegno di legge per il quale mancano da votare circa cento emendamenti. Anche oggi, in fase di emissione dei pareri, il Governo si è “rimesso all’Aula”, dichiarandosi così neutrale rispetto all’esame del provvedimento da parte dell’Assemblea. Il testo potrebbe essere licenziato a Montecitorio domani per poi passare al Senato. Arrivati a questo punto l’Aula della Camera ha approvato l’intero articolo 1, passato con 326 voti, che è il “cuore” del provvedimento perché regola il consenso informato del fine vita. Hanno votato contro Forza Italia e Alternativa popolare, a favore il Pd, M5s e Mdp. In apertura di seduta, peraltro, la Lega Nord aveva chiesto di invertire l’ordine del giorno per parlare prima della legittima difesa: la richiesta è stata bocciata con oltre 180 voti di differenza.
Nel ddl biotestamento entra dunque il principio del divieto dell’accanimento terapeutico e il conseguente riconoscimento del diritto del paziente di abbandonare totalmente la terapia. In base al testo “il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre garantita un’appropriata terapia del dolore con il coinvolgimento del medico di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative”.
Il testo prevede anche che “nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”.
Viceversa anche il medico ha il diritto di rifiutarsi: a fronte del rifiuto di un trattamento sanitario da parte del paziente “non ha obblighi professionali”. In base alla norma, a fronte della richiesta di un paziente di sospendere i trattamenti un singolo medico potrà rifiutarsi di “staccare la spina”. Il paziente potrà comunque rivolgersi a un altro medico della stessa struttura sanitaria.
E in questo quadro, peraltro, le cliniche private, e in particolare quelle cattoliche, convenzionate con il sistema sanitario nazionale, non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall’applicazione delle norme sul biotestamento “non rispondenti alla carta di valori su cui fondano i propri servizi”: la Camera ha respinto a scrutinio segreto l’emendamento di cui era primo firmatario Gian Luigi Gigli (Democrazia Solidale) che mirava ad evitare penalizzazioni “nei rapporti che legano” quelle strutture al Sistema sanitario nazionale. L’emendamento è stato bocciato con 335 no e 82 sì.