Tutta la stampa italiana, per una volta, sembra essere d’accordo. Le pubbliche amministrazioni nascondono in modo complice e contra legem i loro documenti, dati e informazioni ai cittadini. I primi dati sull’
È davvero così? Io da tempo nutro qualche serio dubbio su questa normativa che ha, di fatto, burocratizzato la trasparenza ed è stata trapiantata nel nostro Paese con un non proprio impeccabile “copia-incolla” effettuato da
Prima di tutto, dovremmo chiederci: ma questo Foia serve ai giornalisti o ai cittadini? Sembra una provocazione la mia, ma non lo è per nulla. Non possiamo non interrogarci sul tipo di trasparenza che servirebbe, oggi, ai cittadini italiani: una trasparenza voyeuristica che consenta di accedere a dataset pubblici sterminati e sempre più centralizzati, come prevista dall’attuale benemerita normativa del Foia, oppure un accesso trasparente e sempre disponibile on line a informazioni e documenti rilevanti delle pubbliche amministrazioni?
Cosa interessa davvero ai cittadini italiani? Una trasparenza astratta dei procedimenti amministrativi o
Sono queste le domande a cui la normativa non sa rispondere. Una normativa introdotta nel nostro Paese attraverso l’ennesima “innovativa” riforma di cui si sentiva poco la necessità e che, nella eccessiva genericità dell’elencazione dei limiti all’accesso civico generalizzato, prevista dall’articolo 5bis del D.lgs. 33/2013, si sovrappone burocraticamente all’istituto dell’accesso agli atti del procedimento amministrativo, (di cui alla legge 241/90) in un ginepraio contorto di norme che ci fa ricordare sempre di più il famoso brocardo latino di Tacito: “corruptissima republica plurimae leges”.
Incredibilmente oggi si chiede ai cittadini italiani di districarsi tra 5 diverse ipotesi di accesso:
– Diritto di accesso agli atti del procedimento amministrativo (con precisi limiti di azione)
– Diritto di accesso civico alla trasparenza sui siti web (con limiti di pubblicazione)
– Diritto di accesso civico generalizzato (con limiti di esercizio troppo generici)
– Diritto all’accesso e alla portabilità dei propri dati personali (nei diversi ambiti previsti dalla normativa in materia di protezione dei dati)
– Diritto di accesso ai propri documenti conservati dalle pubbliche amministrazioni (appena introdotto nell’articolo 43 del Codice dell’amministrazione digitale).
Di tali diritti, differenti tr
In realtà, i cittadini sono perfettamente all’oscuro di questi nuovi diritti e nessuno ha seriamente provato ad “alfabetizzarli”, come sarebbe necessario. Del resto, come si può spiegare in modo elementare ciò che (abilmente) è nato come complicatissimo? Si ha infatti
La verità è che non si possono introdurre frettolosamente in un ordinamento complesso come il nostro istituti e regole pensati (in epoche passate) per ordinamenti di common law. Per incidere sul nostro ordinamento ci vorrebbe il bisturi nelle mani di un chirurgo e non il racconto affabulante di chi si affanna a dimostrare di volere sì maggiore trasparenza, ma solo di facciata.
Era il D.lgs. 33/2013 (già vigente nel nostro ordinamento) che andava potenziato e coordinato con le norme esistenti, se davvero si voleva favorire la trasparenza digitale della pubblica amministrazione. Il nostro Paese avrebbe bisogno di poter credere a un’amministrazione totalment
Quindi, per una buona volta, rendiamoci conto che la colpa di questo stato di desolazione digitale poco trasparente non è delle nostre pubbliche amministrazioni, ma della scarsa chiarezza e dei pretesti burocratici che le pe