A fine mandato Barack Obama non aveva firmato il prolungamento delle sanzioni, oggi arriva la notizia che l’accordo sul nucleare, che proprio l’amministrazione precedente aveva firmato, verrà rivisto. Un passo “prudenziale” però lo definisce Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca. Donald Trump ha deciso la verifica entro 90 giorni del rispetto dell’accordo di Teheran e se la rimozione delle sanzioni è negli interessi della sicurezza nazionale Usa. Alla domanda se Trump è preoccupato che l’Iran, alleata della Siria di Assad, possa “imbrogliare”, Spicer ha risposto: “Se avesse pensato che tutto era ok non lo avrebbe fatto. Parte della verifica dell’accordo è per stabilire se l’Iran lo rispetta e per formulare raccomandazioni sulla strada da seguire”. In una lettera allo speaker del Congresso Paul Ryan il Segretario di stato Rex Tillerson ha dichiarato che l’Iran continua a rispettare l’accordo, siglato a Vienna nel luglio del 2015 dopo 18 mesi di negoziati tra l’Iran e sei Paesi, ma che restano le preoccupazioni sul suo ruolo di sponsor del terrorismo.
Nei giorni scorsi il presidente iraniano Hassan Rouhani, che a maggio si candiderà alle elezioni per un secondo mandato elettorale, aveva dichiarato che l’Iran non chiederà “il permesso di nessuno” per aumentare la propria capacità missilistica. Una risposta diretta a Trump che, dopo un test balistico, aveva infatti su Twitter che Teheran stava “giocando col fuoco”. Durante il mandato di Rouhani l’accordo sul nucleare ha permesso una revoca parziale delle sanzioni internazionali nei confronti dell’Iran. L’economia, però, non è ripartita e il tasso di disoccupazione è passato dal 10,5 al 12,4 per cento. A sfidarlo dovrebbe essere anzitutto Mahmoud Ahmadinejad, ex sindaco di Teheran, eletto presidente nel 2005 e poi ancora nel 2013 con il sostegno dei conservatori e la promessa di “costruire l’Iran islamico”. Di certo, chi vincerà dovrà fare i conti con Trump.
Il presidente americano ha criticato l’accordo sul nucleare e, lo scorso febbraio, ha deciso di adottare nuove sanzioni nei confronti di società e dirigenti di Teheran accusati di contribuire a programmi missilistici e sostenere gruppi armati all’estero. Washington aveva sottolineato come le misure imposte fossero compatibili con gli impegni presi nell’accordo sul nucleare iraniano del 2015, eredità dell’amministrazione guidata da Barack Obama. I rapporti Teheran e Washington si sono raffreddati dopo la firma di Trump all’ordine esecutivo che vietava temporaneamente l’ingresso negli Usa ai cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana fa cui l’Iran. Teheran, in risposta, aveva annunciato di voler applicare il “principio della reciprocità“.
Di fatto Trump vuole mantenere l’Iran sotto pressione. In campagna elettorale aveva bollato l’accordo definendolo “il peggiore mai negoziato” ma aveva espresso opinioni diverse sul da farsi, ossia se uscire dall’intesa, modificarla o tenerla in vita con un controllo più rigido. Ora sembra volersi tenere aperte tutte le porte per far sentire il fiato sul collo a Teheran.