Collegi uninominali, premio di maggioranza alla prima lista e soglie di sbarramento uguali per Camera e Senato. Sulla legge elettorale qualcosa (poco, pochissimo) si muove. Il Pd – dopo aver provocato gli altri partiti vanamente con il Mattarellum, infine schifato da tutti – ha fissato i tre criteri “imprescindibili” da cui partire. Ciascuno dei tre trova in disaccordo qualcuno, tutt’e tre spaventano di sicuro tutti i partitini che infatti già chiedono in coro il premio alla coalizione per evitare paralisi post-voto. La risposta però arriva direttamente da Matteo Renzi: “Se nessuno prende il 40 per cento ci dovrà essere un accordo in Parlamento come in Germania. Un’alleanza Renzi-Berlusconi? Questo tipo di alleanza non esiste, io spero non nel pareggio ma di vincere”.
Comunque vada, per il momento la cornice suggerita dal Pd è un punto di partenza che spinge il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti di Celso, a dire che si può produrre un “testo base”. Un grande successo, dopo quasi 5 mesi, degli stessi partiti che all’indomani del referendum costituzionale giuravano di mettere subito mano alla riforma elettorale per andare subito al voto. La commissione formato bradipo dunque comincia a muovere qualche muscolo. Prossimo appuntamento il 27 aprile, ma nessuno può credere che per quella data ci sia già un testo-base su cui discutere, lavorare, votare. Vale la pena ricordare che – tra le risate generali – i partiti hanno promesso di concludere il percorso della riforma elettorale entro la pausa estiva, cioè entro inizio agosto.
E infatti Mazziotti dopo un po’ di passaggi a vuoto ha capito: “I tempi non li dico – si schermisce – perché occorre incrociare le indicazioni di tutti i gruppi, ma si può lavorare senz’altro a un testo base”. Anche perché il “grande successo” arriva dopo che il capogruppo del Pd in commissione Emanuele Fiano l’altra volta aveva detto solo che i democratici preferivano un sistema “di tipo maggioritario“. Un po’ pochino per far partire la discussione. Oggi ha aggiunto che si può cominciare a parlare di collegi uninominali, premio alla lista e armonizzazione delle soglie di sbarramento alla Camera e al Senato perché attualmente sono fissate rispettivamente al 3 e all’8 per cento.
In realtà ora la questione è solo spostata di un centimetro perché ci sarà da capire chi è d’accordo con quale dei tre punti e se ci sono i voti per portare un pacchetto coerente. Tanto per fare un esempio, il Movimento Cinque Stelle risponde picche: “Renzi in tv dà l’ok al Legalicum – twitta Danilo Toninelli – ma in Parlamento fa l’opposto e propone un’altra legge elettorale incostituzionale. Sempre più ridicoli!”. Luigi Di Maio chiarisce: “Noi chiediamo di andare a votare il prima possibile e al presidente della Repubblica di tornare a chiedere alle Camere di omogeneizzare le leggi elettorali: la legge della Camera mettiamola al Senato e torniamo a votare”.
In realtà una notizia buona c’è, in tutto questo bailamme e forse su questo ci potrebbe essere collaborazione tra partiti: sono spariti i capilista bloccati che tutti vorrebbero vedere scomparire (dal M5s a tutti i candidati alla segreteria del Pd). Punto colto per il momento solo da Pierluigi Bersani, uno dei leader dei Democratici e Progressisti: “Leggendo le ultime proposte contro i capitalista bloccati dico: era ora. I capilista bloccati sono un disastro totale per la democrazia italiana. Se fissiamo il principio di farla finita e passare ai piccoli collegi poi possiamo discutere di tutto il resto”. Poiché Bersani conosce i suoi polli aggiunge: “Voglio credere che si tengano ferme le parole e non sia tattica“.
Forza Italia, invece, almeno a parole, ci sta, ma – come spiega Francesco Paolo Sisto – approva “piccoli collegi uninominali”, ma vuole il premio di maggioranza alla coalizione, esattamente come tutti i partiti più piccoli. A partire dagli alleati di governo del Pd, gli alfaniani: “Dalla posizione assunta oggi dal Pd in commissione emergono un rischio e una certezza – sottolinea il capogruppo in commissione di Alternativa Popolare Dore Misuraca – Il rischio di lasciare il Paese all’ingovernabilità e la certezza che vogliono rinviare la riforma elettorale. È chiaro infatti che insistendo sul premio alla lista sanno perfettamente che, al netto della propaganda, nessuna lista arriverà al 40 per cento, e quindi un minuto dopo il voto sarà subito caos istituzionale”.