I volti che si fanno scuri in favor di telecamera, gli appunti che saltano e la testa che va veloce a riprendere i discorsi sulla sicurezza per cercare di schierarsi prima degli altri. La notizia dell’ennesimo attentato a Parigi è piombata nello studio di France2 quando i candidati alle presidenziali sono nel pieno dell’ultimo dibattito tv: “Un uomo ha sparato a colpi di kalashnikov contro la polizia sugli Champs-Elysées”. In primo piano il candidato socialista Benoit Hamon, dietro le quinte gli altri dieci avversari che uno ad uno vengono avvisati di quello che sta succedendo a pochi chilometri di distanza. All’inizio nessuno ne parla in attesa di notizie verificate, poi il leader di En Marche Emmanuel Macron, uno dei favoriti, rompe il silenzio quando è il suo turno di parola: “Sono pronto a proteggervi”, dice cercando di depistare gli altri. Ma chi può approfittare della situazione sono i candidati a destra, Marine Le Pen e François Fillon, che attenti elencano le loro misure per la sicurezza. La minaccia terroristica che da ormai più di tre anni travolge la Francia torna così sull’agenda di una campagna elettorale per le presidenziali tra le più schizofreniche che il Paese abbia mai visto. Gli attacchi, l’islamismo e lo Stato d’emergenza sono stati gli argomenti più delicati di questi lunghi mesi di battaglia elettorale: per le destre motivo di conquista, per tutti gli altri zona rossa da evitare in tutti i modi per non perdere consensi. Sullo sfondo cittadini stanchi e assuefatti all’emergenza che, prima di tutto, chiedono normalità. Quando mancano poco meno di 24 ore al silenzio elettorale e di fronte a un timore di astensione di oltre il 30 per cento, i candidati si trovano in diretta tv a dover dare risposte su uno dei temi che, tra le altre cose, ha affossato la stessa presidenza dell’uscente François Hollande. E, per l’ennesima volta nel corso di questi mesi, le carte si rimescolano agli occhi di un elettorato indeciso e bombardato dalle immagini dell’emergenza sicurezza che scorrono sulle televisioni di tutto il mondo.
Fillon, Le Pen e Macron hanno annullato gli ultimi impegni in campagna elettorale, al contrario di Hamon, che ha confermato tutti gli appuntamenti. La prima proposta di interrompere i comizi in anticipo è arrivata da François Fillon, candidato dei Repubblicani. Lui che negli ultimi mesi ha arrancato nei sondaggi ed è stato affossato dell’inchiesta a suo carico sui presunti impieghi fittizi per moglie e figli, si è così riposizionato su quella che era la sua buona stella: dare un’immagine di sicurezza e protezione, con politiche di destra che si distinguono dall’estremismo scomodo di Marine Le Pen, ma che al tempo stesso danno un’immagine concreta di possibilità d’intervento. “La lotta al terrorismo deve essere la priorità assoluta del prossimo presidente della Repubblica”, ha detto in diretta tv. Ne ha quindi approfittato per esporre il suo piano anti-terrorismo, che per lui significa “fare parte di una coalizione mondiale per sradicare i jihadisti alleandosi con Mosca e Teheran”, “togliere la nazionalità ai francesi partiti per fare la jihad”, ma soprattutto “aumentare gli arresti dei criminali segnalati come radicalizzati (fiche S) e per cui è possibile stabilire un legame con lo Stato Islamico”. Preso dalla foga, Fillon ha parlato addirittura di altri disordini che sarebbero stati in corso a Parigi: una voce poi smentita dallo stesso ministero dell’Interno.
Naturalmente la prima a beneficiare dell’emergenza è stata la candidata del Front National Marine Le Pen che ha potuto rispolverare alcuni dei suoi slogan più e più volte ripetuti nei comizi. “E’ un incubo che ricomincia”, ha detto. “Sono triste e arrabbiata per le nostre forze dell’ordine costrette a pagare un caro prezzo”. Non contenta, la presidente del partito di estrema destra ha anche ripetuto la frase che più le ha attirato polemiche negli ultimi giorni, ovvero che se lei fosse stata al governo gli attentati del 2015 “non ci sarebbero stati”. Marine Le Pen ha rivendicato per l’ennesima volta il fatto che i temi di immigrazione e terrorismo siano stati esclusi dalla campagna elettorale. Quindi ha riproposto l’aumento del numero delle forze dell’ordine e l’espulsione di tutti i presunti criminali radicalizzati. Per lei la strada sul tema è stata spianata: “Basta con il lassismo”, ha dichiarato, “basta con la leggerezza. Non possiamo lasciare ai nostri figli un Paese incapace di difenderli. Serve lucidità, coraggio e determinazione. Questo i francesi devono chiedere e pretendere adesso”.
Il favorito Emmanuel Macron, accusato di avere un programma per la sicurezza ancora troppo debole perché al comando di un non partito che non si schiera né a destra né a sinistra, ha cercato di rievocare il tema della protezione. “La funzione di un presidente è proteggere”, ha dichiarato in diretta tv intervenendo tra i primi dopo l’annuncio, “io sono pronto a farlo. Questa minaccia fa parte del quotidiano dei nostri prossimi anni”. Poche ore dopo anche il leader di En Marche, come Le Pen e Fillon, ha deciso di annullare i suoi ultimi comizi. Diversa invece, per ora, la posizione del candidato Jean-Luc Melenchon che, ha detto, ritiene importante “non interrompere il processo democratico”. Il leader della France Insoumise è il volto di sinistra che stava scalando (a sorpresa) i sondaggi e che sa pagherà caro il ritorno dei temi sulla sicurezza in agenda alla vigilia delle elezioni: “Invito i francesi a non farsi prendere dal panico”, ha detto. Ma se non sarà il panico il nuovo fattore capace di influenzare le prossime elezioni, lo sarà l’esasperazione di un popolo stanco di vedere militari e spari nelle strade delle sue città.