Nuova indagine a carico il governatore abruzzese del Pd Luciano D’Alfonso. Il caso è quello di “Pescaraporto”, relativo ai palazzi in costruzione nell’area ex Edison sulla riviera sud di Pescara. Oltre a lui altri quattro indagati, per abuso d’ufficio e falso. Su tutti spicca il nome dell’avvocato penalista di fiducia di D’Alfonso, Giuliano Milia. Coinvolti nell’inchiesta anche il vicedirettore generale del Comune di Pescara Guido Dezio, in passato uomo di fiducia di D’Alfonso; l’ex consigliere regionale del Pd Claudio Ruffini, già segretario particolare del presidente della Regione Abruzzo; e Vittorio Di Biase, dirigente del Genio civile abruzzese.
L’accusa. A insospettire gli inquirenti è stato il comportamento del Genio civile, che aveva bloccato gli interventi edilizi progettati dagli azionisti di “Pescaraporto” per il rischio di straripamento del tratto terminale del vicinissimo fiume Pescara (parlando di “situazione di potenziale pericolo” e chiedendo all’Autorità di bacino e al Comune di Pescara di verificare “la regolarità e la compatibilità idraulica delle attività”) salvo poi mutare repentinamente idea, e concedere il suo placet alla costruzione. Il contrordine avvenne tra il 18 febbraio e il 15 marzo del 2016, e in quel mese la Squadra mobile di Pescara avrebbe ascoltato stralci di conversazioni tra i cinque indagati. Meno di trenta giorni dopo aver manifestato i suoi timori, il Genio civile prendeva atto “degli specifici accertamenti condotti dalle autorità competenti”. Gli inquirenti hanno dubbi proprio su quei controlli: almeno una parte di quell’area è notoriamente soggetta a rischio esondazione, lo attestò la stessa Regione Abruzzo nel 2015.
La difesa di D’Alfonso. Il governatore abruzzese è già stato interrogato l’11 aprile dalla pm Anna Rita Mantini. Sabato mattina ha convocato una conferenza stampa straordinaria per chiarire la sua posizione. “Si tratta di indagini nell’ambito delle quali sono soggetto passivo di accertamento della verità. Non ho ricevuto avviso di garanzia e non mi sono state rivolte accuse. Da questa inchiesta mi aspetto un vantaggio. Rischio, anzi, di conseguire una specie di immunità parlamentare. Con il mio operato ho contribuito alla mitigazione del rischio idraulico, meriterei di essere fatto senatore a vita”. Poi ha aggiunto, parlando di contestazioni di origine “emotivo-politica”: “Ogni volta che si determina un approfondimento viene fuori che i denuncianti si rivelano con dei proiettili bagnati… Sono 53 volte che mi trovo a spiegare le condotte di un’amministrazione mai addormentata, mai pigra, sempre attivissima”.
Le altre inchieste su D’Alfonso. Dal blitz di febbraio dei carabinieri nel quartier generale aquilano della Regione è stata aperta una maxi-inchiesta con diversi filoni, alcuni dei quali riguardano in prima persona il governatore abruzzese. D’Alfonso è indagato sui lavori di restauro delle case Ater (ex popolari) di Pescara: gli viene contestato il reato di “turbata libertà degli incanti nella scelta del contraente”. La procura aquilana lo indaga anche per le presunte ingerenze nella realizzazione del Parco didattico del Lavino, e per corruzione per la vendita di un immobile a Penne.