Sarà pure un vizio italico, quello dei ritardi cronici e dei rinvii, con l’incubo del flop internazionale. O un copione che si ripete identico, per ogni “grande evento” da organizzare, con le opere da assegnare in “somma urgenza“, le inevitabili ombre sui cantieri, i “soliti noti” a puntare la torta degli appalti. Quel che è certo è che nemmeno al G7 di Taormina del 26 e 27 maggio si cambierà abitudine. Stessa corsa, stessi errori: quando manca poco più di un mese al summit dei grandi della Terra, la “Perla dello Ionio” è ancora un gran cantiere, tra disagi, confusione, promesse e annunci traditi. In fondo, era già chiaro tre mesi fa come sarebbe finita: tutto fermo, nemmeno un euro speso, nessun lavoro ancora partito. Oggi si lavora per evitare in extremis la “figuraccia” temuta dal sindaco del centro siciliano, Eligio Giardina. Ma, almeno per ora, c’è ben poco da esultare.
Lavori in ritardo, promesse tradite “Cosa resterà alla fine di questo G7? Poco o nulla”. In città c’è chi ormai è disilluso. Eppure, soltanto pochi mesi fa, era l’allora premier Matteo Renzi, ancora saldo a Palazzo Chigi, a rivendicare di aver scelto Taormina come risposta a chi dipingeva la Sicilia soltanto come “terra di mafia“. Parole ripetute come un mantra dall’ormai ex premier, allora in piena campagna referendaria, prima di essere travolto dalle urne del 4 dicembre. Ottobre, però, era ancora tempo di slogan: “La prima opera per Taormina? Sarà il grande ritorno d’immagine, con la cartolina dei sette capi di Stato e di governo, che accoglieremo nel Teatro greco-romano. Certo, poi faremo tutto quello che serve: infrastrutture, l’eliporto…”, prometteva, presentando il logo dell’evento dal gioiello siciliano. La realtà, al contrario, è che a Taormina rischia di non restare davvero nulla. I due eliporti? Piste temporanee, appena utili per far atterrare i capi di Stato e governo, per poi venire smantellate. Il Palacongressi degli anni ’70 e mai ultimato? Niente da fare, nemmeno questa volta otterrà quell’agibilità definitiva rincorsa e sbandierata da sette sindaci, amministrazione dopo amministrazione, come ricorda una paradossale targa nel palazzo. E la famosa villa Comunale, in parte franata e transennata? Al momento, è ancora tutto fermo, con tanto di scontro tra sindaco e Soprintendenza. Resterà appena la manutenzione nelle strade d’accesso al centro siciliano. E i lavori nel simbolo della città, quel Teatro greco che i Vigili del fuoco (“usati come carpentieri e manovali“, denunciano i sindacati, ndr) stanno ripulendo dall’incuria, dalle sterpaglie e dagli arbusti che stavano logorando mura e gradinate. Quasi nell’indifferenza generale.
Il Palacongressi incompiuto Eppure, stavolta nulla impediva di far partire i cantieri in tempo. Così come presentare progetti, programmare eventi collegati al G7, al contrario assenti o quasi. Oltre ad evitare la solita corsa all’ultimo secondo utile. Anche perché Renzi già a giugno 2016 aveva annunciato che il summit mondiale si sarebbe svolto a Taormina. Peccato che la batosta elettorale abbia – di fatto – oscurato il G7, con lo stesso commissario del governo, Riccardo Carpino, nominato alla vigilia di Natale e operativo solo dai primi giorni del nuovo anno. E la Regione del presidente Rosario Crocetta? “Assente pure lei, il presidente è venuto soltanto a fare passerella in città”, c’è chi accusa, da destra a sinistra. Ma non c’è nemmeno tempo per recriminare sulle inefficienze, con il G7 alle porte: “Faremo tutto in tempo. Certo, c’è una normale preoccupazione per i lavori ancora in corso. La responsabilità per i ritardi? Colpa del terremoto in Centro-Italia e di quello politico post-referendum“, si difende ora il sindaco di Taormina Eligio Giardina, accusato di “immobilismo” dalle opposizioni in Consiglio comunale, oltre che dalle associazioni locali, Legambiente compresa. Soprattutto sul caso Palacongressi. “L’amministrazione non ha adottato un progetto definitivo, così si avrà soltanto un’agibilità parziale. Qualche intervento ai muri esterni e interni, alla climatizzazione, alle sedie, poco più”, attaccano dal Pd. I lavori dovevano partire a gennaio, ma sono stati avviati solo dopo Pasqua. “Siamo un comune in pre dissesto, non abbiamo la disponibilità finanziaria per dotarci di progetti definitivi. Ma sarà un bel passo in avanti”, replica il sindaco. Ma non è tutto. A causa dei ritardi potrebbero restare inutilizzati parte degli investimenti messi a disposizione dalla presidenza del Consiglio dei ministri (circa 45 milioni di euro, 25 dei quali destinati a servizi gestiti da Consip, il resto destinato alle infrastrutture necessarie all’evento). Ma Giardina ora non è più allarmato come mesi fa: “Ripeto, grazie a Carpino abbiamo recuperato il tempo perso, ci faremo trovare pronti. Non siamo quelli con la “coppola”, possiamo competere..”, è convinto. Eppure, proprio lo stereotipo della coppola era stato usato, con tanto di gaffe, dal governo per un’immagine spot del G7, prima che venisse ritirata tra le polemiche. Non certo quel ritorno d’immagine che Taormina auspicava. Resta il summit all’orizzonte, con quella “cartolina” dei 7 grandi pronta a entrare nella storia. “Ne valeva la pena?”, c’è chi si interroga nel mercato cittadino, stizzito per le strade chiuse, le misure di sicurezza, i cantieri che a poche settimane dal via sono tutt’altro che a buon punto.
La “scalata” dei presidenti Non sarà il caso delle elipiste, ormai quasi pronte. Ma non senza ombre. Sono due, con vista sulla baia di Taormina: la prima sarà utilizzata in via esclusiva dall’amministrazione americana di Donald Trump, l’altra dai restanti capi di Stato e governo, compresi Paolo Gentiloni e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Non sarà semplice, però. Perché dagli eliporti, distanti tra loro meno di un chilometro, fino al centro di Taormina le auto presidenziali dovranno inerpicarsi tra strade strettissime, larghe al massimo due metri, piene di curve. Vecchie trazzere, al momento ancora poco asfaltate, con il cemento ormai eroso e le sterpaglie a dominare il paesaggio delle “terrazze sul mare”. Di fatto, sarà quasi un’impresa. “Sbagliato costruirla lì, la città aveva bisogno di un’eliporto per l’ospedale, non di opere smantellate dopo il G7”, ha protestato pure Legambiente. In realtà, l’amministrazione comunale punta a lasciarne in vita una – dopo una contestata deroga al piano regolatore – , vicina alla piscina comunale. “Qual è il progetto? Quello di un eliporto commerciale? Una nuova speculazione?”, ha attaccato Annamaria Nössing, presidente del circolo ambientalista locale, critica anche per il rischio idrogeologico nell’area, già soggetta a frane e smottamenti. Oltre che per l’espianto nell’area di ulivi secolari. Il futuro, però, è ancora un rebus. Di certo, c’è il costo dell’opera: circa due milioni e mezzo di euro. Per due giorni appena, se le elipiste saranno smontate: tutt’altro che un affare
Politica - 22 Aprile 2017
G7, incubo flop a Taormina. Tra cantieri in ritardo e promesse tradite: “Alla città non rimarrà nulla”
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Nonostante le promesse di Renzi, del passaggio del G7 potrebbe non rimanere altro che l'amarezza di un'altra occasione sprecata. A trenta giorni dal via, i lavori sono quasi tutti in ritardo. E se le elipiste da 2,5 milioni di euro rischiano di non sopravvivere al summit, nel teatro greco a rimboccarsi le maniche ci sono addirittura i vigili del fuoco.
Sarà pure un vizio italico, quello dei ritardi cronici e dei rinvii, con l’incubo del flop internazionale. O un copione che si ripete identico, per ogni “grande evento” da organizzare, con le opere da assegnare in “somma urgenza“, le inevitabili ombre sui cantieri, i “soliti noti” a puntare la torta degli appalti. Quel che è certo è che nemmeno al G7 di Taormina del 26 e 27 maggio si cambierà abitudine. Stessa corsa, stessi errori: quando manca poco più di un mese al summit dei grandi della Terra, la “Perla dello Ionio” è ancora un gran cantiere, tra disagi, confusione, promesse e annunci traditi. In fondo, era già chiaro tre mesi fa come sarebbe finita: tutto fermo, nemmeno un euro speso, nessun lavoro ancora partito. Oggi si lavora per evitare in extremis la “figuraccia” temuta dal sindaco del centro siciliano, Eligio Giardina. Ma, almeno per ora, c’è ben poco da esultare.
Lavori in ritardo, promesse tradite “Cosa resterà alla fine di questo G7? Poco o nulla”. In città c’è chi ormai è disilluso. Eppure, soltanto pochi mesi fa, era l’allora premier Matteo Renzi, ancora saldo a Palazzo Chigi, a rivendicare di aver scelto Taormina come risposta a chi dipingeva la Sicilia soltanto come “terra di mafia“. Parole ripetute come un mantra dall’ormai ex premier, allora in piena campagna referendaria, prima di essere travolto dalle urne del 4 dicembre. Ottobre, però, era ancora tempo di slogan: “La prima opera per Taormina? Sarà il grande ritorno d’immagine, con la cartolina dei sette capi di Stato e di governo, che accoglieremo nel Teatro greco-romano. Certo, poi faremo tutto quello che serve: infrastrutture, l’eliporto…”, prometteva, presentando il logo dell’evento dal gioiello siciliano. La realtà, al contrario, è che a Taormina rischia di non restare davvero nulla. I due eliporti? Piste temporanee, appena utili per far atterrare i capi di Stato e governo, per poi venire smantellate. Il Palacongressi degli anni ’70 e mai ultimato? Niente da fare, nemmeno questa volta otterrà quell’agibilità definitiva rincorsa e sbandierata da sette sindaci, amministrazione dopo amministrazione, come ricorda una paradossale targa nel palazzo. E la famosa villa Comunale, in parte franata e transennata? Al momento, è ancora tutto fermo, con tanto di scontro tra sindaco e Soprintendenza. Resterà appena la manutenzione nelle strade d’accesso al centro siciliano. E i lavori nel simbolo della città, quel Teatro greco che i Vigili del fuoco (“usati come carpentieri e manovali“, denunciano i sindacati, ndr) stanno ripulendo dall’incuria, dalle sterpaglie e dagli arbusti che stavano logorando mura e gradinate. Quasi nell’indifferenza generale.
Il Palacongressi incompiuto Eppure, stavolta nulla impediva di far partire i cantieri in tempo. Così come presentare progetti, programmare eventi collegati al G7, al contrario assenti o quasi. Oltre ad evitare la solita corsa all’ultimo secondo utile. Anche perché Renzi già a giugno 2016 aveva annunciato che il summit mondiale si sarebbe svolto a Taormina. Peccato che la batosta elettorale abbia – di fatto – oscurato il G7, con lo stesso commissario del governo, Riccardo Carpino, nominato alla vigilia di Natale e operativo solo dai primi giorni del nuovo anno. E la Regione del presidente Rosario Crocetta? “Assente pure lei, il presidente è venuto soltanto a fare passerella in città”, c’è chi accusa, da destra a sinistra. Ma non c’è nemmeno tempo per recriminare sulle inefficienze, con il G7 alle porte: “Faremo tutto in tempo. Certo, c’è una normale preoccupazione per i lavori ancora in corso. La responsabilità per i ritardi? Colpa del terremoto in Centro-Italia e di quello politico post-referendum“, si difende ora il sindaco di Taormina Eligio Giardina, accusato di “immobilismo” dalle opposizioni in Consiglio comunale, oltre che dalle associazioni locali, Legambiente compresa. Soprattutto sul caso Palacongressi. “L’amministrazione non ha adottato un progetto definitivo, così si avrà soltanto un’agibilità parziale. Qualche intervento ai muri esterni e interni, alla climatizzazione, alle sedie, poco più”, attaccano dal Pd. I lavori dovevano partire a gennaio, ma sono stati avviati solo dopo Pasqua. “Siamo un comune in pre dissesto, non abbiamo la disponibilità finanziaria per dotarci di progetti definitivi. Ma sarà un bel passo in avanti”, replica il sindaco. Ma non è tutto. A causa dei ritardi potrebbero restare inutilizzati parte degli investimenti messi a disposizione dalla presidenza del Consiglio dei ministri (circa 45 milioni di euro, 25 dei quali destinati a servizi gestiti da Consip, il resto destinato alle infrastrutture necessarie all’evento). Ma Giardina ora non è più allarmato come mesi fa: “Ripeto, grazie a Carpino abbiamo recuperato il tempo perso, ci faremo trovare pronti. Non siamo quelli con la “coppola”, possiamo competere..”, è convinto. Eppure, proprio lo stereotipo della coppola era stato usato, con tanto di gaffe, dal governo per un’immagine spot del G7, prima che venisse ritirata tra le polemiche. Non certo quel ritorno d’immagine che Taormina auspicava. Resta il summit all’orizzonte, con quella “cartolina” dei 7 grandi pronta a entrare nella storia. “Ne valeva la pena?”, c’è chi si interroga nel mercato cittadino, stizzito per le strade chiuse, le misure di sicurezza, i cantieri che a poche settimane dal via sono tutt’altro che a buon punto.
La “scalata” dei presidenti Non sarà il caso delle elipiste, ormai quasi pronte. Ma non senza ombre. Sono due, con vista sulla baia di Taormina: la prima sarà utilizzata in via esclusiva dall’amministrazione americana di Donald Trump, l’altra dai restanti capi di Stato e governo, compresi Paolo Gentiloni e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Non sarà semplice, però. Perché dagli eliporti, distanti tra loro meno di un chilometro, fino al centro di Taormina le auto presidenziali dovranno inerpicarsi tra strade strettissime, larghe al massimo due metri, piene di curve. Vecchie trazzere, al momento ancora poco asfaltate, con il cemento ormai eroso e le sterpaglie a dominare il paesaggio delle “terrazze sul mare”. Di fatto, sarà quasi un’impresa. “Sbagliato costruirla lì, la città aveva bisogno di un’eliporto per l’ospedale, non di opere smantellate dopo il G7”, ha protestato pure Legambiente. In realtà, l’amministrazione comunale punta a lasciarne in vita una – dopo una contestata deroga al piano regolatore – , vicina alla piscina comunale. “Qual è il progetto? Quello di un eliporto commerciale? Una nuova speculazione?”, ha attaccato Annamaria Nössing, presidente del circolo ambientalista locale, critica anche per il rischio idrogeologico nell’area, già soggetta a frane e smottamenti. Oltre che per l’espianto nell’area di ulivi secolari. Il futuro, però, è ancora un rebus. Di certo, c’è il costo dell’opera: circa due milioni e mezzo di euro. Per due giorni appena, se le elipiste saranno smontate: tutt’altro che un affare
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".