Irrompe nella Commissione Moro 2 il colonnello dei carabinieri Michele Riccio. Tutti attendevano un contributo significativo sulla tragica vicenda del covo brigatista di Via Fracchia (dove il 29 marzo 1980 furono freddati quattro brigatisti e dove si ritiene venissero custodite le ‘carte’ degli interrogatori di Aldo Moro) e invece no. Riccio parla avendo dietro di sé la stessa ombra di sempre: quella di Luigi Ilardo, il boss che aveva cominciato a svelare tantissimi segreti e che venne ucciso proprio il giorno prima che formalizzasse la sua collaborazione.

Ilardo gli parlò di una “struttura con licenza di uccidere” che aveva allungato i propri artigli sulle stragi del 92-93 e che era nata molto tempo prima, agli inizi degli anni ’70. Tra gli uomini chiave di questa compagine c’era un certo Giovanni Chisena, un criminale legato ai servizi segreti con cui Ilardo si incontrò proprio qualche giorno dopo il delitto Moro: “Alla fine lo hanno ucciso”, gli disse, intendendo che l’esisto attesa fosse diverso. Con loro quel giorno c’era anche un massone ‘di peso’, Luigi Savona.

Ilardo incontrò varie volte Chisena sul traghetto che collega Villa San Giovanni a Messina, luogo che fa sobbalzare il senatore Gotor il quale ricorda che Tony Chicchiarelli, il famoso falsario autore del falso comunicato della Duchessa, abbandonò un borsello a Roma in via della Lungara nel quale c’era un biglietto ferroviario proprio per quella tratta: “Un messaggio? E’ necessario approfondire”, dice rivolgendosi al presidente Fioroni che si trova a maneggiare dati investigativi utilissimi ma assai complicati.

Sì, perché non è mica finita qui. Chisena era assiduo di un pm torinese, Luigi Moschella, che prima tenne il processo torinese contro le Brigate Rosse, “nonostante il Sid (l’allora servizio segreto) sapesse bene quali fossero i suoi contatti” e poi finì assai chiacchierato, in contatto con gli ambienti ‘ndranghetisti autori dell’omicidio, il 26 giugno 1983, del procuratore Bruno Caccia (di Moschella fa un ritratto approfondito Paola Bellone nel recente libro Tutti i nemici del procuratore). Moschella, dice ancora Riccio davanti ai commissari un po’ sconcertati, è amico di Germano La Chioma, un pregiudicato torinese che fece il grande colpo alla banda Secur Mark insieme proprio a Tony Chicchiarelli, il falsario: un intreccio che fa venire i brividi. Quella rapina pare fosse il compenso dato a Tony e ai suoi uomini per ‘ ‘servigi’ resi durante il sequestro Moro.

Ma chi è davvero quel Chisena? Sembra una di quelle figure cerniera assai significative e poco indagate: fu fatto fuori nel carcere di Fossombrone che ospitava Franco Bonisoli, il brigatista del commando di via Fani. Anzi, il colonnello Riccio dice proprio che lo ammazzò lui, anche se non fu indagato da quel che risulta. a quel punto anche il piglio da Pm del senatore Fornaro si placa e il presidente della Commissione, Giuseppe Fioroni, dispone l’acquisizione delle carte presso le procure di Palermo e Caltanissetta dove sono finite le dichiarazioni di Riccio. “Sentiremo anche il procuratore Pignatone, già capo della procura palermitano”, annuncia, forse inconsapevole del ginepraio che troverà. Le dichiarazioni del colonnello Riccio fanno molto riflettere: sulla figura di Chisena, sulla “struttura” indicata da Ilardo e sul caos fatto da montagne di informazioni seminate qui e là e che forse, raccolte con adeguata cura investigativa, avrebbe potuto consegnarci sprazzi di verità su questo nostro assurdo passato.

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