Nonostante la deroga al tetto agli stipendi concessa dal governo agli artisti che lavorano in Rai, Fabio Fazio torna alla carica. Intervistato da Aldo Grasso al Festival della tv di Dogliani, il conduttore di Che tempo che fa ha – forse vicino all’addio – ha infatti ripetuto, con parole ancora più dure, quel che aveva detto a fine marzo in un’intervista a Repubblica: “Mai l’ingerenza politica è stata così forte sulla tv pubblica. Parlo di gestione dell’azienda, tetto pubblicità, compensi. Non c’è azienda al mondo che possa reggere sul mercato con qualcuno che da fuori detta regole e mette paletti“.
“Si sta chiedendo alla Rai qualcosa di impossibile, non vorrei essere nei dirigenti di questa azienda. Io che sono tra pochi ad avere il lusso di poter scegliere di andare a lavorare altrove, ho il dovere di dire la verità“. “Sono in Rai da 33 anni”, è stata la premessa. “La Rai coincide con la mia vita, conosco tutti quelli che ci lavorano. In quell’intervista di poche settimane fa a Repubblica ho detto le cosa che sentivo di dire perché penso che mai come in questa situazione ci sia la necessità di avere un pensiero forte sulla tv generalista e pubblica per capire se ha un senso o se debba essere ripensata”. E ancora: “Se il problema è quanto guadagniamo, si toglie il disturbo immediatamente. Non si può essere un disturbo”.
“Ci sono Paesi – ha aggiunto – che hanno dismesso o venduto le reti. Non è detto che l’assetto attuale sia quello giusto. Si può discutere, ma per farlo bisogna essere in buona fede. Un’ingerenza politica così grande sulla gestione dell’azienda non è né ammissibile né accettabile”.
Il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, ha commentato dicendo: “Sono arrivato in Rai dopo 22 anni nel privato e non ho esperienza di queste cose. Ho visto modelli tipo fondazioni e trust. Ho avuto il mandato per fare qualcosa di lungo periodo. Soffro quotidianamente per farlo ma continuo a farlo”. Poi ha spiegato che il cda Rai “dovrà approvare la policy per il perimetro dei compensi agli artisti entro il 2 giugno, poi chiuderemo i palinsesti”.
Michele Anzaldi, deputato Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, ha definito l’uscita “uno scivolone, una caduta di stile, un autogol“. “Con che faccia si possono sostenere quelle cose?”, ha continuato. “E l’editto bulgaro? La stagione delle telefonate in diretta da Santoro? L’epurazione di Biagi? Tutto dimenticato perché viene toccato il suo mega stipendio?”.