La sede del Front National a Melun, comune di fiume e campagna a 40 chilometri a Sud di Parigi, è due finestre dopo il municipio. Il professor Aymeric Durox arriva e si fa strada fino al primo piano: tira le tende, pulisce con la mano due sedie e mette il vaso con le rose blu, simbolo della campagna elettorale, in bella vista sulla scrivania. “Sarà un grande risultato qualsiasi cosa succeda”. Mancano poche ore all’elezione del presidente della Repubblica e lui inizia il suo comizio negando qualsiasi preoccupazione. “Chi sceglie Marine Le Pen lo fa per convinzione e adesione al progetto, quindi ogni voto in più sarà una conquista. L’elettorato di Emmanuel Macron invece non sa perché lo vota: dicono tutti è giovane, è bello. Niente di più”. Durox prima di essere responsabile della federazione Fn del dipartimento della Seine et Marne e candidato alle legislative con il partito di estrema destra, è un insegnante di storia al liceo di Fontainebleau ed ha solo 31 anni. “Io sono la prova che il Front National è cambiato: c’è stata una vera operazione di dédiabolisation (la famosa ‘normalizzazione’ ndr) e professionalizzazione. Solo così può aspirare al potere. Dovete capire tutti che non è un partito razzista o antisemita: noi diciamo solo che i francesi, qualunque sia la loro origine, devono venire prima degli altri. Innanzitutto bisogna fermare l’immigrazione: non possiamo aiutare tutte queste persone”.
Sulle pareti i manifesti della leader Marine dicono la stessa cosa, ma con toni ancora più aggressivi: “E’ un’emergenza, votate Fn”. Ma anche: “Salviamo la Repubblica” e “Marine, per una Francia in ordine”. “Io”, continua, “sono sempre in giro e non ho mai incontrato tra i nostri militanti persone razziste”. I casi che lo smentiscono però sono tanti. Ad esempio, solo pochi giorni fa, il candidato scelto per guidare il partito al posto della Le Pen, Jean-Francois Jalkh, ha dato le dimissioni per le sue frasi negazioniste sulle camere a gas naziste. Inoltre non sono mai stati chiariti i rapporti con gli Identitari, formazione estremista e islamofobica che dialoga con il Fn e i cui militanti in alcuni casi sono diventati dirigenti del partito. Questo Durox preferisce non commentarlo: “Non conosco bene le vicende. E comunque tutti i partiti hanno delle pecore nere”. Poi continua: “La prima volta che uno vota per noi si sente quasi in colpa di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ma poi capisce che non c’è niente di male. Per questo ho fiducia nel futuro: i nostri consensi aumenteranno”.
Durox ha studiato con le élite del Paese a Sciences Po Toulouse, ma ci tiene a specificare, viene da una famiglia molto modesta dove suo padre è stato il primo a prendere la laurea. Dopo anni di simpatie per Nicolas Sarkozy (o meglio per la sua versione più securitaria), nel 2009 arriva l’adesione al partito e nel 2015 la tessera. Nel mezzo ha fondato il collettivo Racine, “radice”, che riunisce un migliaio di professori in tutta la Francia: “Non appena sono diventato di ruolo a scuola, ho incominciato a impegnarmi con il partito. Prima avevo paura che potesse avere effetti sul mio lavoro. E invece mi sono accorto che non dà fastidio alle persone. La mia regola è di non parlare mai di politica in classe, per il resto oggi essere del Front National non è più un problema”. L’istruzione naturalmente è tra le sue priorità ed è anche la carta che giocherà probabilmente nella sua campagna per le legislative: “Il nostro sistema educativo non riduce le diseguaglianze, ma le accresce”, commenta. “Marine propone di rafforzare l’insegnamento del francese e di migliorare la disciplina. Ci deve essere più rispetto per il professor e basta con le situazioni di degrado e caos in classe. Ad esempio noi vorremmo introdurre le uniformi e, perché no, istituzionalizzare un momento al mattino in cui si rende omaggio alla bandiera francese. Dobbiamo insegnare ai nostri alunni a rispettare la Francia”.
Si rivendica patriota e difensore della sovranità francese. Ma soprattutto così tanto gaullista, da innervosirsi quando scopre che la fondazione Charles de Gaulles ha specificato che il generale non era per la chiusura delle frontiere: “Quelli sono pagati dal sistema e venduti, non hanno capito niente”. Poi si calma e aggiunge: “De Gaulle era un grande nazionalista. Mio padre quando ero piccolo mi faceva i dettati delle sue memorie. So di cosa parlo”. Durox sta per iniziare la campagna elettorale che probabilmente, dopo le prossime legislative di giugno, lo porterà a sedere in Parlamento e oscilla tra i tentativi di schierarsi sui grandi temi e la consapevolezza di non doversi spingere oltre. La confusione non è solo sua, ma di tutto un partito che continua a strutturarsi e che, a prescindere dal risultato, festeggia la capacità di essersi imposto nel dibattito pubblico come un partito “normale”. Secondo il professore, è un fenomeno destinato a durare: “Il nostro è un voto di classe e generazionale”, dice buttando nel discorso citazioni di Karl Marx. “E’ di classe perché siamo rimasti tra i pochi a parlare alle classi medie e agli operai, quando i socialisti hanno smesso di farlo. Ora siamo diventati il punto di riferimento di queste persone: se Macron andrà al potere si impoveriranno ancora di più e noi otterremo più consensi”. Inoltre, continua, “abbiamo i giovani dalla nostra parte: il 21 per cento di chi ha tra i 18 e 35 anni al primo turno ha scelto Marine.
A sinistra, la France Insoumise di Mélenchon ha fatto meglio arrivando al 30 per cento tra i ragazzi, ma lui ha 65 anni e fra 5 anni non ci sarà più facendo affossare il suo partito. Noi invece abbiamo il futuro davanti”. Eppure, come notano vari osservatori politici, il 2017 avrebbe dovuto essere l’anno della grande sorpresa Le Pen sotto l’effetto dell’elezione Trump e della Brexit. La candidata, se davvero non riuscirà a sfondare il muro del secondo turno come da sondaggi, sarà messa in discussione dal partito? Per il professor Durox sono sciocchezze inventate dalla stampa. “C’è una dinamica che si è creata ed è solo positiva per noi”, chiude. “Marine sarà la nostra guida ancora per molto. Il problema è il sistema che si difende e torna sempre su un punto: ci attacca dicendo che siamo razzisti. Ma è il segno che non ha capito niente. E noi abbiamo appena iniziato a crescere”.